13.
Colture. - Da quanto venimmo
esponendo delle tre prime e principali schiatte popolatrici della nostra
penisola, si può dedurre, che tre famiglie di lingue dovettero nascerne; la
tirrena degli etruschi ed osci; l'iberica dei liguri, siculi ed itali; e la
celto-umbra; diversissima la prima dalle due ultime, piú simili probabilmente
queste tra sé, come iavaniche amendue. Certo, non pochi fatti confermano tal
deduzione. La lingua etrusca si trova cosí diversa da ogni altra nostra o
straniera, che resiste finora a qualunque interpretazione: leggesi, ma non
s'intende ne' monumenti. All'incontro, la lingua latina, che venne senza dubbio
principalmente da' siculi ed itali, padri aborigeni de' latini, sembra per
l'una parte aver grandi somiglianze colla vicina umbra che si trova sulle
tavole eugubine; e dall'altra colle antiche lingue dell'Iberia, come si scorge
dal trovarsi lá e qua molti nomi simili od anzi identici di cittá; ed anche da
ciò, che, quando la lingua latina fu piantata poi in tutta Europa dalle
conquiste romane, niun'altra delle nazioni conquistate la prese cosí
facilmente, la coltivò cosí elegantemente, la serbò tra i barbari posteriori
cosí costantemente, come la nazione iberica; tantoché, se parecchie lingue
moderne paion figlie della latina antica, e sorelle della italiana moderna,
questa e la spagnuola paion gemelle. Del resto, e la lingua etrusca e la latina
preser probabilmente molte parole dalla pelasgica, e non poche certamente
dall'ellenica. E tutte quattro e l'umbra ancora si scrisser poi con caratteri
poco diversi da quelli pelasgici, che furon portati di Fenicia in Europa da
Cadmo o quali che siensi altri di que' marittimi erranti. - Del resto, di
nessuna di quelle lingue non ci rimangono monumenti letterari (se tali non
voglian dirsi le dette tavole eugubine), e nemmen nomi di scrittori; grande
argomento a credere che fu poca la coltura letteraria di quelle lingue
antichissime. I grandi monumenti delle lettere sogliono sopravivere alle
nazioni e far sopravivere le lingue: i nomi de' grand'uomini sopravivono alle
lingue stesse; e se ne fossero stati, specialmente tra gli etrusci, essi
sarebbero rimasti illustri tra' romani cosí vicini di luogo e di tempo. Il
fatto sta che furono molto piú antichi (senza contare i nostri scrittori sacri
antichissimi di tutti) Valmichi, Omero, Esiodo e parecchi altri, di cui restano
i nomi e gli scritti; e che della nostra stessa patria, della Magna Grecia,
restano, se non monumenti, almeno nomi d'uomini famosi in lettere e scienze,
famosissimo fra tutti quello di Pitagora. Nato in Samo, ma venuto in Magna
Grecia, vi fu intorno al 500 legislatore di parecchie cittá, e gran filosofo
matematico, fisico, metafisico e morale, ed origine delle due scuole dette
italica ed eleatica. - All'incontro ci abbondano i monumenti dell'arti, e le
mostrano avanzatissime. Giá accennammo le mura pelasgiche, simili tra noi a
quelle che pur restano in Grecia, non dissimili nella costruzione (di sassi ora
irregolari or regolari) agli edifizi egizi. Veggonsene resti in Fiesole, in
Roselle, in Cortona, in Volterra, in Faleri, in Tarquinia, ecc. Ed in
Tarquinia, Vulci, Ceri, Albafucense ed altrove se ne veggono di templi, e
massime di magnifiche tombe, scolpite e dipinte; da cui e da altri scavi, si
van traendo innumerevoli statuette, e vasi fittili e gioielli e gemme e monete.
Tutto ciò di stili progredienti, dalla somma rozzezza all'ultima perfezione ellenica;
e tutto ciò in vari luoghi, etrusci, italici, intermediari ed elleni. E quindi
pare indubitabile, e fu naturale: un solo stile progrediente, un solo
progresso, una sola arte fu a que' tempi, nella Grecia propria e nella
Magno-Grecia, in quella che allor chiamavasi Italia ed in Etruria. Ma ella
giunse a piú perfezione nella Magno-Grecia che in Etruria e in Italia, ed a piú
grandezza nella Grecia propria che nella Magno-Grecia; onde, anziché dirla arte
etrusca od itala, od anche italo-greca, ogni spregiudicato la dirá francamente
e principalmente arte greca. Quanto poi al crederla originata tra noi e andata
da noi in Grecia, dove si veggono tanti monumenti dell'origine e d'ogni
progresso via via, ella mi pare una di quelle pretensioni, di quelle adulazioni
o gloriuzze retrospettive, di che si trastullano e consolano le nazioni, non
meno che le famiglie nobili decadute2. Del resto, anche cedendo a tal
debolezza, noi avremmo ben altre glorie piú certe e piú grandi da vantare. Ma
sarebbe anche meglio imitarle; e basterebbe forse che ne imitassimo una: quella
che siamo per vedere, della romana costanza contro agli stranieri.
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