44.
L'armistizio [agosto 1848-20 marzo
1849]. - Il
periodo de' sette mesi che seguí tra la prima e la seconda campagna di nostra
guerra d'indipendenza fu cosí fecondo d'errori e d'insegnamenti politici, come
era stato il primo di militari; fu anzi un cumulo, un precipizio, un vero
baccanale d'inciviltá. La guerra d'indipendenza aveva fatto tacere le
esagerazioni di libertá, la stolta idea dell'unitá: cessata ora la prima,
scoppiarono quelle e questa. Se l'Italia media o meridionale fossero state
mature all'indipendenza, allora si sarebbe veduto, allora sarebber sorte
sottentrando al vinto Piemonte: ma fu tutto all'opposto; d'allora in poi non
sorse, non accorse un battaglione da quelle due Italie imbelli e distratte. I
settari reduci dall'esilio, avevano giá nel primo periodo empite e corse le
cittá d'Italia, Milano, Genova, Livorno, Roma, e Napoli principalmente; ma,
fosse invidia o vergogna dell'impresa iniziata da altri, v'avean presa poca
parte, ed erano i piú rimasti nell'ozio o nell'ombra: sbucarono sí allora da
ogni parte, si mostrarono ne' circoli e sulle piazze, penetrarono ne'
parlamenti e ne' ministeri, abbatteronvi governi esistenti, ne crearono dei
provvisori e vi promossero la licenza sotto nome di «libertá democratica», la
unitá sotto quello di «Costituenti italiane». Cacciati di Milano dalla
conquista austriaca, di Venezia dalla prudenza di Manin, di Napoli dalla
controrivoluzione, s'ingrossarono tanto piú in Roma, Firenze, Livorno, Genova e
Torino, vagando, come fu detto allora, quasi compagnie comiche dall'una
all'altra di quelle scene aperte a lor fortune, sventura d'Italia. Alcuni
uomini, nuovi o non logori dalla calunnia e dai tradimenti del primo periodo,
tentarono resistere, ma invano. E non avendo noi luogo a distinguere i loro
meriti, vogliamo almeno siano eccettuati da quel biasimo, del resto universale,
che la severa e sola utile storia non può qui se non versare sull'Italia
intiera, che sará confermato da' posteri, se saranno migliori di noi. Se ne
persuada una volta la misera Italia: ella fu perduta da' suoi adulatori, dagli
accarezzatori de' suoi vizi e delle sue passioni, dagli scusatori delle colpe sue:
finché ella dará retta a costoro ed ai successori di costoro, storici,
politici, oratori di ogni sorta, ella non può riconoscere i suoi vizi; e finché
ella non li abbia riconosciuti, ella non è nemmen sulla via di correggerli; e
finché ella non li abbia corretti, ella vizierá, ella perderá tutte le
occasioni, tutte le imprese, come ella viziò e perdette quella magnifica ed
insperata del '48.
In Torino il ministero
Casati, entrato il 27 luglio, si dimise subito dopo l'armistizio, addí 13
agosto; sottentrò uno presieduto dapprima da Alfieri, poco appresso da Perrone.
Tardi, ma opportunamente ancora, il parlamento die' ogni potere al re, e fu
prorogato. - A Bologna arrivarono gli austriaci addí 7 agosto, e s'accamparono
per accordo intorno alla cittá tenendone le porte. Ma sollevatosi il popolo il
giorno appresso, li cacciò di lá intorno; ed accorsi i campagnuoli, li
forzarono a raccogliersi verso Ferrara. Fu bello e raro esempio, ma seguíto dai
soliti disordini popolari che durarono tutto quel mese e fino al principio
dell'altro. E Roma era turbata da questi ed altri moti delle province, e
addentro dai circoli, dalle sregolatezze, dal discredito del ministero. Il
quale finalmente si ricompose addí 13 settembre, sotto la medesima presidenza
del cardinal Soglia, ma si rinforzò di altri uomini popolari e soprattutti di
Pellegrino Rossi. Esule questi d'Italia fin dal 1815 dopo aver preso parte al
governo di Bologna istituito da Murat, erasi rifuggito in Ginevra dove aveva
acquistata tal fama di professore, scrittore ed uomo di Stato, che gli fu
affidato il carico di proporre un nuovo patto federale per tutta la Svizzera.
Non accolto questo, erasi trasferito in Francia, dove accrescendo la triplice
fama sua, era stato fatto pari ed ambasciadore a Roma. E qui accresciutala di
nuovo in vari negoziati, ma lasciato il posto da febbraio in qua, era pur
rimasto consigliero, amico del papa, amico delle riforme e dello statuto e
d'ogni liberalitá; ondeché non era uomo in Italia che desse tanta speranza di
sé a' moderati, tanto timore ed odio ai settari, ai repubblicani, ai cosí detti
democratici. E quest'ire e quest'odii si accesero tanto piú ne' due mesi che,
prorogate le Camere, il nuovo ministero governò, reprimendoli ed ordinando,
come si poteva, bene l'amministrazione e le finanze. - In Napoli, dove il re
aveva convocato un nuovo parlamento, e le elezioni aveano rimandato il medesimo
fin dal primo luglio, re e parlamento non fecer altro guari che dividersi,
com'era a prevedere, piú che mai, e quindi addí 5 settembre nuova prorogazione
fino a' 30 novembre. Quasi dappertutto adunque tregua politica come militare. -
Ma non nella debole Toscana, dove, fosse caso o disegno, scoppiaron le opere
de' settari.
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