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Il quarto
periodo della presente etá in generale [1377-1492]. - La storia politica de' nostri comuni,
repubblicani dapprima, tiranneggiati quasi tutti poi, è cosí intricata, che
ella cape difficilmente in niuna mente o memoria umana, che niun'arte di
scrittore la fece o la fará forse mai né molto letta, né perfettamente chiara a
chi la legge. All'incontro, la storia letteraria di questi nostri secoli è cosí
bella e cosí splendida a chicchessia, che fin da fanciulli noi la sappiam tutti
e ne abbiamo la mente invasa e preoccupata. Quindi un errore involontario e
frequente: di tener il secolo decimoquarto, il secolo di Dante, Petrarca,
Boccaccio e Giotto, quasi piú splendido in tutto, anche in politica, che non il
decimoquinto, in che niun nome tale non apparisce a colpir gli animi nostri.
Nel trattar della coltura di quest'etá, noi avrem forse a diminuire questa
apparente contradizione delle due nostre storie politica e letteraria. Intanto
ci pare dover qui accennare che, cessata la dimora de' papi in Francia e cosí
la innatural soggezione loro alla corte francese, sottentrò sí dapprima il
danno spiritualmente maggiore della divisione della cristianitá, il grande
scisma occidentale; ma che, politicamente, all'Italia ferma nell'obbedienza al
papa legittimo di Roma, fu minore assai lo stesso danno spirituale, e grande
poi il vantaggio di riavere in sé la sedia di quella cosí intimamente, cosí
inevitabilmente italiana potenza del papa; e fu vantaggio nuovo, quando,
cessato lo scisma, si ordinò questa potenza; come furono l'ordinarsi,
l'ampliarsi di altri Stati italiani, il diminuirsi lo sminuzzamento della
penisola, il farsi italiane le compagnie. E il fatto sta, che in questo nuovo
secolo escon fuori parecchi piú o men puri, ma certo splendidi nomi politici e
militari: Francesco Sforza, il Carmagnola, Cosimo e Lorenzo de' Medici, Niccolò
V, Pio II, Alfonso il magnanimo, indubitabilmente superiori ai nomi politici
del secolo precedente. - Del resto, continua qui e continuerá sino al fine di
nostra storia la difficoltá, l'impossibilitá di trovare un vero centro, intorno
a cui rannodare i fatti moltiplici. Finché durò la lotta contro agli
imperatori, questi furono, se sia lecito dir cosí, centro passivo, centro
contro cui si volsero gli sforzi, non di tutti purtroppo, ma de' migliori
italiani, dei papi e di Firenze principalmente. Ma cessata quella lotta (per
l'infausta traslazione, per l'infrancesarsi de' papi da una parte, e per la
trascuranza degli imperatori dall'altra), noi dovemmo giá cercare un nuovo
centro tal quale, per averne epoche, date, riposi a cui condurre via via
parallelamente i fatti diversi; e cosí prendemmo dapprima gli Angioini di
Napoli. Ma noi vedemmo cessata in breve lor prepotenza, anzi, quanto all'Italia
media e settentrionale, ogni loro potenza; ondeché forse giá prima di qua
avremmo dovuto, certo qui dobbiamo di nuovo mutar centro, e ci par migliore
Milano. Del resto, quanto piú si complica la storia, tanto piú arbitrario resta
qualunque ordinamento di essa. E benché i piú degli scrittori non soglian notare
siffatte difficoltá insuperabili o almeno insuperate nelle loro storie, parve a
noi che il renderne conto candidamente potesse conferire ai due scopi nostri,
di far capire e ritenere, il meno male possibile, la nostra storia.
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