Egli guardò, guardò con quei sereni
Occhi suoi che vedeano oltre l’errore
Ed oltre il male, e vide in tutti i seni
Crescer alte le selve e, tra il fragore
Delle acque, udì sol rompere quel grido
Che lancia dalla sua rupe l’astore.
Ed una turba ignota che avea nido
In antri e spechi vide, ed a quei mesti
Disse: — Venite a me. Ecco, io vi guido
Verso il Sogno. Rifiorirà con questi
Sterpigni luoghi anche la vostra vita,
E a voi saranno tutti manifesti
I doni della terra. — Redimita
La fronte del gran Sogno, così il saggio
Parlò ai dolenti e agli umili; e brandita
Con le mani incolpevoli, nel raggio
Del sol, la scure, irrompe tra le selve
Profonde e tra i dirupi. Al suo passaggio
Cedean le secolari ombre e le belve,
Ed egli urgeva, e alla siderea testa
Gli si avvolgean le agresti madriselve,
Spontaneamente. Ma poi che funesta
Grandeggiava ancor l’ombra, egli il divino
Incendio indusse, e suscitò la festa
Delle pronube fiamme. Indi, al mattino
— Ardean sui monti gli astri ultimi e i roghi —
Trasse l’aratro, e il fumido cammino
Aprì dei solchi. Procedeano i gioghi
Lenti, silenti: ed ei con atto grave
La stiva dalle valli agli alti luoghi
Reggea come il timone d’una nave
Volta a lidi promessi. Le sementi
Dalla sua mano si spargean soave-
mente sulla pia terra, e dai ridenti
Cieli scendeano augei non visti in pria,
Sugli aratri sui solchi e le sorgenti:
Poi risalian con nova melodia
Cantando oltre le nubi, incontro al sole,
Sì che il ciel ne tremava d’armonia.
E parole di pace, alte parole
Non mai prima profferte, da quei cuori
Tetri rompeano, come romper suole
Dal greppo l’elce. Ed ecco dai pianori
Crescer la messe che dà il pane, e in serti
Pampinei la vite che i dolori
Scioglie e le cure. Oh scesa dagli aperti
Cieli, da tutti i cieli, alba invocata
Nell’ombra! Ora non più per i deserti
Salti con occhio torbido l’uom guata
Il fratello, né più van come lupe,
E scalze e scarne sovra la brinata,
Tristi donne accattando dalle cupe
Macchie la bacca del lentisco e il frutto
Del caprifico su da rupe a rupe.
Ché già da tutti gli orizzonti a tutto
Il cielo, tra il tumulto del lavoro
Redentore, ed il fremito del frutto
Vinto, e il brusir dei solchi, balza il coro
Arvale, e assiduo splende ad ogni cuore
Dall’aie colme di covoni d’oro
Il tuo spirito, o Dio Seminatore!
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