17.
Fine degli
Svevi [1250-1268]. - La morte di Federigo
II lasciò l'Italia libera d'imperatori per sessant'anni, e ne' diciotto primi
precipitò la casa di Svevia. Corrado suo figliuol primogenito, giá incoronato
re di Germania, successe lá e vi rimase un anno; mentre i fratelli di lui
Arrigo e Manfredo bastardo governaron per esso Sicilia e Puglia; ed Innocenzo
IV tornava a Italia trionfando, per Genova, Milano, Ferrara, Bologna, Perugia,
e faceva risorgere da per tutto parte guelfa. - Sceso Corrado [1251], venne nel
Regno, ebbelo di mano di Manfredo; e con lui riprese e puní Napoli ed altre
cittá sollevatesi per il papa [1252]. Il quale allora offrí quel regno per la
prima volta a Riccardo, poi ad Edmondo, fratello quello, figlio questo del re
d'Inghilterra; e l'ultimo l'accettò, ma non venne. - Morto poscia Corrado
[1254], e succedendogli in diritto Corradino figlio di lui, fanciullo di due
anni, rimasto in Germania, sollevaronsi i siciliani contro a' tedeschi e
saracini; e il papa s'avanzò nel Regno per impossessarsene. Manfredi venivagli
incontro; ma i suoi cavalieri prendeano zuffa con uno de' guelfi del papa, e
l'uccideano; ed egli fuggiva e raggiungeva i saracini di Lucera devotissimi di
sua casa; e risollevava il Regno. Moriva Innocenzo IV nel medesimo anno; e
succedevagli Alessandro IV minor di lui, ma non meno aspro avversario degli
Svevi, di tutti i ghibellini. Non seppe conservare il Regno; Manfredi lo
riconquistò tutto in breve. - Alessandro predicò la croce contra Ezzelino, il
tiranno di Verona, Vicenza, Padova ed all'intorno; il quale era cresciuto a invidie
e crudeltá, che non iscompariscono al paragone con quelle de' marchesi e delle
cittaduzze e degli altri tiranni piccoli o grandi, antichi o moderni, italiani
o stranieri; ondeché contra costui, fu, almeno una volta, opera santa la
crociata di cristiani contra cristiani. Tre anni durò, tenendosi stretti i
ghibellini all'infame lor capo. Finalmente [1259] due signori principali di
questi, Oberto Pelavicino e Buoso da Doara, sollecitati l'un contro l'altro dal
tiranno, scoprono il doppio tradimento, abbandonano il traditore, s'aggiungono
alla lega guelfa; ed Ezzelino che avanzavasi verso Milano, si trova rinchiuso
tra questa e l'Adda, in mezzo a un cerchio di nemici; combatte a Cassano, è
vinto, ferito e preso, e si lascia morir ferocemente. Quasi tutta Lombardia ne
rimase guelfa. I Torriani ne crebbero in Milano; gli Scaligeri ne sorsero
all'incontro in Verona, e vi continuarono la potenza, il capitanato ghibellino
di Lombardia. - Intanto [1258] Manfredi, udita, o data, una falsa nuova della
morte di suo nipote re Corradino, avea presa la corona di Puglia e Sicilia; e
udito che quegli viveva, serbolla, nominandolo suo successore. Quindi volendo
rinforzarsi in Toscana v'aiutava i ghibellini, i fuorusciti di Firenze.
Seguivane [1260] la battaglia di Montaperti (4 settembre) immortale ne' versi
di Dante, famosa allora per la vittoria de' ghibellini, il loro ritorno in
Firenze, e il lor disegno di distruggerla, impedito dal solo Farinata degli
Uberti. - L'anno appresso [1261] è quello della caduta dell'imperio latino in
Costantinopoli; dove si rinnovava il greco, e si fondava, in odio a' veneziani,
la colonia di Galata da' genovesi rivaleggianti. E morto in quello papa
Alessandro IV, succedevagli Urbano IV, francese, piú che mai caldo nell'odio
italiano contro agli Svevi, e nell'impresa di cacciarli dal Regno. Subito
l'offrí a Carlo d'Angiò, conte di Provenza fratello di san Luigi re di Francia,
facendovi rinunziare quell'Edmondo d'Inghilterra a cui era stato dato dal
predecessore [1263]. Non poté adempier l'impresa, ma lasciolla morendo [1265] a
Clemente IV pur francese, anzi provenzale, e tanto piú caldo in essa. - Allora
eleggevasi Carlo a senator di Roma, e la guerra contra Manfredi era dichiarata
crociata. Carlo avviava sua moglie, l'ambiziosa Beatrice, con un forte esercito
per Piemonte e Lombardia; e venuto egli per mare a Roma con mille cavalieri, vi
riceveva l'investitura del Regno. Sceso quell'esercito, congiungevasi co'
Torriani e i guelfi lombardi, batteva Pelavicino e i ghibellini, e per Romagna
raggiungeva Carlo nuovo re. Avanzavasi questi da Roma a Benevento, e vi
s'avanzava dal Regno re Manfredi, mal secondato, giá tradito da' suoi. Seguiva
una gran battaglia (26 febbraio 1266); e Manfredi v'era ucciso, seppellito
sotto un monumento militare d'un sasso gettatogli da ogni uomo, diseppellito e
buttato fuori dalle terre del papa da un feroce legato. Anche Manfredi fu
principe di conto, non indegno del padre. Ma non mi par quell'eroe, massime non
eroe d'indipendenza, di nazionalitá italiana, che ne vorrebbon fare taluni. Il
fatto sta che per il gran desiderio che se n'aveva testé, e non avendone allora
niun vero, se ne fingevano degli immaginari. - Inferocirono subito i francesi
in Benevento, nel Regno occupato senza contrasto. Quindi, fin d'allora, a sollevarsi
contr'essi l'opinione universale, le speranze ghibelline. Chiamarono di
Germania Corradino, bello e prode giovanetto di sedici anni, che la madre non
voleva lasciar partire, che partí con gran séguito di principi e signori
tedeschi. Giunse a Verona sul finir del 1267, mentre ghibellini e saracini si
sollevavan per lui nel Regno. Quindi dovette accorrere Carlo, lasciando Toscana
ove erasi avanzato a rifarla guelfa. Giunsevi Corradino, vi fu festeggiato e
rinforzato da' pisani, s'avanzò a Roma lasciata dal papa, penetrò negli Abruzzi
fino a Tagliacozzo. Ed ivi fu incontrato da Carlo, men forte ma piú astuto
capitano. E combattutavi [23 agosto] una gran battaglia, rimase vincitore
primamente Corradino, poi, per l'arte (suggeritagli da un vecchio suo guerriero)
di tener intatta una riserva, Carlo d'Angiò. E preso il giovane infelice e
scelleratamente giudicato, perdé sul palco il capo innocente, su cui s'erano
accumulati tanti odii, odii guelfi contra Svevi, odii papali contra imperatori,
odii cristiani contra saracini, odii italiani contra tedeschi. Dal palco gettò
un guanto in mezzo alla folla degli spettatori; ed uno di essi il portava poi a
Costanza figliuola di Manfredi e regina d'Aragona, solo resto oramai di casa
Sveva. - Enzo, quell'altro innocente, moriva quattro anni dopo in suo carcere a
Bologna.
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