1.
Carlomagno
re
[774-814]. - Carlomagno sí che fu vero legislatore, vero e grande rinnovatore ed
ordinator di popoli e d'imperio, vero e buono intenditore delle condizioni di
suo tempo, dei desidèri, delle necessitá de' suoi popoli. E cosí è, che gli
ordinamenti di lui durarono gli uni alcuni, altri poi molti secoli, fino al
nostro. Durar sempre non è dato a niuna istituzione umana, è distintivo di
quelle divine, anzi di quella sola dalla ragione di Dio destinata a raccoglier
nel grembo suo tutte le schiatte e tutti i secoli umani; quella che alcuni
effimeri scrittori o politici vanno di dieci in dieci anni predicendo finita,
ma che ha giá raccolti diciotto secoli e mezzo, e raccoglierá, Dio guarante,
gli avvenire. Degli ordinamenti umani, all'incontro, i migliori sono fatti
insufficienti dai tempi progrediti: e quindi la storia debbe sapere insieme ed
ammirarli finché furono propizi a' tempi loro, e notar ciò che li fece caduchi,
e segnare i tempi quando diventarono inetti. Ciò tenteremo far qui accennando
l'operato di Carlomagno, e piú tardi via via. - I Carolingi s'erano innalzati,
il dicemmo, come capi del palazzo, maggiordomi, pfalz-graf di que' re
franchi oziosi che avean divise le conquiste di Clodoveo in vari regni, e
lasciato dividere ogni regno da parecchi grandi duchi. Quindi, la prima opera
di Carlomagno fu sempre tôr di mezzo i duchi che rimanevano potenti, dividere i
loro territori in parecchi gau o pagi o comitati sotto
altrettanti conti dipendenti direttamente dal re, ma giudice sommo ciascuno nel
proprio comitato, e capitano dell'eribanno o raccolta degli arimanni viventi in
esso. Era ritorno all'antica costituzione germanica, ordinaria; vivente
Carlomagno, vi si trovano poche eccezioni; e queste alle frontiere dove il
conte d'un sol comitato non sarebbe stato potente abbastanza contro agli
stranieri; e dove perciò furono riuniti parecchi comitati sotto un conte de'
limiti (mark-graf, marchio, marchese), che talor ebbe pure (forse
nell'uso piú che legalmente) il titolo di «duca». - Ma i maggiori di Carlomagno
s'erano innalzati in que' palazzi regi, principalmente come capi dei gasindi o
fedeli del re, a' quali si davan quelle terre regie che furon dette «benefici»
o «feudi»; e queste terre erano ora tanto piú numerose nelle mani di
Carlomagno, che egli ebbe tutte quelle e de' regni franchi e del longobardo e
dei duchi qua e lá aboliti. E seconda opera di Carlomagno fu dunque,
distribuire questi benefici o feudi da per tutto a' suoi gasindi o fedeli, che
con nome esclusivo chiamaronsi ora «bassi», «vassi», «vassalli»;
e che, sia dimorando in corte, sia trovando a ciò piú profitto, divisero poi
quelle terre in simil modo ad uomini loro, detti quindi «vassalli
vassallorum» o «valvassori»; i quali poi suddivisero ancora le terre a'
«valvassini» via via minori, senza che sia possibile determinare a quanti gradi
scendesse tale sminuzzamento. - Chiaro è poi, che tutto ciò era, giá fin dal
tempo di Carlomagno, una gran dispersione della somma potenza; e Carlomagno,
come ogni gran dominatore, sentí certo la necessitá di riunirla,
centralizzarla. Quindi una terza, una quarta ed una quinta delle opere di
Carlomagno: far visitar di continuo i vari Stati da alcuni suoi grandi detti «missi
dominici», superiori e quasi ispettori dei conti e de' vassalli: corrervi
egli stesso di sua persona frequente e rapidissimamente, accompagnato d'una
schiera eletta di conti e guerrieri palatini, che sono i paladini de' romanzi:
e soprattutto, in questi suoi viaggi fermarsi egli due volte all'anno alle due
pasque di Natale e di Resurrezione, piú sovente al cuor di sua potenza, in
Aquisgrana o in altri luoghi del Basso Reno, talora in Italia o agli altri
estremi; ed ivi adunare le assemblee nazionali dei grandi, e di quanti minori
vi volessero venire a portar domande, doglienze o consigli; men numerosa al
consueto, e de' soli grandi l'assemblea di Natale; piú numerosa per il concorso
universale quella di primavera, detta «campo» or «di marzo» or «di maggio». Ed
anche ciò fu rinnovazione degli antichissimi ordini germanici giá accennati da
Tacito. - Finalmente una sesta ed importante opera politica fu proseguita
sempre da Carlomagno: favorire, ingrandire que' papi, que' vescovi, tutti
quegli ecclesiastici che aveano aiutata sua casa, consacrati re suo padre e
lui, e datagli or l'Italia; e per ciò porre sotto la propria tutela immediata (mundiburgium)
i benefici posseduti da essi, e darne loro dei nuovi; e in tutto, porre a
contrappeso o correttivo della potenza secolare de' conti e dei vassalli la
potenza temporale della Chiesa, tanto piú grande, che traeva seco tutte le
popolazioni antiche romane, galliche od italiche. - Questi furono i sommi capi
della politica di Carlomagno; questi gli strumenti di sua grandezza; e questi
gli elementi delle dissoluzioni feodali posteriori. - S'intende, che in Italia,
paese di conquista, le miserie incominciaron subito; le miserie de' conquistati
sono parte fondamentale e perenne della grandezza del conquistatore.
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