IL FIORE
D’ARANCIO
DITIRAMBO
INTITOLATO
LA
MADRESELVA
(CORIDONE, ELPINO, SIRINCO, Pastori
dell’Ancella)
A
3
|
Oh incontentabile,
Sempre variabile
Uman desio!
Tu sempre aguzzi
I tuoi ferruzzi
Per esser gaio,
E sempre povero
Non dai ricovero
A un vero ben.
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Elp.
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Tu per far servizio a cielo
Ad un naso delicato,
Non contento al natio prato
Di sfiorare ogni suo stelo,
Passi i Monti, e passi i Mari,
Paralleli, Climi, e Zone,
Ed a caccia a’ fior più rari
Vai pe’ boschi del Giappone.
|
Sir.
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Allor che ’l mondo
Era più tondo,
E che saltata
La sua granata
Non avea ancor;
In quell’etate,
Che le frittate
Bocche di Dame for,
E che le cialde
Con gli anicini
Venivan calde Sin su’ festini.
|
Elp. e Sir.
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Bella cosa
Deliziosa,
Amorosa
Era la Rosa.
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Corid.
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Non solo i frati, non sol le monache
La spicciolavan su le lor tonache,
Ma in un vago vasellino
La tenean su l’altarino
Fin gli Abati e le Badesse:
Ma che più?
Le Principesse
D’ogni stagione
N’inghirlandavano
E ne smaltavano
Scettri e Corone.
|
Sir.
|
Recipe sermollin quattro o sei ciocche,
Due fili di Ginestra, e due Tazzette
Con due o tre rami di viole acciocche,
Un fior di spigo, e quattro mammolette,
Due rose bianche, e due di minio tocche
Con un bel cinto d’odorose erbette:
Tanto serviva ad una franca lancia
Per far un mazzolino al Re di Francia.
|
A
3
|
E quando poi ella gli sprofondava
Un bel violo rosso ci cacciava.
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Elp.
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Perché fa su ’l suo paese
Ora più niun l’accarezza,
E ’l disprezza
Non ch’un Principe, un Marchese,
E gli pute ogni fragranza
Se non sa di lontananza.
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Corid.
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Ora Timo, Menta, e Ruta
Chi più fiuta?
|
Elp.
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E ’l sambuco è sol reso oggi galante
Per farne una stiacciata a qualche fante.
|
Sir.
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Al candido Giglio,
Se per miracolo
Un dà di piglio
Ne fa dono a un tabernacolo.
|
Elp.
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Derelitta in siepe, o in macchia
Sì sta fitta, e sì s’acquacchia
Vergognosa
Paurosa
Poverina
Quella Rosa dommaschina
Che si muor sul suo roveto
Se non è per farne aceto.
|
A
2
|
Vago colore,
Soave odore
Può dar Natura ad ogni nostro fiore,
Ch’ognun, perché non è d’estranio clima,
A chi lo stima
Fa lima lima.
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A
3
|
Val bene un tesor
Val bene un Perù,
Se vien dal Tolù,
Se vien dal Mogor.
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Elp.
|
E ciò perché?
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A
3
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E sol mercè
D’incontentabile
Sempre variabile
Uman desio
Che tutto ciò, che più anelante ei volle,
Se divenne comun tosto il disvolle.
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Elp.
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In ogni campo, in ogni piaggia aprica
Senz’ombra di fatica
A noi nasce il Gelsomino:
Ma perché nasce a bizzeffe
Ne fa beffe
Ogni giardino,
E non ad altro agogna,
Ch’a infiorarsi di quel di Catalogna.
|
Sir.
|
E questo assai non gli è,
S’e’ non ci ha la spuzzetta del Gimè.
|
Corid.
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Perché nascono in Orinci
Quelle Rose pennacchiate,
Le listate,
Cannellate
Vedi fare il quindi e ’l quinci
Al curioso quando ei l’ha.
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Elp.
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E pur niuna di lor nulla sa.
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Cor.
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Or s’a mutolo fior tu vuoi dar vanto,
Che manch’egli all’Amaranto?
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Sir.
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Forse cede al Tulipano?
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Elp.
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O a Pennacchio persiano?
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Sir.
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Se i Rannuncoli, e gli Anemoni
E gli Anargemoni
Ci facessero pe’ prati,
Che sarebbero stimati?
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C. E.
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Certo non più che i fior vermigli e gialli
Che senz’alcun riguardo
Con piè veloce, o tardo,
Ogni Ninfa e Pastor preme ne’ balli.
|
Sir.
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Quel bell’imbusto,
Quel vago fusto
Del Giacinto emerocallide,
Che novello fe’ qui tanto rumore!
Lo vedi pur languire in sì brevi ore
E far le foglie sue di bianche pallide.
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Corid.
|
Dell’Arancio il fiore amabile
Maestoso,
Imperioso,
Che rinfonde spirti al core,
Ed al cerebro vigore
Con fragranza sì ammirabile:
Al dolce tempo dell’età primiera,
Che non era
Sì incontentabile
Così variabile
L’uman desio;
Ma che fu vago,
Ma che fu pago
Solo d’odor natio,
Questi fu sempre il primo onore,
Questi fu l’alma, questi fu ’l core
Delle vaghe forosette
Se tessevan ghirlandette.
Di questo pieno
Vollero il seno
Ninfe e Reine
Su l’ore mattutine:
E verso ’l tardi,
Deposti i dardi,
E le faretre,
A suon di cetre,
Per bei boschetti,
Pedali eletti
Scuoteano a gara,
Mentre prepara
All’amoroso nembo
Ciascuna il vel del grembo:
E Flora, che n’impazza
Peggio d’una ragazza
Tutta s’aggira,
E si rigira,
E toe di questo, e toe di quello,
Questo ha più odore, quest’è più bello;
E poi ch’un pezzo in giudicar s’impiccia,
S’attiene a quel, ch’è dalla foglia griccia.
|
Elp.
|
Dice ’l ver Coridone,
Dietro all’alta magione
Di lei, che in fosco vel tutta risplende
Per maestà sì lucida e serena,
Qual già fu vista per la via superna
La luce nata appena
Lottar con l’ombre della notte eterna;
Io la vidi testè nella selvetta,
Le di cui verdi trecce amica l’Alba
Lava in rugiada eletta,
E poi di fiori inalba,
Con cento Ninfe alla bell’opra intesa
Ornarsi il crin dell’odorosa gloria,
E poi ch’apprese a risonar Vittoria
Ai prati, all’acque, ai profumati venti,
L’udii con quest’orecchie in questi accenti.
In quel bacile, che chiamasi l’Aja
Còmene un moggio, dolcissima Aglaja,
Còmene un moggio, e recalo a me.
Sporticine e canestruzze,
Guantieruzze e panierine
Empian altre a insalatine:
Vassoietti miniati,
Corbelletti inargentati
Per le man di Monachine
Colmi un’altra a roselline;
Via, su, Ninfe, aiutate a portare:
Via su Ninfe ajutate a portare,
Ognuna colmila,
Nessuna votila;
E colmata recatela a me.
Oh come dolce il naso titillami!
Come gli spirti soave assottigliami!
Questa gioia, questo fiore,
Che pe ’l naso mi sdrucciola al core.
Io ne vo matta
Più che la
Gatta
Non va del lardo:
Io n’ho l’alma e ’l cuore insano,
Alcatoe, se me lo credi,
Quanto il Bacco del mio Redi
Sia del suo Montepulciano.
Io mi ci smammo, mi ci strasecolo,
E men n’intendo, qual più ci specolo;
Onde ognuno, che di Flora
Riverente il Nume onora,
Ascolti odorosissimo decreto,
Ch’ella stessa pronunzia in sul tappeto
Di questi cari fiori, e gli dia fè:
Il fior d’Arancio d’ogni fiore è Re.
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Corid.
|
Sfortunata investitura!
Chi più in oggi gliel’accorda?
Per la via della montagna,
Con le sue scarpe di corda,
Quel Villan che vien di Spagna,
Il Giunchiglio gliela fura.
Quindi il meschino,
Nudo e tapino
Vede l’inverno
Restar suo stelo,
Se non in quanto
Mirabil vanto!
Ha schermo eterno
Da freddo cielo,
Perché Natura al merto suo risponde;
Sotto il coperto d’immortal sua fronde.
|
Elp.
|
Ma il Giunchiglio non fu solo.
Fin dal Polo
Venner quai Goti e Vandali
A seminare scandali
Tra la rozza onestà de’ nostri nasi
A empir cassette, spartimenti, e vasi
Que’ fiamminghi sguaiati
De’ Tardivi lattati.
|
Sir.
|
E se talun tra’ cenci
E tra’ rimbrenci
Della lacera camicia
Mostrò un po’ di scarnatino,
Ci fe’ tosto il Signorino.
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Corid.
|
E quella Segrenna,
Quella Mona Tentenna
Quella pigra e infingarda
Vecchiucciaccia maliarda,
Che spinosa,
Che pelosa,
Leziosa
Permalosa
Spigolistra e stiticuzza
Ogni lato sì le puzza,
Ch’o si pela, o non fiorisce,
E per poco si smarrisce:
La porcheria
Della Gaggia
Che non è che peli e ossa,
Che fracasso non fa ella?
Ti par egli che si possa
Senza scrupol di coscienza
Star col giudizio punto punto in bilico
Per darle precedenza
Su ’l Targone o sul Bassilico?
|
Sir.
|
Or metti seco
Il prelibato,
Tanto stimato
Bel musco greco,
Che con quel musin sì gretto
Quand’egli è più fresco e schietto
Sempre dipinto a guazzo
Di giallo e paonazzo
Dirà ciascun, che ’l trova,
Che ieri uscì di Santa Maria Nuova.
|
Corid.
|
Quell’eterne scaturigini
Di frenitidi e di vertigini,
Quei superbacci,
Quei ribaldacci
De’ Tuberosi,
Con quel profumo,
Ch’ha tanto fumo
Son pur noiosi.
Prova un po’ a rigirartegli d’intorno
Sol per un mezzo giorno,
E sappimi poi dire in su la sera
Qual dolce frutto
Tu cogli in tutto
Da quella lor fragranza lusinghiera.
Ell’è a me sì molesta,
Che il sol parlarne fa doler la testa.
|
Elp.
|
E quel nemico al dì, quel fior Geranio
Che solo ha olezzo
Quando il nostro Emispero è tutto al rezzo?
|
Corid.
|
Se non venisse a noi da lido estranio
Lo chiameremmo fior da Pipistrelli.
|
Elp.
|
Dirai che sian men belli
Gli amanti Girasoli o i Fiordalisi?
|
Sir.
|
Men’odorosi i fulvidi Narcisi?
|
Elp.
|
Perché (confesso ’l ver) non mi va a sangue,
Posso pigliare errore,
Ma a parlarti col core
All’odorato mio par nulla, e langue
Presso un cesto fiorito di Mortella
E d’una ciocca infin di Nepitella.
|
Sir.
Elp.
|
Quanto è più grato,
E l’odorato
Quanto gentile ingombra
Quel bel lavoro,
Quel bel tesoro
Figlio d’umore e d’ombra;
Quanto son più vezzose,
Quanto più graziose,
Quanto vaghe a vederle
Quelle filze di perle,
Che in un mar di verdi foglie
Curiosa man raccoglie.
|
Elp.
|
Coridon deh gira a tondo
Quanti Giardini è al Mondo;
Chiedine, o mio Sirinco,
A Silvio, a Mopso, a Filomeno, a Linco;
Prega che in un t’unisca
Amarillide, Clori, Iri e Corisca
Quant’hanno di più caro,
Di più pregiato e raro,
O sia fiore o verdura.
Che parti di Natura
Credi a me, non avrai mai più perfetti
Di que’ cari Mughetti.
|
Corid.
|
T’inganni, amico Elpino, e m’ingannai
Teco lunga stagione, Elpino mio;
E ’l vidi ier, ch’a’ mattutini rai
Nuovo stupor s’offerse al guardo mio.
Tu forse crederai che per le poste
Su ’l cavallo d’Astolfo io fossi andato
A passeggiare in qualche Elisio prato,
Ove il Ciel sue ricchezze abbia riposte,
Che mi portasse là, dove più verna
Il Cavaliere, il Corridor ch’ha l’ale,
O dove l’Ibla dell’Imperiale
Nutre a Vittoria primavera eterna:
Pensa tu se dal mio prato
Mi son punto allontanato;
Io non ne presi mai più lungo esiglio,
Credo, d’un mezzo miglio.
Io nol scopersi
Dove s’aduni
Gala di fior diversi,
Ma fra siepi tutte pruni,
Non ti creder ch’io vaneggi,
D’una vigna di Lappeggi
Io passeggiava
Col mio Licino,
E contemplava
La pompa del mattino,
Quando improviso, incognito, indistinto,
Ma il più soave ch’i’ sentissi mai
Cinsemi intorno, e sì non molto andai
Ch i’ fui ’n ciascun de’ debol sensi vinto.
Io mi volgo a man destra e pongo mente
Alla siepe, e vi conto undici stelle,
Forse stimate tra la prima gente:
Parea ’nvidiasse il Ciel cose sì belle,
Oh dell’Imperial vedovo sito
Poiché privato s’è di goder quelle!
|
Sir.
|
Ma in luogo sì romito
Qual capriccio mai prese alla Natura
Bizzarra di fregiar fiore o verzura?
|
Elp.
|
Presto, Coridon mio,
Adempi nostra brama
Dinne come si chiama,
Finiscila per Dio,
Deh dinne per tua fè:
Lo cogliesti, dov’è?
|
Corid.
|
Flemma ci vuol, se bene io qui non l’ho:
Il tutto narrerò.
Allor d’infra gli sterpi e la verdura
Io colgo un ramo di sei fiori adorno
Coperti d’una guazza pura pura,
Che da un bel palco verde alzando intorno
Di bel sangue di fravola matura,
Quali aperte e quai chiuse al nuovo giorno
Velano in parte le lor foglie intatte,
Foglie che prima scanidaro in latte.
Donde son più ristrette,
Anzi tutte una in prima
Di bianche fila e schiette
Con botton d’oro in cima
Una garza gentile
Esce a fargli monile.
|
Elp.
|
Mirabil scoprimento!
Dimmi ’l ver Coridone
Per sì raro portento,
Se ’l mio pensier s’appone,
Tu non invidi un pelo
Chi discoperse nuove stelle in Cielo.
|
Sir.
|
Ma a sì bella sembianza
Gìa del par la fragranza?
|
Corid.
|
Se gìa del par, Sirinco!
Di sì vago teatro
Nella gentil pittura
Ombra d’odor non v’è molesto ed atro:
Gelsomino in vicinanza,
Fiordarancio in lontananza,
La
Mortella,
La
Cannella ed il Garofano
Vi fan l’aria in miniatura.
Fino il nome ha vezzoso,
Fino il nome ha amoroso:
Madreselva s’appella
Questa terrena stella.
Credete a me, credete.
|
Sir.
Elp.
|
Egli è ben giusto:
Ben sappiam che in odori hai fino il gusto,
Né alcun mai gli vendè, sì ben discerne
Lucciole per Lanterne.
|
Sir.
|
Quel sei tu, che per le rive
Sia dell’Istro, o sia del Reno,
Sia dell’Albi, sia del Meno
Correr festi acque di fiori,
E tant’alme altere e schive
Ammollisti con gli odori.
|
Elp.
|
E ne’ Regni colà dove Boote
Stampa la forma delle algenti rote
Fra l’opre sue più belle
A forza d’Ambra e di profumi eletti
Rammorbidisti i rigidi dispetti
Delle feroci gotiche Donzelle.
|
Corid.
|
Orsù i’ vi raccomando
Questa pianta celeste,
Per lei cercar post’ogni fiore in bando
Corran le nosre mani agili e preste.
|
A
3
|
Su via, su pronti,
Tutti corriamo,
Su via colghiamo
Per valli e monti.
Deh mira là
Dove riluce
Più viva luce
Che lì sarà.
Se i bei càlati frondosi
Ne vedran le Ninfe pieni,
Da’ begli occhi almi e sereni
Quanti avrem guardi amorosi!
Ogni ramo, ed ogni fiore,
Ch’al dolce seno
Avventereno
Porterà forse ascoso dardo al core.
|
A
3
|
Su via, su pronti etc.
|
Elp. e Sir.
|
Dianne ad Elisa, a Berecintia, a Aglaura,
Alla saggia Artemisia, a Filli, a Laura:
|
Elp.
|
Questa in oggi non fa quel che non vuole,
Ed acque stilla al mondo così sole,
Che il Popol vuole e buzzica gagliardo,
Tanto è il suo far divino,
Ch’abbia grand’amistà con Tentennino.
|
Corid.
|
Ed io so di buon loco,
Che contro lei d’invidioso fuoco
L’istessa Flora avvampa
E se credo a Tirinto, ha tentazione
D’accamuffarla con l’Inquisizione.
|
Sir.
|
Povera Ninfa, oh Dio!
Ciò non sapea già io:
Tanto infortunio sua pietà non merta,
Ma più vi vedi la sua gloria aperta.
Or questa e l’altre dan sì bel tesoro,
Se no’ arricchiamo Elpino,
Lascia pur fare a loro.
Se ben io m’indovino
Tante prove e riprove
Ne voglion far sin che con forme nuove
Cavin da questo fior quanto finora
Di buon e bello uscì di seno a Flora.
|
Elp.
|
Che dubbio? Io giuoco la più grassa Agnella.
|
Corid.
|
Che dici? E’ poco; io giuoco una Vitella.
|
A
3
|
E ch’ogni nostra Ninfa in sì bell’opra
Tutta diman s’adopra,
E ch’obliando amore
Impazza dietro a sì mirabil fiore.
Chi Giulebbi e Cioccolati
Chi ne fa latti all’Inglese,
Chi d’avorio in vago arnese
Chiude balsami pregiati.
Per quando più ferve
In gelida giara,
Chi stempra e prepara
Sorbetti e Conserve;
Chi nuove conce
Ne stempra e mesce,
Né le rincresce
L’Ambra a bigonce,
E Guanti e Borsigli,
Ventagli e Polvigli
Ciascuna asconde e inselva
Tra fior di Madreselva.
Sien Alcorze e sian Pastiglie,
Sien Pivetti o Mantechiglie
Le Profumiere
E le Cunziere,
Quelle per forza e queste per amore,
Tutte spiran questo fiore.
|
Corid.
|
Io ch’ogni giorno insacco
La mia libbra di tabacco
Non di quel ch’a tutti i gonzi
Per delizia pellegrina
(Oh sciocchezza sopraffina)
Gabellar fa Poggibonzi:
Ma del fino ed impalpabile
Che ’l bel Rio Gualdalquivir
Qual non venne mai d’Ofir
Manda ai nasi oro fiutabile;
Vuo’ veder se ve n’è alcuna
Di pietà così digiuna
Che Madreselve a spicciolar si stracchi
Per conciarmene almen quattro o sei pacchi.
Già deposti archi e quadrella,
E ’l collar disciolto a’ cani
Correr veggio in questi piani,
Ogni Ninfa accinta e snella.
Tutte brio, tutte baldanza
Non guardar Pastore in viso
Foss’ei Cefalo o Narciso,
Schizzignose per usanza,
Né curando augello o belva,
Tutte liete e tutte gaie
Per le siepi e le ragnaie
Gir’ a caccia a Madreselva.
Chi n’adorna il bel collo, e chi le tempie.
Chi scaltra a miglior uso i vasi n’empie.
|
Corid.
|
Madreselva, mia Madreselva,
Te benedica Flora
E da te scacci ognora
Cruda puntura di volante belva:
|
Elp.
|
Primo fior di rugiada
Su le tue trecce cada,
E su le sue t’avvolga in Ciel l’Aurora
Qualor di braccio al Vago suo vien fuora.
|
Sir.
|
Trascelga il suolo e appuri
I sughi suoi più puri
E nelle vene tue dolce gl’istilli.
|
Corid.
|
I fiati più tranquilli
Ti lusinghino il crine,
|
Elp.
|
E l’aure mattutine
Alle tue caste foglie
Temprin felici l’amorose voglie.
|
Sir.
|
E delle Ninfe il Coro sì provveggia
Che non conduca a te Pastor mai Greggia.
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INDICE
LETTERE SU LE TERRE ODOROSE ALLA MARCHESA OTTAVIA STROZZI:
LETTERE
SU LE TERRE ODOROSE A MONSIGNOR LEONE STROZZI:
LETTERE
SU GLI ODORI AL CAVALIER D’AMBRA:
SELVA
D’UNA LETTERA INEDITA SU GLI ODORI AL PRINCIPE DI TOSCANA
CANZONETTE
ANACREONTICHE SUI BUCCHERI:
DITIRAMBO: La madreselva
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