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Lorenzo Magalotti
Lettere odorose

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  • LETTERE SU LE TERRE ODOROSE   A MONSIGNOR LEONE STROZZI
    • Firenze, 6 gennaio 1696.
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Firenze, 6 gennaio 1696.

 

Voi avete il disegno esattissimo, e la disposizione ottima, ma il colorito manca di quella fierezza lombarda, che darebbe l’anima al disegno e alla disposizione. Che miserabile stentatura è mai stata quella, dopo aver pensato così bene, di non aver saputo eseguire il disegno col pesa piano, e col fiasco su la cassetta de’ Buccheri? Iddio ve lo perdoni. Una disinvolturona di questa sorta vi metteva in un posto dove non vi metteranno né le medaglie, né i cammei, né i cristalli, né le conchiglie, né l’istessa istoria de i marmi, quando passerà da quel protocollo di cartone a un libro stampato dal Cramoisy, e legato in marrocchino color di fuoco tutto dorato. Non dico tout relevé en bosses d’or, perché questo trattamento si riserba solamente all’opere che trattano di Buccheri, come quello d’essere accolto in porpora solamente a i figliuoli degl’Imperatori d’Oriente. Anzi a questo proposito, per quanto mi scordassi di farne un codicillo, avvertite bene, quando dopo la mia morte resterà dispensato il gran divieto, toccante l’istoria de’ Buccheri, e che da un palchetto del più recondito necessario, che abbiate in casa, passerà quel famoso codice alla luce della vostra libreria, avvertite bene, dico, a non farlo legare altrimenti che secondo il modello che già ne tenete; con avvertenza di non valervi d’altro ricamatore che di quello che solo giudicai capace di condurre un chef d’oeuvre di quella sorta. Del resto ringraziate Iddio che io non sono in grado di potere sperare d’approfittarmi delle discordie domestiche di Casa Strozzi, che per altro vorrei attaccarvi un campanello con la vostra sig. Cognata da doverlo voi descrivere assai diversamente da come descrisse Dante quell’altro nel Purgatorio, o sia nel Paradiso, salvo il vero

 

Tintin sonando con sì dolce nota,

Che la dolcezza ancor dentro mi suona.

 

Il mio, vorrei che vi obbligasse a quella medesima attitudine, nella quale si veddero nel Concilio di Nicea tutti quei 318 Padri, al sentire le proposizioni d’Arrio. Una cassetta di Buccheri in mano a Giannettone cocchiere eh? M’aspetto che una volta che mi bisogni chiedervi, per coltura di qualche pianta esotica, una carriuola di stabbio, vi risolviate a mandarmela in occasione del passaggio di qualche Regina, di ritorno a’ suoi Stati, dopo essere stata a vedere il Culiseo. E poi, per resto del carlino, aver avuto l’ardire di consultare colla sig. Marchesa, o almeno di pensarlo (giacché non credo che vi ci siate arrisicato) di mandarmi a donare un Bucchero per sorte, intero. Quanto mai siete addietro a conoscere i Buccheri! Non sapete voi, che questi portano seco un diritto incontestabile d’inalienabilità per chiunque li possiede, privativamente a ogni stato, sesso, e condizione di persona, per modo che, se la sig. Marchesa Strozzi, che è chi ell’è, ne chiedesse uno a me, che sono un povero scalzacani, io le darei un no tanto fatto? Per illuminarvi, vi darò l’istessa regola che detti l’anno passato a una Dama, che cominciava a aprire gli occhi a questo diletto. Infino a tanto che quando uno viene a proporre a V. S. di cambiare uno de’ suoi Buccheri con una possessione, ella non si sente suscitare una rabbia che l’obblighi a far gettare colui dalla finestra da’ suoi staffieri, V. S. non si dia mai ad intendere d’aver fatto il primo passo fuori della barbarie. Mettetevi la mano al petto, e vedete quanto voi vi troviate ancora inabissato nella vostra; e pure habes domesticam formatricem. Poveretto! Per vostra notizia la cassetta non comparisce. Iddio aiuti Giannettone al passo di tanti fiumi in tempi così rotti, e vi reverisco con due cuori.




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