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Sebastiano Satta Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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EPITALAMIO BARBARICINO
Un gallo canta e gli risponde un gallo. Rintrona il corno pastoral: riapre La servetta le stalle, escon le capre Bianche pavide: il greppo è di corallo. Ma perché oggi ronzano l’albata L’api dell’orto e mormoran tra loro? Stasera vien la sposa inanellata, In nivea benda, col bel cinto d’oro.
Pendon uccise pecore e montoni Dai cavicchi di corno: nei canestri Olezzan fichi e pesche, e di campestri Gigli è sparsa la corte. Oh quanti suoni E balli avremo qui, ché dai paesi Corsi dai soffi ardenti della Libia Son venuti stanotte i Marrubbiesi Esperti della falce e della tibia.
Or riposan nel portico, su letti Di pervinca; nell’ora vespertina Intoneranno la pelicordina, La danza dei mandriani giovinetti. E tu, labbro di miele, tu rapsodo, Che le generazioni e le scritture Sacre conosci, e sai, divino, il modo Di allietare tutte le creature,
Che sei signor dei sogni e re degli inni, E col tuo verbo leghi gli usignoli, Su levati, già s’aprono i boccioli Del beldigiorno e squillano i cachinni Delle operose serve, e un canto intessi Memore e bello che allegrezza dia Ai mesti: al falciatore tra le messi, E al nomade pastor nella sua via.
E tu, nutrice antica, apri il portone: Spalancalo, ché or vengon dagli ovili I guardiani dei branchi, coi fucili A pietra, e portan tutti il forchettone Fausto, ravvolto in salvia ed in mortelle, E portan pur cignali e mufle d’oro, Piegate, sanguinanti dalle selle E le trote e le anguille del Taloro.
Ecco gli ospiti amici arsi dal sole, Arrivati da Òrfili e dai salti Marini, belli con legati agli alti Arcioni, il serramanico e le pistole, Con l’esili archibugi e le cinture Di cordovano azzurro, e la bisaccia Fiorita. In dono recan confetture Di cedro e il moscatello e la vernaccia.
Non vino: ché stan chiuse nel celliere Molte botti, e tutte d’olianese Ambrosia, che prigioniera intese Il palpito di venti primavere. Sangue del sole espresso dalle rupi Calcaree, amaro come il fior del vepro, Ardente e aulente come su le rupi Di Puntanidos fiamma di ginepro.
Rompete i cocci e i piatti! Ed entra, o sposa, Nella tua nuova casa. E voi, leggiadre Vergini, sospingetela alla madre Nuova: ella l’abbracci con lacrimosa Gioja! E voi tutti, reverenti, doni Datele e il bacio, e le fanciulle intanto Appresentino i vini ed i torroni. E tu, rapsodo, tu libera il canto:
Amore suona forte la sua tromba, E intìma guerra in un giardin fiorito. Volata è qua, col suo cuore ferito, Una gentile e candida colomba. Datele un amuleto di verbasco E vino dolce e pane di frumento, Fatele un letto d’oro e di damasco E una culla con tavole d’argento. |
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