15.
Mario.
Guerra italica [101-88]. - Mario ne diventò
primo capitano, primo uomo di Roma. Egli era, non di quelle famiglie plebee
che, operando ed arricchendo, s'aggiungono piú o meno dapertutto, e tanto piú
ne' paesi meglio costituiti, all'aristocrazia, ma uomo nuovo del tutto.
Invidioso de' grandi, invidiatone, anzi impeditone sovente nel proseguimento di
sue vittorie, volle, potentissimo ora, diventar prepotente. S'aggiunse a
Saturnino tribuno e a Glaucia pretore. Metello, giá soppiantato da Mario, fu
contro a lui il primo capo della parte de' grandi. Fu esiliato. Ma la parte
popolana si divise nella vittoria; e allora, mutata fortuna, Metello tornò, e
Mario se ne fu a guerreggiare in Asia. - Ma passati pochi anni comparativamente
tranquilli, sorse, istigata dalle parti della cittá, una guerra esterna ad
essa, ma pur civile rispetto allo Stato. Le cittá socie dell'Italia venivan
domandando esse quell'accomunamento compiuto della cittadinanza romana, che i
capipopolo di Roma avean giá domandato per esse. Risuscitarono l'antico nome
d'Italia, e il diedero alla cittá di Corfinio, ove avean fatto centro; e ne
restano monete ad irrefragabile monumento, a suggello di quanto dicemmo
dell'origine, del nome e della collocazione degli itali primitivi. Se tale nome
fosse originato (come dissero i greci, e dietro essi quasi tutti) da un re, da
una gente particolare e piccola dell'ultimo corno meridionale della penisola,
come sarebbe cosí salito alla media, come fattosi cosí caro a que' popoli, come
preso a titolo o quasi bandiera d'una sollevazione, d'una resurrezione
nazionale? Ad ogni modo, questa s'apparecchiò nel 95, scoppiò nel 91, fu
capitanata pe' romani da Mario e Silla principalmente, per gl'italici da Caio
Papio. E fece, piú che niuna guerra straniera, pericolare lo Stato di Roma;
continuò con successi vari fino all'88; fu terminata da Roma vincitrice col
concedere i diritti domandati, prima ai soci rimasti fedeli, poco dappoi agli
ostili. Grandi furono certamente l'aristocrazia, i governanti romani in
vigoria; ma grandissimi in prudenza governativa, in non ostinarsi mai contro
alle concessioni diventate necessarie. È vero, che quest'ultima accrebbe
smisuratamente numero e forza alla plebe, la fece di potente prepotente. Ma chi
può dire ciò che sarebbe succeduto senza tal concessione? Forse il fine della
repubblica un cinquant'anni prima di ciò che avvenne; e il fatto sta, che tutti
i governanti d'allora in poi estesero per anco quella concessione, fino ad
Augusto, che la compiè concedendo la cittadinanza a tutta la penisola.
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