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Lorenzo Magalotti
Lettere odorose

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  • IL FIORE D’ARANCIO DITIRAMBO INTITOLATO LA MADRESELVA (CORIDONE, ELPINO, SIRINCO, Pastori dell’Ancella)
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IL FIORE D’ARANCIO

DITIRAMBO INTITOLATO

LA MADRESELVA

(CORIDONE, ELPINO, SIRINCO, Pastori dell’Ancella)

 

 

A 3

Oh incontentabile,

Sempre variabile

Uman desio!

 

Tu sempre aguzzi

I tuoi ferruzzi

Per esser gaio,

 

E sempre povero

Non dai ricovero

A un vero ben.

 

Elp.

Tu per far servizio a cielo

Ad un naso delicato,

Non contento al natio prato

Di sfiorare ogni suo stelo,

Passi i Monti, e passi i Mari,

Paralleli, Climi, e Zone,

Ed a caccia a’ fior più rari

Vai peboschi del Giappone.

 

Sir.

Allor che ’l mondo

Era più tondo,

E che saltata

La sua granata

Non avea ancor;

 

In quell’etate,

Che le frittate

Bocche di Dame for,

 

E che le cialde

Con gli anicini

Venivan calde Sin su’ festini.

 

Elp. e Sir.

Bella cosa

Deliziosa,

Amorosa

Era la Rosa.

Corid.

Non solo i frati, non sol le monache

La spicciolavan su le lor tonache,

Ma in un vago vasellino

La tenean su l’altarino

Fin gli Abati e le Badesse:

Ma che più?

Le Principesse

D’ogni stagione

N’inghirlandavano

E ne smaltavano

Scettri e Corone.

 

Sir.

Recipe sermollin quattro o sei ciocche,

Due fili di Ginestra, e due Tazzette

Con due o tre rami di viole acciocche,

Un fior di spigo, e quattro mammolette,

Due rose bianche, e due di minio tocche

Con un bel cinto d’odorose erbette:

Tanto serviva ad una franca lancia

Per far un mazzolino al Re di Francia.

 

A 3

E quando poi ella gli sprofondava

Un bel violo rosso ci cacciava.

 

Elp.

Perché fa su ’l suo paese

Ora più niun l’accarezza,

E ’l disprezza

Non ch’un Principe, un Marchese,

E gli pute ogni fragranza

Se non sa di lontananza.

 

Corid.

Ora Timo, Menta, e Ruta

Chi più fiuta?

 

Elp.

E ’l sambuco è sol reso oggi galante

Per farne una stiacciata a qualche fante.

 

Sir.

Al candido Giglio,

Se per miracolo

Un di piglio

Ne fa dono a un tabernacolo.

 

Elp.

Derelitta in siepe, o in macchia

Sì sta fitta, e sì s’acquacchia

Vergognosa

Paurosa

Poverina

Quella Rosa dommaschina

Che si muor sul suo roveto

Se non è per farne aceto.

 

A 2

Vago colore,

Soave odore

Può dar Natura ad ogni nostro fiore,

Ch’ognun, perché non è d’estranio clima,

A chi lo stima

Fa lima lima.

 

A 3

Val bene un tesor

Val bene un Perù,

Se vien dal Tolù,

Se vien dal Mogor.

 

Elp.

E ciò perché?

A 3

E sol mercè

D’incontentabile

Sempre variabile

Uman desio

Che tutto ciò, che più anelante ei volle,

Se divenne comun tosto il disvolle.

 

Elp.

In ogni campo, in ogni piaggia aprica

Senz’ombra di fatica

A noi nasce il Gelsomino:

Ma perché nasce a bizzeffe

Ne fa beffe

Ogni giardino,

E non ad altro agogna,

Ch’a infiorarsi di quel di Catalogna.

 

Sir.

E questo assai non gli è,

S’e’ non ci ha la spuzzetta del Gimè.

 

Corid.

Perché nascono in Orinci

Quelle Rose pennacchiate,

Le listate,

Cannellate

Vedi fare il quindi e ’l quinci

Al curioso quando ei l’ha.

 

Elp.

E pur niuna di lor nulla sa.

 

Cor.

Or s’a mutolo fior tu vuoi dar vanto,

Che manch’egli all’Amaranto?

 

Sir.

Forse cede al Tulipano?

 

Elp.

O a Pennacchio persiano?

 

Sir.

Se i Rannuncoli, e gli Anemoni

E gli Anargemoni

Ci facessero peprati,

Che sarebbero stimati?

 

C. E.

Certo non più che i fior vermigli e gialli

Che senz’alcun riguardo

Con piè veloce, o tardo,

Ogni Ninfa e Pastor preme ne’ balli.

 

Sir.

Quel bell’imbusto,

Quel vago fusto

Del Giacinto emerocallide,

Che novello fe’ qui tanto rumore!

Lo vedi pur languire in sì brevi ore

E far le foglie sue di bianche pallide.

 

Corid.

Dell’Arancio il fiore amabile

Maestoso,

Imperioso,

Che rinfonde spirti al core,

Ed al cerebro vigore

Con fragranzaammirabile:

Al dolce tempo dell’età primiera,

Che non era

incontentabile

Così variabile

L’uman desio;

Ma che fu vago,

Ma che fu pago

Solo d’odor natio,

Questi fu sempre il primo onore,

Questi fu l’alma, questi fu ’l core

Delle vaghe forosette

Se tessevan ghirlandette.

Di questo pieno

Vollero il seno

Ninfe e Reine

Su l’ore mattutine:

E verso ’l tardi,

Deposti i dardi,

E le faretre,

A suon di cetre,

Per bei boschetti,

Pedali eletti

Scuoteano a gara,

Mentre prepara

All’amoroso nembo

Ciascuna il vel del grembo:

E Flora, che n’impazza

Peggio d’una ragazza

Tutta s’aggira,

E si rigira,

E toe di questo, e toe di quello,

Questo ha più odore, quest’è più bello;

E poi ch’un pezzo in giudicar s’impiccia,

S’attiene a quel, ch’è dalla foglia griccia.

 

Elp.

Dice ’l ver Coridone,

Dietro all’alta magione

Di lei, che in fosco vel tutta risplende

Per maestàlucida e serena,

Qual già fu vista per la via superna

La luce nata appena

Lottar con l’ombre della notte eterna;

Io la vidi testè nella selvetta,

Le di cui verdi trecce amica l’Alba

Lava in rugiada eletta,

E poi di fiori inalba,

Con cento Ninfe alla bell’opra intesa

Ornarsi il crin dell’odorosa gloria,

E poi ch’apprese a risonar Vittoria

Ai prati, all’acque, ai profumati venti,

L’udii con quest’orecchie in questi accenti.

In quel bacile, che chiamasi l’Aja

Còmene un moggio, dolcissima Aglaja,

Còmene un moggio, e recalo a me.

Sporticine e canestruzze,

Guantieruzze e panierine

Empian altre a insalatine:

Vassoietti miniati,

Corbelletti inargentati

Per le man di Monachine

Colmi un’altra a roselline;

Via, su, Ninfe, aiutate a portare:

Via su Ninfe ajutate a portare,

Ognuna colmila,

Nessuna votila;

E colmata recatela a me.

Oh come dolce il naso titillami!

Come gli spirti soave assottigliami!

Questa gioia, questo fiore,

Che pel naso mi sdrucciola al core.

Io ne vo matta

Più che la Gatta

Non va del lardo:

Io n’ho l’alma e ’l cuore insano,

Alcatoe, se me lo credi,

Quanto il Bacco del mio Redi

Sia del suo Montepulciano.

Io mi ci smammo, mi ci strasecolo,

E men n’intendo, qual più ci specolo;

Onde ognuno, che di Flora

Riverente il Nume onora,

Ascolti odorosissimo decreto,

Ch’ella stessa pronunzia in sul tappeto

Di questi cari fiori, e gli dia :

Il fior d’Arancio d’ogni fiore è Re.

 

Corid.

Sfortunata investitura!

Chi più in oggi glielaccorda?

Per la via della montagna,

Con le sue scarpe di corda,

Quel Villan che vien di Spagna,

Il Giunchiglio gliela fura.

Quindi il meschino,

Nudo e tapino

Vede l’inverno

Restar suo stelo,

Se non in quanto

Mirabil vanto!

Ha schermo eterno

Da freddo cielo,

Perché Natura al merto suo risponde;

Sotto il coperto d’immortal sua fronde.

 

Elp.

Ma il Giunchiglio non fu solo.

Fin dal Polo

Venner quai Goti e Vandali

A seminare scandali

Tra la rozza onestà de’ nostri nasi

A empir cassette, spartimenti, e vasi

Que’ fiamminghi sguaiati

De’ Tardivi lattati.

 

Sir.

E se talun tra’ cenci

E tra’ rimbrenci

Della lacera camicia

Mostrò un po’ di scarnatino,

Ci fe’ tosto il Signorino.

 

Corid.

E quella Segrenna,

Quella Mona Tentenna

Quella pigra e infingarda

Vecchiucciaccia maliarda,

Che spinosa,

Che pelosa,

Leziosa

Permalosa

Spigolistra e stiticuzza

Ogni lato sì le puzza,

Ch’o si pela, o non fiorisce,

E per poco si smarrisce:

La porcheria

Della Gaggia

Che non è che peli e ossa,

Che fracasso non fa ella?

Ti par egli che si possa

Senza scrupol di coscienza

Star col giudizio punto punto in bilico

Per darle precedenza

Su ’l Targone o sul Bassilico?

 

Sir.

Or metti seco

Il prelibato,

Tanto stimato

Bel musco greco,

Che con quel musingretto

Quand’egli è più fresco e schietto

Sempre dipinto a guazzo

Di giallo e paonazzo

Dirà ciascun, che ’l trova,

Che ieri uscì di Santa Maria Nuova.

 

Corid.

Quell’eterne scaturigini

Di frenitidi e di vertigini,

Quei superbacci,

Quei ribaldacci

De’ Tuberosi,

Con quel profumo,

Ch’ha tanto fumo

Son pur noiosi.

Prova un po’ a rigirartegli d’intorno

Sol per un mezzo giorno,

E sappimi poi dire in su la sera

Qual dolce frutto

Tu cogli in tutto

Da quella lor fragranza lusinghiera.

Ell’è a me sì molesta,

Che il sol parlarne fa doler la testa.

 

Elp.

E quel nemico al , quel fior Geranio

Che solo ha olezzo

Quando il nostro Emispero è tutto al rezzo?

 

Corid.

Se non venisse a noi da lido estranio

Lo chiameremmo fior da Pipistrelli.

 

Elp.

Dirai che sian men belli

Gli amanti Girasoli o i Fiordalisi?

 

Sir.

Menodorosi i fulvidi Narcisi?

 

Elp.

Perché (confessol ver) non mi va a sangue,

Posso pigliare errore,

Ma a parlarti col core

All’odorato mio par nulla, e langue

Presso un cesto fiorito di Mortella

E d’una ciocca infin di Nepitella.

 

Sir.

Elp.

Quanto è più grato,

E l’odorato

Quanto gentile ingombra

Quel bel lavoro,

Quel bel tesoro

Figlio d’umore e d’ombra;

Quanto son più vezzose,

Quanto più graziose,

Quanto vaghe a vederle

Quelle filze di perle,

Che in un mar di verdi foglie

Curiosa man raccoglie.

 

Elp.

Coridon deh gira a tondo

Quanti Giardini è al Mondo;

Chiedine, o mio Sirinco,

A Silvio, a Mopso, a Filomeno, a Linco;

Prega che in un t’unisca

Amarillide, Clori, Iri e Corisca

Quant’hanno di più caro,

Di più pregiato e raro,

O sia fiore o verdura.

Che parti di Natura

Credi a me, non avrai mai più perfetti

Di que’ cari Mughetti.

 

Corid.

T’inganni, amico Elpino, e m’ingannai

Teco lunga stagione, Elpino mio;

E ’l vidi ier, ch’a’ mattutini rai

Nuovo stupor s’offerse al guardo mio.

Tu forse crederai che per le poste

Su ’l cavallo d’Astolfo io fossi andato

A passeggiare in qualche Elisio prato,

Ove il Ciel sue ricchezze abbia riposte,

Che mi portasse , dove più verna

Il Cavaliere, il Corridor ch’ha l’ale,

O dove l’Ibla dell’Imperiale

Nutre a Vittoria primavera eterna:

Pensa tu se dal mio prato

Mi son punto allontanato;

Io non ne presi mai più lungo esiglio,

Credo, d’un mezzo miglio.

Io nol scopersi

Dove s’aduni

Gala di fior diversi,

Ma fra siepi tutte pruni,

Non ti creder ch’io vaneggi,

D’una vigna di Lappeggi

Io passeggiava

Col mio Licino,

E contemplava

La pompa del mattino,

Quando improviso, incognito, indistinto,

Ma il più soave ch’i’ sentissi mai

Cinsemi intorno, e sì non molto andai

Ch i’ fui ’n ciascun de’ debol sensi vinto.

Io mi volgo a man destra e pongo mente

Alla siepe, e vi conto undici stelle,

Forse stimate tra la prima gente:

Pareanvidiasse il Ciel cosebelle,

Oh dell’Imperial vedovo sito

Poiché privato s’è di goder quelle!

 

Sir.

Ma in luogoromito

Qual capriccio mai prese alla Natura

Bizzarra di fregiar fiore o verzura?

 

Elp.

Presto, Coridon mio,

Adempi nostra brama

Dinne come si chiama,

Finiscila per Dio,

Deh dinne per tua :

Lo cogliesti, dov’è?

 

Corid.

Flemma ci vuol, se bene io qui non l’ho:

Il tutto narrerò.

Allor d’infra gli sterpi e la verdura

Io colgo un ramo di sei fiori adorno

Coperti d’una guazza pura pura,

Che da un bel palco verde alzando intorno

Di bel sangue di fravola matura,

Quali aperte e quai chiuse al nuovo giorno

Velano in parte le lor foglie intatte,

Foglie che prima scanidaro in latte.

Donde son più ristrette,

Anzi tutte una in prima

Di bianche fila e schiette

Con botton d’oro in cima

Una garza gentile

Esce a fargli monile.

 

Elp.

Mirabil scoprimento!

Dimmil ver Coridone

Per sì raro portento,

Se ’l mio pensier s’appone,

Tu non invidi un pelo

Chi discoperse nuove stelle in Cielo.

 

Sir.

Ma a sì bella sembianza

Gìa del par la fragranza?

 

Corid.

Se gìa del par, Sirinco!

Di sì vago teatro

Nella gentil pittura

Ombra d’odor non v’è molesto ed atro:

Gelsomino in vicinanza,

Fiordarancio in lontananza,

La Mortella,

La Cannella ed il Garofano

Vi fan l’aria in miniatura.

Fino il nome ha vezzoso,

Fino il nome ha amoroso:

Madreselva s’appella

Questa terrena stella.

Credete a me, credete.

 

Sir.

Elp.

Egli è ben giusto:

Ben sappiam che in odori hai fino il gusto,

Né alcun mai gli vendè, sì ben discerne

Lucciole per Lanterne.

 

Sir.

Quel sei tu, che per le rive

Sia dell’Istro, o sia del Reno,

Sia dell’Albi, sia del Meno

Correr festi acque di fiori,

E tant’alme altere e schive

Ammollisti con gli odori.

 

Elp.

E ne’ Regni colà dove Boote

Stampa la forma delle algenti rote

Fra l’opre sue più belle

A forza d’Ambra e di profumi eletti

Rammorbidisti i rigidi dispetti

Delle feroci gotiche Donzelle.

 

Corid.

Orsù i’ vi raccomando

Questa pianta celeste,

Per lei cercar post’ogni fiore in bando

Corran le nosre mani agili e preste.

 

A 3

Su via, su pronti,

Tutti corriamo,

Su via colghiamo

Per valli e monti.

Deh mira

Dove riluce

Più viva luce

Che sarà.

Se i bei càlati frondosi

Ne vedran le Ninfe pieni,

Da’ begli occhi almi e sereni

Quanti avrem guardi amorosi!

Ogni ramo, ed ogni fiore,

Ch’al dolce seno

Avventereno

Porterà forse ascoso dardo al core.

A 3

Su via, su pronti etc.

 

Elp. e Sir.

Dianne ad Elisa, a Berecintia, a Aglaura,

Alla saggia Artemisia, a Filli, a Laura:

 

Elp.

Questa in oggi non fa quel che non vuole,

Ed acque stilla al mondo così sole,

Che il Popol vuole e buzzica gagliardo,

Tanto è il suo far divino,

Ch’abbia grand’amistà con Tentennino.

 

Corid.

Ed io so di buon loco,

Che contro lei d’invidioso fuoco

L’istessa Flora avvampa

E se credo a Tirinto, ha tentazione

D’accamuffarla con l’Inquisizione.

 

Sir.

Povera Ninfa, oh Dio!

Ciò non sapea già io:

Tanto infortunio sua pietà non merta,

Ma più vi vedi la sua gloria aperta.

Or questa e l’altre danbel tesoro,

Se no’ arricchiamo Elpino,

Lascia pur fare a loro.

Se ben io m’indovino

Tante prove e riprove

Ne voglion far sin che con forme nuove

Cavin da questo fior quanto finora

Di buon e bello uscì di seno a Flora.

 

Elp.

Che dubbio? Io giuoco la più grassa Agnella.

 

Corid.

Che dici? E’ poco; io giuoco una Vitella.

A 3

E ch’ogni nostra Ninfa in sì bell’opra

Tutta diman s’adopra,

E ch’obliando amore

Impazza dietro a sì mirabil fiore.

Chi Giulebbi e Cioccolati

Chi ne fa latti all’Inglese,

Chi d’avorio in vago arnese

Chiude balsami pregiati.

Per quando più ferve

In gelida giara,

Chi stempra e prepara

Sorbetti e Conserve;

Chi nuove conce

Ne stempra e mesce,

Né le rincresce

L’Ambra a bigonce,

E Guanti e Borsigli,

Ventagli e Polvigli

Ciascuna asconde e inselva

Tra fior di Madreselva.

Sien Alcorze e sian Pastiglie,

Sien Pivetti o Mantechiglie

Le Profumiere

E le Cunziere,

Quelle per forza e queste per amore,

Tutte spiran questo fiore.

Corid.

Io ch’ogni giorno insacco

La mia libbra di tabacco

Non di quel ch’a tutti i gonzi

Per delizia pellegrina

(Oh sciocchezza sopraffina)

Gabellar fa Poggibonzi:

Ma del fino ed impalpabile

Che ’l bel Rio Gualdalquivir

Qual non venne mai d’Ofir

Manda ai nasi oro fiutabile;

Vuoveder se ve n’è alcuna

Di pietà così digiuna

Che Madreselve a spicciolar si stracchi

Per conciarmene almen quattro o sei pacchi.

Già deposti archi e quadrella,

E ’l collar disciolto a’ cani

Correr veggio in questi piani,

Ogni Ninfa accinta e snella.

Tutte brio, tutte baldanza

Non guardar Pastore in viso

Foss’ei Cefalo o Narciso,

Schizzignose per usanza,

curando augello o belva,

Tutte liete e tutte gaie

Per le siepi e le ragnaie

Gir’ a caccia a Madreselva.

Chi n’adorna il bel collo, e chi le tempie.

Chi scaltra a miglior uso i vasi n’empie.

 

Corid.

Madreselva, mia Madreselva,

Te benedica Flora

E da te scacci ognora

Cruda puntura di volante belva:

 

Elp.

Primo fior di rugiada

Su le tue trecce cada,

E su le sue t’avvolga in Ciel l’Aurora

Qualor di braccio al Vago suo vien fuora.

 

Sir.

Trascelga il suolo e appuri

I sughi suoi più puri

E nelle vene tue dolce gl’istilli.

 

Corid.

I fiati più tranquilli

Ti lusinghino il crine,

 

Elp.

E l’aure mattutine

Alle tue caste foglie

Temprin felici l’amorose voglie.

 

Sir.

E delle Ninfe il Coroprovveggia

Che non conduca a te Pastor mai Greggia.

 

INDICE

 

LETTERE SU LE TERRE ODOROSE ALLA MARCHESA OTTAVIA STROZZI:

I.

5 luglio 1695

II.

12 luglio 1695

III.

19 luglio 1695

IV.

2 agosto 1695

V.

9 agosto 1695

VI.

23 agosto 1695

VII.

6 settembre 1695

VIII.

20 settembre 1695

 

LETTERE SU LE TERRE ODOROSE A MONSIGNOR LEONE STROZZI:

I.

16 febbraio 1693

II.

1 febbraio 1694

III.

30 marzo 1694

IV.

17 aprile 1694

V.

5 settembre 1695

VI.

6 gennaio 1696

VII.

15 maggio 1696

VIII.

23 gennaio 1699

IX.

14 aprile 1699

X.

senza data

XI.

senza data

XII.

25 luglio 1702

XIII.

5 gennaio 1705

 

LETTERE SU GLI ODORI AL CAVALIER D’AMBRA:

I.

Donde possa avvenire che, nel giudicar degli odori, così sovente si prenda abbaglio.

II.

Sopra gli odori

 

SELVA D’UNA LETTERA INEDITA SU GLI ODORI AL PRINCIPE DI TOSCANA

 

CANZONETTE ANACREONTICHE SUI BUCCHERI:

I.

Tabacco con concia di bucchero d’Indie.

II.

Incantesimo in un bucchero nero.

III.

Battaglia di buccheri neri.

IV.

Lode dei buccheri.

V.

Bucchero nero.

VI.

Bucchero nero.

VII.

Lode dei buccheri.

VIII.

Trionfo dei buccheri.

IX.

Buccheri neri.

X.

Buccheri neri.

XI.

Regalo d’un finimento di bucchero nero.

 

DITIRAMBO: La madreselva

 




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