— Oggidí, amorevoli donne, piú s'onorano i favori, la nobiltá
e le ricchezze, che la scienzia; la quale, quantunque sia in persone di basso e
umil grado sepolta, ella nondimeno da sé stessa pur riluce e splende come un
raggio. Il che fiavi manifesto, se alla mia breve favola l'orecchio prestarete.
Fu giá nella cittá antenorea un medico molto onorato e ben
accommodato di ricchezze, ma poco disciplinato nella medicina; il quale aveva per
compagno nella cura d'un gentil'uomo de' primi della cittá un altro medico, che
per dottrina e pratica era eccellente, ma privo de' beni della fortuna. Un dí
venuti a visitar l'infermo, quel gran medico riccamente vestito, toccatogli il
polso, disse che egli aveva una febre molto violenta e formicolare. Il medico
povero, bellamente guardando sotto 'l letto, vidde per aventura alcune cortecce
di pomi; e pensossi ragionevolmente che l'infermo avesse mangiato de' pomi la
sera precedente. Poi che gli ebbe toccato il polso, dissegli: — Fratel mio,
veggio che ieri sera tu hai mangiato de' pomi, perché hai una gran febre. — Non
potendo l'ammalato negar quello ch'era la veritá, gli disse di sí. Furono
ordinati gli opportuni rimedi, e partironsi i medici. E cosí andando insieme,
quel famoso ed onorato medico, gonfiato il petto d'invidia, pregò molto questo
medico di bassa fortuna, suo collega, che gli volesse manifestar i segni per i
quali aveva conosciuto l'infermo aver mangiato de' pomi: promettendo dargli un buon
pagamento per la sua mercede. Il medico di umile stato, veggendo l'ignoranza di
costui, acciò che se ne vergognasse, l'ammaestrò in questo modo: — Quando ti
averrá d'andar alla cura d'alcun infermo, al primo ingresso abbi sempre
l'occhio sotto 'l suo letto; e quello che vi vedrai da mangiare, sappi certo
che l'infermo ne ha mangiato. Questo è un notabile isperimento del gran
commentatore; — e ricevuti alcuni danari, da lui si partí. La mattina sequente
questo magnato ed eccellente medico, chiamato alla cura d'un certo contadino,
ma però ben accommodato e ricco, entrando nella camera, vidde sotto 'l letto la
pelle d'un asino; e poi ch'ebbe cerco e investigato il polso dell'infermo,
trovatolo da inordinata febre aggravato, gli disse: — Io conosco, fratel mio,
che iersera hai fatto un gran disordine, che hai mangiato l'asino; e per questa
causa quasi sei incorso all'ultimo termine della vita tua. — Il contadino,
udite cosí pazze ed esorbitanti parole, sorridendo gli rispose: — Perdonimi,
prego, Vostra Eccellenzia, signor mio; sono giá dieci dí ch'altro asino, che te
solo, non ho io visto né mangiato. — E con queste parole licenziò il cosí
prudente e scienziato filosofo, e trovossi un altro medico piú perito di lui. E
cosí appare, sí come dissi nel principio del mio ragionamento, che piú sono
onorate le ricchezze che la scienzia. E se io sono stata piú breve di quello
che conveniva, mi perdonarete; perciò che io vedeva l'ora esser tarda, e voi
col capo affermar ogni cosa esser vera. —
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