— Grandi sono, graziose donne, i secreti della natura e
innumerabili, né è uomo al mondo che quelli imaginar potesse. Laonde mi ho
pensato di raccontarvi un caso, il quale non è favola, ma intervenuto poco
tempo fa nella cittá di Salerno.
In Salerno, cittá onorevole e copiosa di bellissime donne,
trovavasi un padre di famiglia della casa di Porti, il quale aveva una sola
figliuola, ch'era nel fior della sua bellezza, né passava il decimosesto anno.
Costei, che Filomena si chiamava, era da molti per la sua bellezza molestata e
addimandata in moglie. Il padre, vedendo il pericolo grande della figliuola, e
temendo che non le avenisse qualche scorno per esser cosí stimolata, deliberò
di porla nel monasterio di San Iorio della cittá di Salerno, non giá che
facesse professione, ma che le donne la tenessero fino ch'ella si maritasse. A
costei, essendo nel monasterio, sopravenne una violente febbre, la qual era
curata con ogni sollecitudine e diligenza. Andorono al principio alla cura di
lei alcuni erbolai, che con gran giuramenti promettevano in breve tempo farle
ricuperare la pristina sanitá; ma nulla facevano. Il padre le mandò medici
pratichi e eccellenti, e alcune vecchie che promettevano darle rimedi
presentanei, che subito guarirebbe. A questa bella e graziosa giovane s'era
grandemente enfiato il pettignone, il quale era venuto a guisa di una grossa
palla. Per il che era molestata da tanti dolori, che altro non facea che
pietosamente lamentarsi, di modo che parea esser giunta all'ultimo termine
della sua vita. I parenti, mossi a pietá della misera giovane, le mandarono
cirugi degni e molto approbati nell'arte cirugia. I quali ben visto ed
essaminato il luogo della enfiazione, altri dicevano doverglisi sopraporre
radici di altea cotte e miscolate con grasso di porco, perché levarebbono il
dolore e la enfiazione; altri altre cose, e altri negavano che far si dovesse
alcuno delli rimedi allegati. Tutti finalmente furono d'accordo, che tagliar si
dovesse il luogo enfiato per rimuover la materia e la causa del dolore. Il che
deliberatosi, vennero tutte le monache del monasterio e molte matrone con
alcuni propinqui della graziosa giovane. E uno di detti cirugi, il quale di
gran lunga tutti gli altri avanzava, preso il coltello feritorio, percosse
leggermente e con gran destrezza in un volger d'occhi il loco enfiato; e
perforata la pelle, quando si credeva che di tal buco uscir ne dovesse o sangue
o marza, ne uscí un certo grosso membro, il quale le donne desiderano e di
vederlo si schifano. Non posso astenermi dal ridere scrivendo la veritade in
luogo di favola. Tutte le monache, stupefatte per tal novitá, piangevano da
dolore, non per la ferita, né anco per la infermitá della giovane, ma per la
lor causa, perciò che elle averebbeno piú tosto voluto che quello che
palesamente era occorso, fusse intravenuto occultamente. Imperciò che per onor
suo fu subito mandata la giovane fuori del monasterio. Or quanto l'averebbeno
carissimamente dentro conservata! Tutti li medici non poteano piú da ridere. E
cosí in un tratto la giovane risanata divenne uomo e donna. E referisco per
bugia quello che è la veritá, che di poi la vidi con gli occhi miei vestita da
uomo con l'uno e l'altro sesso. —
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