Lucietta, madre di Lucilio
figliuolo disutile e da poco, il manda per ritrovar il buon dí; ed egli il trova, e con la
quarta parte di un tesoro a casa ritorna.
— Ho inteso, gentilissime donne, dagli savi del mondo che la
fortuna aiuta i vigilanti e scaccia quelli che sono timidi e paurosi; e che
questo sia il vero, dimostrerollo con una breve favola, la qual vi fia di
diletto e contento.
In Cesena, nobil città della Romagna, presso la quale corre il
fiume detto Savio, trovavasi una vedovella povera ma da bene; e Lucietta si
chiamava. Costei aveva un figliuolo il più disutile, il più sonnacchioso che
mai la natura creasse. Il quale, poi che era andato a dormire, non si levava di
letto fino a mezzo giorno, e levandosi sbadagliava e stropicciavasi gli occhi
distendendo le braccia e i piedi per lo letto come vil poltrone. Di che la
madre ne sentiva grandissima passione, perché sperava che egli dovesse esser il
bastone della sua vecchiezza. Onde, per farlo sollecito, vigilante e accorto,
lo ammaestrava ogni giorno, dicendogli: — Figliuol mio, l'uomo diligente e
aveduto che vuole aver il buon dí, dee svegliarsi a buon'ora nel far del
giorno, perché la fortuna porge aiuto a' vigilanti e non a quelli che dormono.
Onde se prenderai, figliuolo mio, il mio consiglio, tu troverai il buon dí e ne
rimarrai contento. — Lucilio,—che cosí era il nome del figliuolo,—ignorante più
che l'ignoranzia, non intendeva la madre; ma risguardando alla scorza e non
alla mente delle parole, eccitato dall'alto e profondo sonno, si partí e andò
fuori d'una porta della città, e si pose a dormire a traverso la strada
all'aria, dove impediva questi e quelli che veniano nella cittá e parimenti che
andavano fuori.
Avenne per aventura che quella notte tre cittadini cesenni
erano andati fuori della città per cavare un certo tesoro che trovato avevano e
portarselo a casa. Poi che l'ebbero cavato, volendolo portar nella città, si
scontrarono in Lucilio che sopra la strada giaceva; non però allora dormiva, ma
stavasi vigilante per trovar il buon dí, sí come ammaestrato l'aveva la madre.
A cui il primo delli tre cittadini indi passando disse: — Amico mio, ti sia il
buon giorno; — ed ei rispose: — Ne ho uno, — de' giorni intendendo. Il giovane
cittadino, conscio del tesoro, interpretando altrimenti le parole di quello che
erano dette, pensò che dicesse di sé. Il che non è maraviglia, perciò che è
scritto che quelli che sono colpevoli, pensano sempre che in tutte le cose si
parli di sé. Passando il secondo, simelmente salutollo, e diégli il buon
giorno. Lucilio allora replicando disse averne duoi, intendendo di buoni
giorni. L'ultimo, passando, anco egli porse medesimamente il buon giorno a
costui. Allora Lucilio, tutto allegro, levatosi in piedi: — Gli ho tutti tre, —
disse, — ed emmi successo prosperamente il mio disegno; — volendo dire ch'egli
aveva tre buoni dí. I cittadini, temendo forte che 'l giovane andasse al
rettore a manifestarli, chiamatolo a sé, e raccontatogli il caso, lo fecero
compagno nel tesoro, dandogli la quarta parte di quello. Il giovane,
allegramente tolta la parte sua, n'andò a casa, e diella alla madre sua,
dicendole: — Madre, la grazia di Dio è stata con esso meco; perciò che,
essequendo i vostri comandamenti, trovai il buon dí. Togliete questi danari, e
servateli per lo viver vostro. — La madre, lieta per gli avuti danari, confortò
il figliuolo a star vigilante, acciò che gli avenisseno degli altri buoni
giorni simili a questo. —
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