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Sebastiano Satta Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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CANTI DEL SALTO E DELLA TANCALIA
Gonari, il monte, avea la benda oscura, E Lia fuggì col suo nato innocente. L’accompagnò la rabbia di sua madre, La maledizione di suo padre, Il riso e la bestemmia della gente: Ma Lia si strinse al cuor la creatura,
E andò col suo peccato. Gli aratori Aravano sereni al piano e al monte; Incitavano i buoi: Boe montadì! Dal piano rispondean: Boe porporì! E nella rosea sera l’orizzonte Palpitava di mugghi e di clamori.
— Uomini santi, la pietà d’un pane, Ché non ha latte il cuoricino mio: Pietà, uomini santi! — Ahi! che i bottoli L’azzannaro, i fanciulli pe’ viottoli La rincorsero, e gli uomini: Che Dio Ti salvi! mormoraron, le lontane
Figlie pensando, e aperta la bisaccia Presso il fuoco, con l’olio dell’olivo Tinsero i pani d’orzo per la cena. Ed ella se ne andò con la sua pena, Riscaldando quel suo redo mal vivo Col pianto che rigavale la faccia.
E cammina cammina, ecco le mandre, Ecco i pastori vestiti di pelli E fiamma, coi fucili e il manto nero: E tanche inseminate e nel mistero Del salto, stazzi fumidi ed agnelli, E cani e greggi e voli di calandre.
Lia pregò: Miei pastori, sono sola Su questa terra: mi è fuggito il latte Pel patimento, e questo pegno fido È come implume caduto dal nido, Né so nutrirlo, ché ho le membra sfatte Dal pianto. Son la cenere che vola.
Oh datemi ristoro, cristiani, D’un po’ di latte, un sorso appena, un sorso Per imboccare questo piccolino. E se ciò non potete, ah! che il piccino Succhi almen dalla pecora che il dorso Ha spelato, ed è bolsa, o mandriani. —
Bofonchiaron gli anziani, i principali: — Costei è figlia del demonio, e ci ha Il malocchio che fa intristire i branchi: Andiamo! — E dietro ai greggi neri e bianchi Sparvero nella luminosità Del mattino, coi lunghi pastorali.
E cammina cammina, ecco il villaggio, Un abituro un uscio il focolare: Presso la mola una giumenta sciolta E redata, e una vecchia. — Se Dio molta Pace vi dia, pregò dal limitare La mesta, cui brillava in cuore un raggio,
Fate ch’io possa munger la giumenta Per allattare questa malfatata Creatura del mio seno. — Oh via, peccato Mortale! — Ardea per tutto il vicinato L’allegria del vin novo, e un’aura grata Salia dei sanguinacci con la menta.
Andò per la montagna. Era la sera. Il monte di Gonari avea il cappotto Bigio. Tremava nel silenzio il bosco Delle quercie, aspettando dal ciel fosco La neve: intorno altre montagne e sotto, Coi lentischi e col fiume, la brughiera.
Tornavano i pastori sui ronzini Con gli agnelli all’arcione; i fanciulletti, Passeri stormeggianti, dalle siepi Cogliean le bacche rosse pe’ presepi; Tornavan gli aratori, e nei boschetti Accendevano i fuochi gli scorzini.
La neve venne a notte: cielo e terra Si confuser fra loro, e forre e selve Miagolaron al vento, al rude vento Che corre tutta l’Isola, lamento, Pianto di mari d’uomini di belve. E Lia, la madre, sola, fra la guerra
Della terra e del cielo, aveva il ploro: Un singulto di allodola ferita. Cercò il dirupo — o mamma o mamma o mamma! — Pur riscaldando con l’ultima fiamma Di quella anima sua, della sua vita, Il suo nato innocente, il suo tesoro.
Ma ecco giù dalla valle, tra gli aneli Sospiri della macchia, alto uno scoppio Salì di gioja: un volo di colombe Sui risonanti vanni, e suoni e rombe E squilli vivi di campane, il doppio Di Natale, un immenso osanna ai cieli.
Ancora supplicò: — Vergine, giglio Del cielo, in questa notte senza pene, Voi allattaste il bambino Gesù; Pietà, nostra Signora, io non ho più Una goccia di sangue nelle vene Per allattare l’innocente figlio
Del mio peccato! — Simili a viole Rifiorironle i seni, e caldo e pieno Il latte le salì. Con l’arancino Manto, dal mare si levò il mattino, E rise il sole: e dall’amato seno Rise a sua madre il bambinello e al sole. |
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