Le tenebre della scura notte giá
da ogni parte si dimostravano, e le dorate stelle per lo spazioso cielo non
davano piú il loro lume, ed Eolo, correndo sopra le salse onde con grandissimo
soffiamento non solamente faceva grossissimo il mare, ma ancora a' naviganti
era molto contrario, quando la bella e fida compagnia, sprezzato ogni
sforzevole vento e gonfiamento di mare e duro freddo, all'usato luogo si
ridusse; e fatta primieramente la debita riverenza alla signora, ciascuno nella
sua sedia si pose a sedere. Indi la signora comandò il vaso aureo le fusse
portato; e postovi dentro di cinque damigelle il nome, il primo che uscí fuori
di Alteria fu il nome: il secondo, di Arianna: il terzo, di Cateruzza: il
quarto, di Lauretta: il quinto, di Eritrea. Poscia la signora impose che tutte
cinque una canzonetta cantassero; le quali al lei comandamento ubidientissime,
in tal guisa soavemente cantarono:
S'a' bei princìpi, Amor, di fede armati,
corrispondesse con madonna il fine,
unqua il tuo col suo nome arrebbe fine.
Ma penso, ahimè, che 'n lei la tua possanza
non è di tal valor, che stringa il freno
a l'alto suo pensier d'onestá pieno,
ch'assai mi dá desir piú che speranza:
anzi veggio ne' bei modi temprati
quasi molesta farsi in te fortuna,
si che 'l suo nome vive, il tuo s'imbruna.
Finita che fu la vaga e dilettevole
canzonetta, Alteria, a cui toccava il primo luogo di favoleggiare, messa giú la
viola e il plettro che aveva in mano, alla sua favola in tal modo diede
principio: —
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