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Sebastiano Satta Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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IL SEMINATORE
Egli guardò, guardò con quei sereni Occhi suoi che vedeano oltre l’errore Ed oltre il male, e vide in tutti i seni
Crescer alte le selve e, tra il fragore Delle acque, udì sol rompere quel grido Che lancia dalla sua rupe l’astore.
Ed una turba ignota che avea nido In antri e spechi vide, ed a quei mesti Disse: — Venite a me. Ecco, io vi guido
Verso il Sogno. Rifiorirà con questi Sterpigni luoghi anche la vostra vita, E a voi saranno tutti manifesti
I doni della terra. — Redimita La fronte del gran Sogno, così il saggio Parlò ai dolenti e agli umili; e brandita
Con le mani incolpevoli, nel raggio Del sol, la scure, irrompe tra le selve Profonde e tra i dirupi. Al suo passaggio
Cedean le secolari ombre e le belve, Ed egli urgeva, e alla siderea testa Gli si avvolgean le agresti madriselve,
Spontaneamente. Ma poi che funesta Grandeggiava ancor l’ombra, egli il divino Incendio indusse, e suscitò la festa
Delle pronube fiamme. Indi, al mattino — Ardean sui monti gli astri ultimi e i roghi — Trasse l’aratro, e il fumido cammino
Aprì dei solchi. Procedeano i gioghi Lenti, silenti: ed ei con atto grave La stiva dalle valli agli alti luoghi
Reggea come il timone d’una nave Volta a lidi promessi. Le sementi Dalla sua mano si spargean soave-
mente sulla pia terra, e dai ridenti Cieli scendeano augei non visti in pria, Sugli aratri sui solchi e le sorgenti:
Poi risalian con nova melodia Cantando oltre le nubi, incontro al sole, Sì che il ciel ne tremava d’armonia.
E parole di pace, alte parole Non mai prima profferte, da quei cuori Tetri rompeano, come romper suole
Dal greppo l’elce. Ed ecco dai pianori Crescer la messe che dà il pane, e in serti Pampinei la vite che i dolori
Scioglie e le cure. Oh scesa dagli aperti Cieli, da tutti i cieli, alba invocata Nell’ombra! Ora non più per i deserti
Salti con occhio torbido l’uom guata Il fratello, né più van come lupe, E scalze e scarne sovra la brinata,
Tristi donne accattando dalle cupe Macchie la bacca del lentisco e il frutto Del caprifico su da rupe a rupe.
Ché già da tutti gli orizzonti a tutto Il cielo, tra il tumulto del lavoro Redentore, ed il fremito del frutto
Vinto, e il brusir dei solchi, balza il coro Arvale, e assiduo splende ad ogni cuore Dall’aie colme di covoni d’oro
Il tuo spirito, o Dio Seminatore! |
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