l'altro gli consente, ma vuole che la divida. Egli la divide; l'altro
— Grande veramente, amorevoli e graziose donne, è l'amore del
tenero padre verso il suo figliuolo; grande è la benivolenza del stretto e fedel
amico verso l'altro; grande è l'amorevolezza che porta l'orrevole cittadino
alla cara e diletta sua patria. Ma non minore giudico esser quello di duo
fratelli, quando sommamente e con perfetto amore s'amano insieme. Da questo,
avenga che sovente il contrario si vegga, riescono lieti e maravigliosi
effetti, che oltre la speranza riducono l'uomo al desiderevole fine. E di ciò
io ne potrei addurre infiniti esempi: i quali, per non fastidire questa nobile
e grata compagnia, con silenzio passo. E per attendere a quanto vi ho promesso,
intendo ora di raccontarvi un caso poco tempo fa a duo fratelli avenuto, il
quale spero vi sará piú tosto di non picciolo frutto, che di contentezza.
In Napoli, cittá nel vero celebre e famosa, copiosa di
leggiadre donne, costumata e abondevole di tutto quello che imaginar si puole,
furono due fratelli; l'uno de' quai si chiamava Ermacora e l'altro Andolfo.
Costoro erano di stirpe nobile e della famiglia Carafa, e ambiduo dotati di
risvegliato ingegno; e appresso questo maneggiavano molte merci, con le quali
avevano acquistato un ricco tesoro. Questi, sendo ricchi e di nobil parentado e
senza moglie, come ad amorevoli fratelli conviene, vivevano a comuni spese; e
tanto era il loro fratellevole amore, che l'uno non faceva cosa veruna, che non
fosse di somma contentezza dell'altro. A venne che Andolfo, minor fratello, con
consenso però di Ermacora, si maritò; e prese per sua legittima moglie una
donna gentile e bella e di sangue nobile, il cui nome era Castoria. Costei,
perciò che prudente era e di alto ingegno, non meno onestamente amava e
riveriva Ermacora suo cognato, che Andolfo suo marito: e l'uno e l'altro di
loro con reciproco amore le correspondeva; e tanta era fra loro la concordia e
la pace, che per l'adietro mai non si trovò la pare. Castoria, sí come piacque
al giusto Dio, ebbe molti figliuoli: e sí come cresceva la famiglia, cosí
parimente cresceva l'amorevolezza e la pace e s'aumentavano le ricchezze: né
v'era tra loro mai differenzia alcuna; anzi tutt'e tre erano d'un medesimo
volere e d'una medesima volontá.
Cresciuti i figliuoli, e giunti alla perfetta etá, la cieca
fortuna, invidiosa dell'altrui bene, s'interpose; e dove era unione e pace,
cercò di metter guerra e discordia. Onde Andolfo, mosso da fanciullesco e non ben
regolato appetito, deliberò al tutto dividersi dal fratello, e conoscere la
parte de' beni suoi, e abitare separatamente altrove; e un dí disse al
fratello: — Ermacora, egli è gran tempo che noi amorevolmente abbiamo abitato
insieme e communicato il nostro avere, né mai tra noi è stata torta parola; e
acciò che la fortuna, volubile come al vento foglia, non semini tra noi qualche
zizzania, ponendo disordine e discordia dove è ordine e pace, determinai
conoscer il mio e venire alla divisione teco; e questo io fo, non che abbia mai
ricevuta ingiuria da te, ma acciò che ad ogni mio volere possa disponere le
cose mie. — Ermacora, inteso il sciocco voler del fratello, non si puote
astenere che non si ramaricasse: e principalmente non essendovi causa per la quale
egli dovesse moversi sí leggermente a separarsi da lui; e con dolci ed
affettuose parole incominciò ammonirlo ed essortarlo che da questo iniquo
pensiero si dovesse rimovere. Ma Andolfo, piú ostinato che prima, persisteva
nel suo malvagio volere; né considerava il danno che avenir ne poteva. Onde con
voce robesta disse: — Ermacora, egli è commun proverbio che ad uomo deliberato
non giova consiglio; e però non fa bisogno che con tue lusinghevoli parole mi
rimovi da quello che giá fermamente proposi nell'animo mio, né voglio che mi
astringi a renderti la ragione per la quale io mi muova a separarmi da te. E
quanto piú tosto farai la divisione, tanto maggiormente mi fia grato. — Udendo
Ermacora il fermo voler del fratello, e vedendo di non poterlo con dolci parole
rimuovere, disse: — Poscia che cosí ti aggrada che noi dividiamo il nostro
avere, e che l'uno e l'altro si separi, io (non però senza grave dolore e
grandissimo discontento) sono apparecchiato di sodisfarti e adempire ogni tuo
volere. Ma una sol grazia a te addimando, e pregoti che quella non mi neghi, e
negandola presto vedresti il termine della vita mia. — A cui Andolfo: — Dí che
ti piace, — rispose, — che in ogni altra cosa, fuor che in questa, son per
contentarti. — Allora disse Ermacora: — Dividere la robba e separarsi l'uno da
l'altro, è giusto e ragionevole; ma dovendosi far questa divisione, io vorrei
che tu fosti il partitore, facendo le parti sí che niuno s'avesse a sentire. —
Rispose Andolfo: — Ermacora, a me non aspetta far le parti, perciò che io sono
il fratello minore; ma appartiene a te, come fratello maggiore. — Finalmente
Andolfo, bramoso di dividere e d'adempire la sua sfrenata voglia, né vedendo
altro rimedio di venir al fine, divise i beni, e al fratel maggiore diede la
elezione. Ermacora, che era uomo aveduto, ingenioso e d'animo benigno,
quantunque vedesse le parti esser giustissime, finse però quelle non esser
uguali, ma in diverse cose manchevoli; e disse: — Andolfo, la divisione che tu
hai fatta, ti par per tuo giudizio che stia bene, e niuno si abbia a dolere; ma
a me pare che uguale non sia. Onde ti prego che meglio la sostanzia dividi,
acciò che l'uno e l'altro resti contento. — Vedendo Andolfo il fratello della
divisione non contentarsi, rimosse alcune cose da una parte e le mise
all'altra; e addimandolli se in tal maniera erano le parti uguali, e se di tal
divisione si contentava. Ermacora, che era tutto amore e caritá, sempre gli
opponeva e fingeva di non contentarsi, quantunque il tutto fosse con sinceritá
ottimamente diviso. Parve molto strano ad Andolfo che 'l fratello non si
contentasse di quello che fatto aveva; e con faccia tutta di sdegno pregna,
prese la carta nella qual era annotata la divisione, e quella con molto furore
squarciò; e voltatosi contra il fratello, disse: — Va, e secondo che ti piace,
dividi; perciò che io sono disposto al tutto vedere il fine, avenga che fosse
con mio non poco danno. — Ermacora, che chiaramente vedeva l'acceso animo del
fratello, con umil voce graziosamente disse: — Andolfo, fratello mio, non ti
sdegnare, e non permettere che 'l sdegno superi la ragione; raffrena l'ira,
tempera la collera e conosci te stesso; poscia come prudente e savio considera
se le parti sono pari: e non essendo pari, fa ch'elle siano; perciò che allora
mi accheterò, e senza contrasto torrò la parte mia. — Andolfo ancor non
intendeva l'alto concetto che era ascosto nel ben disposto cuore del fratello;
né avedevasi dell'artificiosa rete colla quale egli s'ingegnava di prenderlo.
Onde con maggior empito e con maggior furore che prima, contra il fratello
disse: — Ermacora, non ti dissi io che tu facesti le parti come fratello
maggiore? E perché non le festi? Non mi promettesti tu di contentarti di quello
che da me deliberato fosse? E perché ora mi manchi? — Rispose Ermacora: —
Fratello mio dolcissimo, se tu hai partita la robba e datami la parte mia, se
ella non è eguale alla tua, qual ragion vuole ch'io non mi lamenta? — Disse
Andolfo: — Qual cosa si trova in casa, della quale ancor tu non abbi avuta la
parte tua? — Rispose Ermacora, non averla avuta; e Andolfo diceva che sí, e
Ermacora diceva che no. — Io vorrei sapere — disse Andolfo, — in che mancai,
che le parti non siano pari. — A cui rispose Ermacora: — Tu mancasti, fratel
mio, nel piú. — E perché Ermacora vedeva Andolfo piú adirarsi, e la cosa, se
piú in lungo andava, poteva partorire scandolo sí dell'onore come della vita,
trasse un gran sospiro; e disse: — Tu dici, o amorevole fratello, avermi data
intieramente la parte che di ragion mi tocca; e io il nego, e il provo con
evidentissima ragione, che potrai con l'occhio vedere e con la mano toccare.
Dimmi un poco, e il sdegno stia da parte, quando tu menasti a casa Castoria,
tua diletta moglie e mia cara cognata, non eravamo noi in fraterna? — Sí. — Non
si ha ella affaticata in governar la casa a beneficio universale? — Sí. — Non
ha ella partorito tanti figliuoli, quanti che ora tu vedi? Non sono nati in
casa? Non è ella vivuta con i figliuoli a communi spese? — Stava Andolfo tutto
attonito ad ascoltar l'amorevoli parole del fratello; né poteva comprendere il
loro fine. — Tu hai, fratello mio, — diceva Ermacora, — divisa la robba: ma non
hai divisa la moglie e i figliuoli, dandomi di loro ancor la parte mia. Non
debbo ancora io participar di loro? E come farò io senza la parte della diletta
cognata e degli amorevoli nipoti miei? Dammi adunque e della moglie e de'
figliuoli la parte mia; dopo', vattene in pace, che io ne rimarrò contento. E
se altrimenti farai, io non intendo che la divisione abbia luogo per modo alcuno.
E se per caso, che Iddio no 'l voglia! non volesti a questo consentire, io
giuro di convenirti dinanzi la mondana giustizia e addimandar ragione; e non
possendo ottenerla dal mondo, io ti farò citare dinanzi al tribunal di Cristo,
a cui ogni cosa è manifesta e palese. —
Stava Andolfo molto attento alle parole del fratello,
prendendone grandissima maraviglia: e considerava con qual tenerezza di cuore
quelle provenivano dal vivo fonte di amorevolezza: e quasi confuso non poteva
raccoglier lo spirito a formare la parola per rispondergli. Pur in sé converso,
e addolcito l'indurato cuore, prostrato a terra, disse: — Ermacora, grande è
stata l'ignoranza mia, grande l'errore; ma maggiore è stata la gentilezza e
umanitá tua. Ora conosco il mio sciocco errore: ora veggio la mia aperta
ignoranza: ora chiaramente comprendo la turbida nube del mio grosso ingegno; né
è lingua sí pronta né sí spedita, che isprimere potesse quanto io sia degno di
rigido castigo, né pena è sí aspra e sí crudele, che io non meriti. Ma perché
tanta è la clemenza e la bontá che nel tuo petto alberga, e tanta è
l'amorevolezza che mi dimostri e hai sempre dimostrato, ricorro a te come fonte
vivo, e chiedoti perdono d'ogni mio fallo; e promettoti di mai partirmi da te,
ma star alla ubidienza tua con la moglie e con i figliuoli: de' quali voglio
che tu disponi non altrimenti che si fussero generati da te. — Allora i
fratelli con molte lagrime, che giú da gli occhi cadevano, s'abbracciaron
insieme; e in tal maniera s'acquietarono, che per l'avenire non fu mai piú
parola tra loro: e sí fattamente in tranquilla pace vissero, che li figliuoli e
i nepoti dopo la loro morte ricchissimi rimasero. —
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