2.
Stato
d'Europa e d'Italia [1492-1494]. - La Provvidenza ha
tutto nelle mani, senza dubbio; ma lascia apparire alcune, e cela altre delle
leggi delle opere sue; e fra le piú celate è forse quella per cui concede o
nega uomini alle nazioni. Fu uno di que' decreti male scrutabili di lei, che
mentre i popoli oltremontani ed oltremarini si univano dopo lunghi travagli
ciascuno in un corpo di nazione sotto principi se non grandi almeno arditi ed
operosissimi, l'Italia, perduto Lorenzo il magnifico, non avesse piú se non
uomini o mediocri (come giá quelli che eran succeduti a Cosimo e Francesco
Sforza), o cattivi o cattivissimi. - In Inghilterra Arrigo VII, regnante dal
1485, aveva con suo maritaggio riunite le due case, distrutte le due fazioni di
Lancastro e di York, che l'avevano lungamente straziata. - In Ispagna s'eran
congiunte Castiglia ed Aragona fin dal 1474 con un altro maritaggio tra
Isabella e Ferdinando; e questi insieme avean poi conquistata Granata, l'ultimo
regno e rifugio di mori, in quel medesimo anno [1492] della morte di Lorenzo e
della scoperta d'America; ondeché, non rimaneva piú disgiunto se non il piccol
regno di Navarra, e tutte quelle vittorie e fortune accendevan l'animo piú
inquieto che grande, ma insomma ambiziosissimo di Fernando, detto (appunto
allora e per concessione del papa) il «re cattolico». - In Francia, dove Carlo
VII aveva finita la guerra d'indipendenza e cacciati gl'inglesi, e Luigi XI
riunite Borgogna e Provenza e i diritti de' secondi Angioini al regno di Napoli
e Sicilia, regnava il giovine Carlo VIII dal 1483; e, riunita Bretagna sposando
Anna che n'era duchessa, ambiva quel retaggio dei conti di Provenza in Italia,
ambiva l'imperio orientale, una gloria da Carlomagno, qualunque gloria. -
Finalmente in Germania, signora nostra (di nome per vero dire oramai, ma anche
i nomi son pericoli ai deboli), succedeva nel 1493 al misero Federigo III
d'Austria Massimiliano prodigo, inquieto, ed egli pure ambizioso. Con tre
principi come Ferdinando, Carlo VIII e Massimiliano a capo di tre quarti della
cristianitá, non è meraviglia che ella si sconquassasse tutta; è piuttosto
miracolo che non ne perisse. E intanto in Italia signoreggiavano, su Savoia e
Piemonte, Carlo II, fanciullo d'un anno quando succedette nel 1490; su
Monferrato, Gian Francesco II pur fanciullo; su Milano, quasi fanciullo quel
giovane ed incapace Gian Galeazzo, che dicemmo sotto la quasi tutela di suo zio
Ludovico il moro, e che, avendo sposata nel 1489 Isabella di Napoli, n'aveva
acquistata in apparenza una protezione, di fatto un nuovo pericolo, per la
gelosia e la paura concepitene dal Moro. In Firenze erano succeduti alla
potenza indeterminata di Lorenzo, Piero mediocrissimo che non la sapea tenere,
e due fratelli minori, Giovanni, allor cardinale e che fu poi papa Leon X, e
Giuliano. E sulla sedia romana, morto il Cibo nel medesimo anno fatale 1492,
era succeduto Borgia, Alessandro VI, il peggior papa di questi tempi, ove ne
furono pochi buoni. Signoreggiavano ne' ducati di Ferrara e Modena gli Estensi;
in quello d'Urbino, i Montefeltro; i Gonzaga in Mantova; i Bentivoglio in
Bologna; i Baglioni in Perugia; i Colonna, gli Orsini ed altri signorotti, in
molte terre della Chiesa. In Napoli regnava il perfido e crudele, e cosí
diventato potente, ma ora vecchio Ferdinando I, che non seppe scongiurar il
pericolo, che morí prima di succombervi nel 1494. Sicilia era del re cattolico.
Genova, tenuta come feudo di Francia da Ludovico il moro. E Venezia, giá caduta
in quella viltá e stoltezza del volersi tener neutrale ne' pericoli comuni,
isolata. E cessati, con Francesco Sforza e i Piccinini, i grandi condottieri
potenti al par di principi e repubbliche, non ne rimanevan guari se non de'
piccoli, impotenti a tutto, salvo che a tener disavvezzi dall'armi i popoli
della imbelle Italia.
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