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Giovanni Francesco Straparola Le piacevoli notti IntraText CT - Lettura del testo |
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FAVOLA VI.Di duo medici, de' quali uno era di gran fama e molto ricco,ma con poca dottrina; l'altro veramente era dotto, ma molto povero.[Lauretta:]— Oggidí, amorevoli donne, piú s'onorano i favori, la nobiltá e le ricchezze, che la scienzia; la quale, quantunque sia in persone di basso e umil grado sepolta, ella nondimeno da sé stessa pur riluce e splende come un raggio. Il che fiavi manifesto, se alla mia breve favola l'orecchio prestarete. Fu giá nella cittá antenorea un medico molto onorato e ben accommodato di ricchezze, ma poco disciplinato nella medicina; il quale aveva per compagno nella cura d'un gentil'uomo de' primi della cittá un altro medico, che per dottrina e pratica era eccellente, ma privo de' beni della fortuna. Un dí venuti a visitar l'infermo, quel gran medico riccamente vestito, toccatogli il polso, disse che egli aveva una febre molto violenta e formicolare. Il medico povero, bellamente guardando sotto 'l letto, vidde per aventura alcune cortecce di pomi; e pensossi ragionevolmente che l'infermo avesse mangiato de' pomi la sera precedente. Poi che gli ebbe toccato il polso, dissegli: — Fratel mio, veggio che ieri sera tu hai mangiato de' pomi, perché hai una gran febre. — Non potendo l'ammalato negar quello ch'era la veritá, gli disse di sí. Furono ordinati gli opportuni rimedi, e partironsi i medici. E cosí andando insieme, quel famoso ed onorato medico, gonfiato il petto d'invidia, pregò molto questo medico di bassa fortuna, suo collega, che gli volesse manifestar i segni per i quali aveva conosciuto l'infermo aver mangiato de' pomi: promettendo dargli un buon pagamento per la sua mercede. Il medico di umile stato, veggendo l'ignoranza di costui, acciò che se ne vergognasse, l'ammaestrò in questo modo: — Quando ti averrá d'andar alla cura d'alcun infermo, al primo ingresso abbi sempre l'occhio sotto 'l suo letto; e quello che vi vedrai da mangiare, sappi certo che l'infermo ne ha mangiato. Questo è un notabile isperimento del gran commentatore; — e ricevuti alcuni danari, da lui si partí. La mattina sequente questo magnato ed eccellente medico, chiamato alla cura d'un certo contadino, ma però ben accommodato e ricco, entrando nella camera, vidde sotto 'l letto la pelle d'un asino; e poi ch'ebbe cerco e investigato il polso dell'infermo, trovatolo da inordinata febre aggravato, gli disse: — Io conosco, fratel mio, che iersera hai fatto un gran disordine, che hai mangiato l'asino; e per questa causa quasi sei incorso all'ultimo termine della vita tua. — Il contadino, udite cosí pazze ed esorbitanti parole, sorridendo gli rispose: — Perdonimi, prego, Vostra Eccellenzia, signor mio; sono giá dieci dí ch'altro asino, che te solo, non ho io visto né mangiato. — E con queste parole licenziò il cosí prudente e scienziato filosofo, e trovossi un altro medico piú perito di lui. E cosí appare, sí come dissi nel principio del mio ragionamento, che piú sono onorate le ricchezze che la scienzia. E se io sono stata piú breve di quello che conveniva, mi perdonarete; perciò che io vedeva l'ora esser tarda, e voi col capo affermar ogni cosa esser vera. — IL FINE DELLA OTTAVA NOTTE.
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