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Sebastiano Satta Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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GARIBALDI...ai pastori sul monte, nel crepuscolo del mattino
Io dissi ai pastori: — Pastore Chiomato, coperto di sacco, Che prima che balzi l’astore Dai vertici lasci il bivacco, E guidi col saggio vincastro La greggia che sale con l’astro E torna con l’astro, all’albore;
Fratello che dici: Lo guardi Iddio! quando tocchi il trifoglio, Saliamo le cime dai tardi Tramonti, e vedremo lo scoglio Dove Egli ha la gran sepoltura: Fratelli, tocchiamo l’altura, Sospinti dai sogni gagliardi.
Ah, voi non udiste che il nome Suo grande: quel nome che fu Clangore di gloria, e fu come Fiamma di immortal gioventù! Ma voi non sapete, no, quanto Fu buono, e la gioia e l’incanto Effusi dall’auree sue chiome.
Oh luce di vera bontà Mai spenta per varia fortuna! Oh il cor che ondeggiava qua e là Nel petto leonino, in quell’una Visione, in un fremito solo, In quell’empito solo, in un volo Soltanto… nel tuo, Libertà!
E il riso suo buono, o pastori, Versava la gioia del vino: Il dolce suo riso divino Versava il suo cuore nei cuori. Ai mesti il suo seno si apriva Così come a voi, quando arriva La greggia ad un campo di fiori.
E al pari di voi fu sereno: Di fiamma Egli pur si vestì: E correr sapea senza freno Per le pampas al mezzodì, Così come voi, per le bianche Vermiglie pianure e le tanche Urlando: Oh! hutalabì!
E gioia si avea dell’aurora Per campi ed in aspre scogliere: E seppe, guardando le sfere, Così come voi, legger l’ora: E martire fu, patrïarca, Guerriero, pastore e navarca Succinto, e di voce sonora:
E oprava la falce al gran raggio Di luglio: e reggeva le mandre, Sereno nell’umil vïaggio Tra canti di steli e calandre. Poi, stanco, con l’anima sgombra Di affanno, addormivasi all’ombra Del suo cavallino selvaggio.
Saliva per erte piccàde E aveva nei lunghi capelli Il vento pampèro, e nei belli Occhi avea baleni di spade. E, amigos! diceva agli eroi, Amigos, così come voi Chiamate gli uguali: Fratelli! —
Sul vertice queste parole Io dissi al fratello, al pastore. Taceva nel mar di vïole La tomba del Liberatore. Ardevan i cuori e le fronti; Sui fumidi patrî orizzonti Raggiavan le cime nel sole.
Tacevan, percossi dall’ora Solenne, i pastori; sul vento Saliva, ma fievole, ad ora Ad ora, il tinnir d’un armento. Taceano raccolti i pastori: Sentivan già sorger nei cuori Un biondo sorriso d’aurora.
E fu da quel giorno una coppa Di latte il lor cuore, e più dolce Fu il gesto, e non disser mai troppa La pace che l’anima molce; E giù per dirupi e per valli, Agli aspri selvaggi cavalli Più baldi saltarono in groppa. |
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