IL NATALE DI
LAZZARO
I
Vedi è Natale: scende dai pertugi
Del soffitto la luna e imperla un velo
Sull’insonne occhio tuo. Negli stambugi,
Se c’è la luna, vi si addoppia il gelo.
Odi? rombano, cantan con anelo
Empito le campane, e tu trangugi
Fiele, ed i tuoi pensier, neri segugi
Arrandellati, abbaian contro il cielo.
Oh! D’april, quando è Pasqua, nel profondo
Ciel v’arde fuoco, e sono pie le fonti,
E vi ha di molta erbuccia e radichelle…
Ma a Natale hanno aguzzi rai le stelle;
Son chiusi i cuori e son fredde le fronti,
E muto e nero e senza sole è il mondo.
II
Tu ascolti e vedi in sogno. Ecco il fiorito
Desco e, tra molto acciottolìo sonoro
E canti, ecco il majal, di sacro alloro,
Come un cesareo vate, redimito.
Borghesi e filistei parlan fra loro
Di Gesù nato e sognano il convito
Celeste… e mangian lenti, con decoro,
Ché il cibo è assai, più assai che l’appetito.
Ma tu balzi fantasma, alto, ed ascolti
Giù dall’abisso della via salire
L’ululo estremo di cognati cuori….
Sovra le turbe passano bagliori
Di nembo e tuoni, di corrucci e d’ire!
Guardan dall’ombra disperati volti.
Dicembre 1903
Mattino
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