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Giovanni Francesco Straparola
Le piacevoli notti

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  • LIBRO SECONDO
    • NOTTE DECIMATERZA
      • FAVOLA IV. Fortunio servo, volendo ammazzare una mosca, uccide il suo patrone, e dall'omicidio con una piacevolezza fu liberato.
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FAVOLA IV.

Fortunio servo, volendo ammazzare una mosca, uccide il suo patrone,

e dall'omicidio con una piacevolezza fu liberato.

[La signora Veronica:]

— Io piú volte ho udito dire, prestantissimi signori miei, che gli peccati che non si commetteno coll'animo, non sono cosí gravi come se volontariamente si commettessero; e da qua procede che si perdona alla rusticitá, alli fanciulli e ad altre simili persone, le quali non peccano gravemente come quelle persone che sanno. Laonde, essendomi tocca la volta di raccontarvi una favola, mi occorse alla mente quello che avenne a Fortunio servo, il qual, volendo ammazzare una mosca canina che annoiava il suo patrone, inavertentemente uccise esso patrone.

Era nella cittá di Ferrara un speciale assai ricco e di buona famiglia, e aveva un servo chiamato per nome Fortunio, giovane tondo e di poco senno. Avenne ch'il patrone per lo gran caldo che allora era, s'addormentò; e Fortunio col ventolo li cacciava le mosche acciò che potesse meglio dormire. Avenne che tra l'altre mosche ve n'era una canina molto importuna, la quale, non curandosi di ventolo né di percosse, s'accostava alla calvezza di quello e con acuti morsi non cessava di morderlo; e avendola indi cacciata due, tre e quattro volte, ritornava a darli fastidio. Finalmente, vedendo Fortunio la temeritá e presonzione dell'animale, né potendo piú resistere, imprudentemente si pensò di ammazzarla. E stando la mosca sopra la calvezza del patrone e succiandogli il sangue, Fortunio servo, uomo semplice e inconsiderato, preso un pistello di bronzo di gran peso, e quello con gran forza ammenando, pensando di uccider la mosca, uccise il patrone. Onde vedendo in fatto aver ucciso il suo signore, e per tal causa esser obligato alla morte, si pensò di fuggire e con la fuga salvarsi. Indi, revocata tal sentenzia, deliberò con bel modo secretamente di sepellirlo; e ravoltolo in un sacco, e portatolo in un orto alla bottega vicino, il sepellí. Poscia prese un becco delle capre e gettollo nel pozzo.

Il patrone non ritornando a casa la sera, come soleva sempre, la moglie cominciò pensar male del servo; e addimandandoli del suo marito, egli diceva non averlo veduto. Allora la donna, tutta addolorata, cominciò dirottamente a piangere e con lamentevoli voci chiamare il suo marito; ma in vano lo chiamava. I parenti e gli amici della donna, intendendo non trovarsi il marito, andarono al rettore della cittá e accusorono Fortunio servo, dicendogli che lo facesse porre in prigione e dargli della corda, acciò che il manifestasse quello che era del suo patrone. Il rettore, fatto prendere il servo e fattolo legare alla fune, stanti gl'indizi che di lui s'avevano, secondo le leggi gli diede la corda. Il servo, che non poteva sofferire il tormento, promise manifestar la veritá se lo lasciavano giú. E deposto giú della corda, e constituito dinanzi al rettore, con astuto inganno disse tai parole: — Ieri, essendo io addormentato, sentii un gran strepito, come se fusse stato gettato in acqua un gran sasso; io mi stupii di tal strepito, e andato al pozzo, risguardai nell'acqua e viddi che l'era chiara, né guardai piú oltra; mentre che io ritornavo, sentii un altro simil strepito e mi fermai. Nel vero penso che quel sia stato il patron mio, che volendo attinger l'acqua, sia caduto in pozzo. E acciò che la veritá non stia sospesa, ma che dalle sospizioni ne nasca vera e giusta sentenzia, andiamo al loco, perciò che io subito descenderò nel pozzo e vedrò quel che sará. — Volendo adunque il rettore far isperienza di quello che aveva detto il servo, perciò che l'isperienza è maestra delle cose e la prova che si fa con gli occhi è sempre opportuna e vie piú dell'altre migliore, andò al pozzo con tutta la sua corte e con molti gentil'uomini che l'accompagnorono; e con loro v'andarono del popolo molti, che erano assai curiosi di veder questa cosa. Ed ecco che il reo, di comandamento del rettore, discese nel pozzo; e cercando il patrone per l'acqua, trovò il becco che vi aveva gettato. Onde astutamente e con inganno, gridando ad alta voce, chiamò la sua patrona, dicendole: — O patrona, ditemi, il vostro marito aveva egli le corna? Io ho trovato qua dentro uno che ha le corna molto grandi e lunghe; sarebbelo mai il vostro marito? — Allora la donna, da vergogna soprapresa, si tacque, né pur disse una parola. I circonstanti stavano in aspettazione di veder questo morto; e tiratolo suso, poi che videro che egli era un becco, festeggiando con le mani e i piedi, scoppiavano da ridere. Il rettore, veduto il caso, giudicò il servo di buona fede, e come innocente l'assolse; né mai si seppe del patrone cosa alcuna, e la donna con la macchia delle corna rimase. —




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