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Sebastiano Satta
Canti

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  • CANTI BARBARICINI
    • ICNUSIE
      • A EFISIO ORANO
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A EFISIO ORANO

 

No, tu non hai paura

Della loro galera.

Essi vanno nell’ombra della sera

Tra larve e mostri, e tu guardi all’aurora.

Coronata di rose la tua prora

Varca con te, non vinto, alla promessa

Isola di Fortuna.

Chi darà vita al nostro sogno, grande

Come il cielo? Chi ai pallidi profeti

Ombreggerà la fronte di ghirlande?

Ah! non Tartufo giudice, e non Ponzio

Pilato in tocco, e non Perrin Dandin

O sua Eccellenza Càifas daranno

Fiori ai fatali araldi.

 

O anime tementi, onesti gufi

Appollajati fra le crepe e i tufi

Della Legge, voi quando in cittadine

Rabbie latrò la fame e negli spazzi

E per le vie rombò negra la piena

Del dolore, e gocciò su li arsi sassi

Il sangue, ben voi dietro le cortine

Con le mani agli orecchi, scialbi e pazzi

Di terrore, agognaste questa bianca

Ora della vendetta.

 

Sì, quest’ora.

Ecco dite: — O benedetta

Pace tornata al desco cristïano.

Madama or potrà accedere all’argentea

Sea sicura, e i figlioli dalle suore

Avran bocche di dama e gelsomini;

E dormiremo placidi, nei letti

Presidïati dalle zanzariere

E dalla legge. Or morda la canea

Il ferro delle gabbie.

Ai rosei pesciaioli e ai macellari

Nitidi, oggi è dovuto questo omaggio;

E in dolce vassallaggio

A Sua Eccellenza gialla

Questo dono è dovuto.

Uomo che mai non ridi

Padre di tutti noi,

Noi gonzi, figli tuoi,

Ti offriam questo canestro

Di frutta settembrine:

Son pigne porporine

Tinte di sangue nero,

Anni di tristi pene

E mesi di silenzio,

Intrecciati con poma aspre di assenzio,

Groppi di corda e serti di catene. —

 

O fratelli, evoé! Fratelli, gloria!

È redenta la terra

Che fu trista nei secoli:

E degli onesti gufi è la vittoria!

E raca a te che al vino

Nostro mescesti il fiele,

O figlio di Caino.

O come dolce trilla e dolce squilla

Dalla lontana Nurra

Alla Barbagia azzurra,

Dalla Trexenta all’alida Marmilla,

Il nuovo idillio! E pace, o minatori

Di Buggerru, e voi, gobbi mietitori

Del Campidano; e pace, o voi pastori

Delle rupi! Venite alle fontane:

Lasciatevi cadere

Dagli artigli le pietre.

Eccovi il vino e il pane:

I cantori e le cetre

Preludiano alla danza.

O sogni, o primavera

Di serenanti giorni,

Se mai non torni, se più mai non torni

Ad assillarci questo

Avanzo di galera.




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