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Giovanni Francesco Straparola
Le piacevoli notti

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  • LIBRO PRIMO Orfeo dalla Carta alle piacevoli ed amorose donne, salute.
    • NOTTE QUARTA
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NOTTE QUARTA

Giá il biondo Apollo con l’infiammato carro aveva lasciato questo nostro emispero, e tuffatosi nelle marine onde se ne era ito agli antipodi, e quelli che la terra zappavano, giá stanchi per lo molto lavorare, messi giú i concupiscibili appetiti, dolcemente nel letto riposavano, quando la onesta ed onorevole compagnia all’usato suo luogo lietamente si ridusse. E poscia che le donne e gli uomini ebbero insieme ragionato e riso alquanto, la signora Lucrezia, imposto il silenzio a tutti, ordinò che ’l vaso aureo le fusse portato, e con la propia mano il nome di cinque damigelle scrisse; e posti i loro nomi nel vaso, chiamò il signor Vangelista, comandandoli che ad uno ad uno del vaso li traesse, acciò che a cui la volta del favoleggiare in quella notte toccava, chiaramente si potesse sapere. Il signor Vangelista, levatosi da sedere e lasciati i dolci ragionamenti che egli faceva con Lodovica, ubidientissimo andò alla signora: ed inginocchiatosi a’ piedi, riverentemente pose la mano nel vaso, e di Fiordiana trasse il primo nome; indi di Vicenza, dopo di Lodovica ed appresso loro d’Isabella e di Lionora vennero fuori i nomi. Ed innanzi che al novellare si desse principio, la signora comandò che ’l Molino ed il Trivigiano prendessero i loro liuti ed una cantilena cantassero. I quali, non aspettando altro comandamento, accordorono i loro stromenti, e la seguente canzone lietamente cantorono:

Quando fra tante donne il vago sole,

che mi morte e vita,

muove gli ardenti suoi splendidi rai,

di lei piú bella, Amor, non vidi mai.

Dico, felice è in vita

non chi la vede pur, ma chi parole

d’angelico intelletto

l’ode formar con la sua santa bocca:

grazia che forse a pochi oggidí tocca.

Oh me ben nato, se d’un tanto oggetto

e ben cosí perfetto

degno per sua mercé qua giú mi sia,

e veggia il fin della speranza mia!

La canzone fu diligentemente ascoltata e commendata da tutti. Ma vedendo la signora che ella al suo fine era giá pervenuta, comandò a Fiordiana, a cui la prima favola della quarta notte toccava, che mettesse mano ad una e l’ordine dell’incominciato trastullo seguisse. La quale, non men desiderosa di dire che d’ascoltare, in cotal maniera a dire in cominciò:




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