Sono molti, amorevoli donne, i quali o per invidia o per odio
mossi, cercano co' minacciosi denti mordermi e le misere carni squarciare,
imponendomi che le piacevoli favole da me scritte, ed in questo e nell'altro
volumetto raccolte, non siano mie, ma da questo e quello ladronescamente
rubbate. Io, a dir il vero, il confesso che non sono mie, e se altrimenti
dicessi, me ne mentirei; ma ben holle fedelmente scritte secondo il modo che
furono da dieci damigelle nel concistorio raccontate. E se io ora le do in
luce, no 'l fo per insuperbirmi, né per acquistar onore e fama; ma solo per
compiacere a voi, e massime a quelle che mi ponno comandare, ed alle quali in
perpetuo sono tenuto ed obligato. Accettate adunque, graziose donne, con
allegro volto il picciol dono del servo vostro, né date fede agli abbaiatori
che contra noi con canina rabbia e con mordaci denti si moveno; ma leggetele
alle volte e pigliatene a luogo e tempo trastullo e diletto, non lasciando però
quello da cui ogni nostro bene procede. State felici, memore di quelli che nel
cuore scolpite vi tengono, tra' quali non credo esser il minimo.
Da Vinegia, il primo di settembre, MDLIII.
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