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Giovanni Francesco Straparola
Le piacevoli notti

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  • LIBRO SECONDO
    • NOTTE SETTIMA
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NOTTE SETTIMA

Tutte le parti dell'estremo e freddo occidente giá cominciavano adombrarsi, e di Plutone l'amata amica giá da ogni canto le notturne tenebre dimostrava, quando l'onesta e fida compagnia al palazzo della signora si ridusse. Onde di mano in mano secondo i loro ordini postisi a sedere, come le trapassate notti aveano fatto, non altrimenti fecero la presente. Il Molino di ordine della signora comandò il vaso fosse recato; e messavi la mano dentro, trasse prima di Vicenza il nome: indi, di Fiordiana: dopo, di Lodovica; riserbando a Lionora il quarto luogo e ad Isabella il quinto. Finito l'ordine di quelle che avevano a favoleggiare, la signora ordinò che Lauretta una canzone cantasse: la quale ubidientissima senza altra iscusazione cosí a dire incominciò:

Ardo tremando e ne l'arder agghiaccio;

disir d'un fermo amor fido e perfetto

mi tien tra 'l e 'l no tardo e sospetto.

Arrei piú volte il mio pensier scoperto,

sol per temprar del core

l'infinita passion ch'al fin mi scorge;

ma vergogna e timor del vostro onore,

guerreggiando egualmente col desire,

al lungo mio martire

un tal effetto porge,

che d'un ardente amor comprendo aperto

il viver dubbioso e 'l morir certo.

Finita la soave ed amorosa canzone, Vicenza, a cui per sorte aveva tocco il primo aringo della presente notte, levatasi in piedi e fatta la debita reverenza, cosí a dire incominciò:




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