Anima, ascolti? Un grido di vittoria
È in cielo. Passan le aquile. Al supremo
Vertice sali, e là, sogna l’estremo
Sogno di gloria.
Ascendi. Non qui il tinnulo lamento
Degli armenti, o di nostra vita i segni.
È qui la pace: e sono questi i regni
Ermi del vento.
E già sul vento levansi, da monte
Spada, spettri di nubi. Sopra il cuore
È un’ombra: son passati. Nel chiarore
Sùbito, un fonte
Luccica e scroscia. Odorano le valli
Di serpillo e di quercia; erti fra l’erbe
Aspre, poggian nitrendo a queste acerbe
Aure i cavalli.
Ecco, è la cima. Come aërea regna
Il cielo, qual la vidi nel desìo!
Oh, che tutta ti abbracci oggi col mio
Cuore, Sardegna,
Tutta! Dai picchi dove la mattina
Stanno i vecchi pastori a rimirare,
Alti fra i greggi bianchi, il tremolare
Della marina;
Ai piani dove van silenzïose
Ombre di mandre e nubi; ai bei meandri
Delle gole, ove intesson gli oleandri
Serti di rose;
Ai ruderi del grande Enosigeo
Memori, proni tra i lentischi e i mirti,
E a quelle che te vider, sarde sirti,
Divo Aristeo.
Deh! da quanto mistero arso di lande
Tendon gli animi a te, siderea vetta.
E tu ti stai, vigilia eterna, eretta
Al nembo e al grande
Ciel, che s’inarca sul perpetuo pianto
Del mare. E sai di nostra stirpe i fati,
E udisti — o gloria! — dopo i disperati
Impeti, il canto
Della vittoria, quando dai confini
Dei monti balenarono, su gli adri
Valichi, i vostri flammei avvisi, o padri
Barbaricini.
Or nella notte irrompe pe’ deserti
Valloni la bardana: alti, nei neri
Manti, passano torvi cavalieri
Tastando i certi
Schioppi, se senton ridere nel cuore
L’odio. Pur qui, mondo di crucci e d’ire,
Salì un giorno, guardando all’avvenire,
Un vïatore.
E sull’ultimo sasso, su cui vola
L’aquila e il vento, e ha serto di vïole
Selvaggie, scrisse — e riguardava il sole —
Una parola.
E qui fiammeggia… O nubi, e tu, randagia
Aura, ditela voi nel volo vostro
L’alta parola. E tu, terra del nostro
Sogno, Barbagia,
Accoglila nel cuor, come del lento
Verno il germe nel buon solco si accoglie;
E tu vedrai dal tuo Monte, che ha soglie
Sacre, di argento,
Scender la Gioia. Tu vedrai sui monti
Fiammeggiare quel giorno le bandiere
Del sole; tutte tutte le bandiere
Dei tuoi tramonti.
Darà serti di pace l’olivastro
Della tua tanca: i tuoi figli, i pastori,
Sentiranno levarsi dai lor cuori
Selvaggi un astro.
Oh benedetta per la tua ventura,
Come lo fosti per il tuo dolore!
Sii benedetta per il nostro amore,
Barbagia, pura,
Pia madre che ci nutri di tua forza.
Sii benedetta per i limitari
Schiusi all’ospite; per i focolari
Dove non smorza
Mai la fiamma l’anziano; per il pane
E per il latte dato al vïandante
Ed al ramingo; per la greggia errante
Che alle fontane
Scende col sole, mite e bianca, a bere;
— E intorno stanno le cavalle e i cani
E i servi: e quei che se ne van pe’ piani
E le brughiere,
Cercando i redi, richiamando a nome
Le agnelle, sperse giù, nel temporale:
E han sandali di pelle di cignale,
E intonse chiome:
E sanno nelle costellazïoni
Legger l’ora del tempo, e senza freni
San domare i polledri, e son sereni,
Gagliardi e buoni —
Sii benedetta per le tue capanne
Dove tra i salmi passano leggende:
Dove, nei vespri, ronzan le tremende
Tue ninnenanne;
Per le selve che al cuore che dolora
Danno sensi di forza e melodia,
Quando vi scorre trepida, su via
Di fior, l’Aurora;
Per le tue donne che tra vagli e spole
Dicon lor tristi canti; per i vecchi
In molte opere esperti; pe’ pennecchi
Tremuli al sole
Come fronda di pioppo; per l’eletta
Tua nuova sorte; per il tuo dolore;
Per l’odio nostro; per il nostro amore:
Sii benedetta!
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