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Legislazioni. - Questa etá è poi
molto piú notevole per un genere di libri o compilazioni, le quali sono sí elle
pure parte della coltura, ma piú che coltura poi all'effetto, dico i codici di
leggi. Strano fatto, che le leggi le quali servirono a tutta Europa nelle etá
piú civili e piú colte fino a' nostri dí, e che anche oggi servono in gran
parte all'Inghilterra, cioè alla nazione piú avanzata in civiltá e coltura, e
che diedero origine a' codici nuovi nelle altre, sieno state compilate tutte
lungo l'etá dei barbari, in Oriente od Occidente. Ma il vero è che non sono di
tale etá se non le compilazioni; e che le leggi stesse, e i responsi de'
giureconsulti che le accompagnano, sono frutti di lunghe etá precedenti, sono
risultato complessivo ed ultimo delle due grandi civiltá europee fino allora
disgiunte, e allora riunite, la romana e la germanica, la imperiale e quella
delle genti. E quindi appunto fu naturale, che allora, nel riaccostarsi le due
civiltá, volesse ciascuna serbare i propri risultati; naturale che li
compilassero; e naturale poi, che tali compilazioni ritardassero le fusioni
fino alla etá nostra piú unificante. - Le leggi, la giurisprudenza romana,
furono raccolte, primamente (e prima dell'etá de' barbari, ma invadenti giá
essi), da Teodosio II in un Codice che porta il nome di lui [438]; poi
da Giustiniano in un nuovo e piú ampio Codice [529], in una compilazione
di leggi e decisioni antiche detta Digesto o Pandette [533]; in
un'aggiunta al Codice detta Novelle [534], e in un ristretto
detto Istituzioni. E tutta questa legislazione giustinianea fu, senza
che non ne resti dubbio oramai, recata in Italia; ovvero giá da Belisario e
dalla prima conquista (essendo presumibile che il legislatore autore imponesse
quanto prima l'opera sua in tutto l'imperio suo), ovvero nel 554, insieme colla
prammatica che dicemmo; ovvero anche piú tardi nelle province rimaste greche.
Ma, voluminoso tutto questo Corpus iuris, non s'adattava alla poca
coltura delle etá seguenti, né al poco e impedito uso che ne aveano a fare i
miseri italiani soggetti e poco men che schiavi di barbari germanici od
imbarbariti greci; ondeché essi usarono vari ristretti fattine via via, e
principalmente quello d'Alarico re de' goti di Spagna. - De' codici barbarici
poi, lasciando quelli fatti fuor d'Italia, e venendo a' nostri goti, ci basterá
accennare, che Teoderico e gli altri re loro fecero senza dubbio non poche
leggi; ma non restano testi, se non di due editti di Teoderico e d'Atalarico,
oltre poi molti cenni nelle lettere di Cassiodoro. E, cacciati i goti, non ne
restò probabilmente traccia nelle giurisprudenze posteriori. I longobardi sí,
compilarono, come accennammo, contemporaneamente con gli altri barbari lor
leggi od usanze (dette con parola loro antica «anclab» od «anclap»,
che forse significava «connessione», «collegazione», e sarebbe cosí sinonimo di
«lex»); e la prima compilazione fu di Rotari intorno all'anno 643, e
seguirono le aggiunte di Grimoaldo, di Liutprando, di Rachi e d'Astolfo. - E
lodinsi pure tutti questi principi codificatori: le pubblicazioni di codici
sono sempre benefizi a' popoli che han bisogno di conoscere quanto piú
facilmente le leggi buone o cattive onde son retti. Ma non diasi ad essi,
nemmeno a Giustiniano, quella lode di legislatori veri, che Machiavello pone
sopra tutte le umane. Perciocché i legislatori veri sono, non quelli che
compilano leggi vecchie o ne aggiungon poche nuove conformi, ma quelli (come
Mosé, Licurgo, Solone ed anche, bene o male, Augusto, Diocleziano, Costantino e
pochissimi altri) i quali inventano, e con leggi in parte antiche e in parte
nuove, ordinano, rinnovano uno Stato comunque invecchiato, conformemente alle
condizioni delle civiltá e de' tempi nuovi. E siffatta somma lode fu meritata
(non corsi due anni dacché io cosí ne parlava primamente) da quattro principi
italiani; ma non rimane che ad uno, Carlo Alberto. E cosí Dio ispiri i tre
altri a riacquistarsela, ad onore, od anzi forse a salvezza propria e di lor
successori e lor popoli. - Del resto, sapientissima, elegantissima ne'
particolari la legislazione romana, ma tutta imperiale, tutta assoluta nel
principe, tutta ciecamente obbediente e quasi adorante ne' sudditi, pagana pe'
tre quarti, cristiana qua e lá per aggiunta, ella contribuí certo molto ed a
quelle stolte pretensioni di monarchia universale, ed a quelle di dispotismo
civile ed ecclesiastico degli imperatori, onde sorsero poi tanti danni in tutti
i secoli che siam per vedere; mentre le legislazioni barbariche contribuirono a
quella dispersione della potenza regia in potenze via via minori e poco men che
assolute, onde vedremo sorgere l'ordine feudale, uno de' peggiori disordini
sociali che sieno stati mai. Miseri secoli in tutto, quelli che straziati
continuamente tra i due assolutismi del concentramento e della dispersione, non
trovavan riposo dalle violenze della guerra, se non nei disordini della pace;
quelli, in cui questi disordini eran fonte perenne di quelle violenze, e quelle
violenze, di disordini nuovi. Quando impareremo noi a tener conto de' tempi
presenti, ad esserne grati alla divina Providenza, a non farne stolti, od anche
empi piagnistei?
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