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Sebastiano Satta
Canti

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  • CANTI BARBARICINI
    • Antelucane
      • SALUTO AI GOLIARDI DI SARDEGNA
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SALUTO AI GOLIARDI DI SARDEGNA

Per il Congresso universitario sardo tenutosi in Nuoro

 

Odi? essi giungono, o Madre, o Patria!

Essi che cantano l’inno dell’avvenire.

Or tu lascia la crocea benda, che male avvolseti

Al fiero capo il torbido giorno delle ire;

Cingi la benda candida e affacciati

Alta, dei monti sul limitare

Tremolo d’elci nere, e ben volino

In alto gli animi e gli inni e i falchi ad augurare!

 

Vedi? a Te giungono dal golfo ondisono

Curvo sul lucido mar come arco di luna;

Dai bei lidi che videro la vela infaticabile

Di Ulisse, volta alle isole della Fortuna.

A te ne vengono dalla magnanima

Città che levasi bianca tra brune

Selve pacifiche, dove ancor vibrano,

Da mura dirùte, i fieri sensi del suo Comune.

 

E Tu con ospite core, Tu accoglili,

O Madre, o Patria! Non più essi agli impronti

Sogni concedon l’anima, ma vindici ad un vindice

Lor richiamo, ecco levano le balde fronti.

Per poco il nitido pennecchio or dunque

Posin le mani, o Madre, e il tetro

Stame dei negri velli, e la nobile

Ròcca, di gracili intagli insigne, come uno scettro.

 

Posino l’opere. Ed il più fervido

Tuo vino mescasi, e si spezzi il tuo pane

Più puro; per lor, vittima fausta, s’impiaghi il fulgido

Cignale entro le fumide forre montane.

Sentano l’anima Tua dentro l’anima

Buona, nell’anima loro che anela

Alle fontane schiuse tra i vergini

Fiori, ai tuoi vertici arsi ove l’aquila e il cor s’inciela.

 

Lascia la crocea benda, che avvolseti

Al capo il torbido giorno di rabide ire.

Ascolti? a Te ne vengono, primavera dell’anima

Nostra, e a Te l’inno cantano dell’avvenire.

Per sempre snebbiano via con le nuvole

I truci sogni dinanzi a loro:

Eccoti il vino, il vin purpureo

Dei colli, mescilo nell’ospitale tua coppa d’oro!

 

Non io. Nel calice mio più non fumiga

Il vino ambrosio della mia giovinezza,

Pure, se ancor sull’invido cuor passi il vostro cantico,

Sfolgorante di indomita fede e fortezza,

Sentirò, o liberi Goliardi, l’èmpito

Del dolce sogno, sogno che fu,

E che ancor memore sorge dall’anima

Cercando il cantico, cercando il sole di gioventù.




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