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Sebastiano Satta Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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IL CANTO DELLA BONTÀPer il primo Congresso dei Maestri sardi tenutosi in Nuoro
Fabbro, che sull’incudine sai battere il fecondo Vomere, e, se lo voglia il Dritto, anche la spada; Tu che inondi di sònito e luce la contrada, Già prima che la stella lasci il ridesto mondo; Seminator, che il solco segni tra i pigri veli Del novembre, e la stiva reggi devotamente, Come una croce, e versi dal pugno la semente, E dal cuor la speranza, grande, guardando i cieli;
Uomo dei campi, che col tuo nobile ferro Strazî, per fecondarlo, il faticoso cuore Della terra, onde poi il calice ha il licore, La lampana la fiamma, e l’ombra arguta il cerro; Pastore, irto di pelli, che, quando dalla reggia Del monte rompe il nembo, col vento e la bufera, Vai fosco e taciturno, pensando nella sera Con egual core ai figli e ai redi della greggia;
E donne, o voi bendate ai dì mesti di croco, Che coronate di ninnananne divine E le culle e le bare; voi madri, voi regine, Caste custoditrici del lievito e del fuoco: Udite, udite! Vengono, ecco, al rupestre nido Nostro i piccoli padri! A lor, sì come dopo La pia fatica, dite il canto, e di piropo Ogni anima fiammeggi nell’affettuoso grido!
Vengono i dolci padri di tutti i figli: i buoni Pastor che danno il timo all’orfano agnelletto: I fabbri di virtù: i saggi che al negletto Fior dan la luce; gli uomini delle seminagioni. Dite il canto. Ma quale canto, o figli, dirà L’anima vostra, in cui, come in non tocca selce, Non desta è ancor la fiamma? Ah! voi spargete l’elce Ed intrecciate solo pensieri di bontà!
O figli, o figli! quanto arse in fondo all’oscura Anima nostra di odio, in voi arda d’amore. O Bontà, rideranno precinti dal candore Tuo tutti i sensi e i sogni della Città futura. Oh siate buoni! nulla vi sarà di più grande E di più augusto che la Bontà, sotto il sole. I canti degli eroi non valgon le parole Del giusto, e il rosso alloro non val le pie ghirlande.
L’anima vi trabocchi di amor, come una coppa Di latte; nel perdono vostro amate pur quelli Che si nutrono d’odio: anch’essi son fratelli Nostri, ed intorno a loro fu vasto il pianto e troppa L’ombra; versate il vostro balsamo anche sul male Che è nel cuore dell’uomo; amate anche il felice Inesperto del pianto; anche la meretrice Amate, e il folle e il truce ed il micidïale.
Nulla sarà più grande di questo amore e un vano Sogno fu ogni altra cosa! All’uomo che il coltello Brandì torvo nell’ira, mormorate: Fratello! E il ferro gli cadrà dalla snodata mano. Alla donna che strugge nell’opera servile Il dì di giovinezza: alla negletta ancella Che anela scalza ed arsa, mormorate: Sorella! E il cuor le tremerà come fiore in aprile.
Amate ogni vivente creatura: ogni cosa Viva: il fior della Vita! La cicuta e la spica, La vipera e l’implume, l’aquila e la formica, La fronda del cipresso e il fiore della rosa. E nulla, o figli, ai piccoli vostri padri sarà Più dolce che la vostra ben divinata messe. O nati a suggellare le fulgide promesse, Spargete l’elce e i sogni di pace e di bontà. |
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