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Sebastiano Satta
Canti

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  • NOTE NOTE AI CANTI BARBARICINI
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NOTE

NOTE AI CANTI BARBARICINI

 

Monti e cime di Barbagia ricordati nel volume:

Bruncuspina — cima sovrana del Gennargentu.

Coràsi — Monte Atha — dalle brulle rupi azzurre.

Gonare — devoto, in vista a tutti i mari.

Montespada — con la sua spada di neve.

Monte Bàrdia — antica guardia contro le scorrerie dei Saraceni.

Montalbo — sasso erto, senza fonti e senza boschi.

Ortobene — monte ad oriente di Nuoro, dalle serene ombrie.

 

Preludio

Don Chisciotte

Tanca: campagna incolta, cinta da siepe o muriccia, dove pasturano i branchi nomadi e gli armenti bradi.

 

LE BARBARICINE

Nella tanca

Tasca: è lo zaino, per lo più di pelle caprina, tagliato a sacca, dove i pastori ripongono il loro viatico di nomadi.

 

Leggende pastorali

I tre re

Frat[r]es: nella parlata di molti villaggi della Barbagia suona come in latino: fratelli; ed anche, come nella leggenda dei tre re, amici e compagni. Nobile traslato che rivela la nobiltà dei ruvidi cuori.

Bardana: corruzione di gualdana, è triste vocabolo che esprime una selvaggia e quasi abitudinaria attitudine dei vecchi sardi pelliti. Non è la razzia, ed è più e meno della rapina.

La casa di San Francesco: è una chiesetta bianca e solitaria, a mezza costa di un’altura di scopa e lentisco, di fronte a Montalbo.

 

I colloqui coi morti

Secondo una leggenda sarda, nella seconda notte di novembre, i morti di Barbagia tornano ai loro focolari, mangiano le torte di uva passa e le mele e le pere vernine, e parlano dei loro amori e dei loro odî!

 

Le selvagge

Notte nel salto

Salto: non è il saltus dei latini. La parola è usata in Sardegna per esprimere la distesa di più tanche ed ovili.

 

Ditirambo di giovinezza

Hutalabì: urlo di gioia selvaggia, col quale il cavaliere barbaricino sprona a corsa sfrenata il cavallo, animando se stesso di questo frenetico ardore.

 

Alle madr di Barbagia

Letti elcini: letti fatti con frasche di elce o di quercia (lettu de sida) su cui gli uccisi, come in una lettiga, vengono trasportati alle loro case.

 

Antelucane

Leppa e vomere

Leppa: coltello lungo e robusto con fodero, fatto per lo più da un tronco di spada. Lo portano alla cintola i pastori della montagna.

 

In lode di Francesco Ciusa

La madre dell’ucciso: è la statua (una viva forma di dolore) che schiuse allo scultore Francesco Ciusa le porte dell’Esposizione internazionale di Venezia.

E l’opera gagliarda e nobilissima, è sì una statua, ma è anche un frammento del plastico poema “I Cainiti” col quale il giovine artefice barbaricino si propone di illustrare la vita e mistica e rude e selvaggia della nostra Terra.

 

Ode al Gennargentu

Sulla punta più alta del Gennargentu (Yanua-Argenti) un ignoto scrisse col minio sacre parole: Bontà, Libertà, W il Socialismo!

 

ICNUSIE

L’Alternos

G. M. Angioi di Bòno: «uomo tanto più vicino alla virtù modesta degli antichi, quanto lontano alla virtù vantatrice dei moderni» come lo chiama Carlo Botta, quando l’uragano della rivoluzione francese scosse le membra della vecchia Europa feudale, maturò nell’animo fiero il ribelle proposito di chiamare alle armi le popolazioni sarde per scuotere il giogo delle prepotenze baronali.

Accolto sulle prime con entusiasmo ed acclamato salvatore della Patria, fu poi abbandonato nell’ultim’ora e perseguitato anche dagli antichi suoi amici.

Il poeta canta lo schianto del ribelle esule che, all’ombra del suo sogno infranto, nell’alba del 16 giugno 1796, abbandona la terra che non seppe intenderne il palpito sovrumano, e va a riversare la piena della sua amarezza sotto i cieli di Parigi.

 

In memoria

Giorgio Asproni: fu pastore, ex canonico, deputato e fu affermatore di ogni idea di libertà.

Nacque in Bitti nel 1809, morì in Roma nel 1879, dove il Comune gli eresse un ricordo marmoreo in Campo Verano.

 

CANTI DELL’OMBRA

Sepulta domus

Fulanu: è parola di origine spagnola: Don Fulanos, e significa Tizio, Caio, ecc. ecc.

NOTE AI CANTI DEL SALTO E DELLA TANCA

 

MUTTOS

Quasi "motti o motteti". Li ho derivati dalla poesia popolare sarda. In essi mi è piaciuto conservare talora le stranezze e di concetto e di verso e di rima, quali graziosamente fioriscono sulle labbra dei sardi poeti, quasi sempre improvvisatori.

Sùrbili: spiriti erranti sulle montagne di Barbagia nelle notti ventose, vampiri alle culle.

 

Le prefiche

È il sogno d’una notte d’inverno ed è un canto funebre. Le prefiche della razza piangono sui venti tutto ciò che in terra di Barbagia muore dilegua emigra.

Eremitano, Cani da piatto: li ho derivati dal dialetto, perché mi pare che non vi sia un vocabolo italiano che li traduca perfettamente. Eremitanu è voce dialettale che serve a denotare l’uomo miserabile e infingardo, di vil cuore. Cane de isterju (cane da piatto) è quel cane che negli ovili non sa guardare le capanne e i branchi, e non fa che leccare i mastelli dei latticini: ed è attributo che si dà comunemente ad un uomo vile e dappoco.

Aquila grigia: era un forte e vecchio bandito che sapeva tutte le vie del piano e del monte. Morì mentre un aquilotto, un fanciullo, gli squittiva dappresso: il quale, gridandogli coraggio, cadde con lui negli amari passi della fuga. Era una vecchiezza gioviale: cantava canzoni di guerra, ed era anche buon compagno di cacciatori e canattieri nelle serene caccie sui monti nuoresi.

Cervo solone: non è l’alces maschilis, ma pure è un gran cervo di cui si va sperdendo la razza sui monti dell’isola. Chi canterà l’elegia alle ultime aquile alle ultime fiere agli ultimi boschi agonizzanti sui gioghi della patria?

 

Cani da battaglia

In Ogliastra, presso il piccolo villaggio di Àrzana, era nato il tenente medico Demurtas, ucciso a Sciara-Sciat, mentre medicava i feriti.

Capo Carbonara: ricorda ai sardi il tentativo di sbarco dei francesi, nel marzo 1793, respinto principalmente ad opera dei fieri mastini dei pastori. Così almeno la leggenda.

Murrazzànu, Sorgolino, Leone, Traitore (traditore), Caino: comuni appellativi di cani sardi.

 

La scuola di Chilivàni

Chilivani è nodo centrale, in aperta campagna, di tutte le ferrovie dell’isola. Un munifico donatore istituì, presso alla stazione, una scuola elementare per i bambini dei ferrovieri e dei casellanti sparsi sulle varie linee. I treni del mattino raccolgono i piccoli alunni che poi, a sera, riportano alle loro case.

 

Murrazzànu

Cane famoso, caro a tutti i cacciatori del Nuorese. L’episodio della caccia è vero.

 

Ai rapsodi sardi

"Cando si — Tenet bentu est prezisu bentulare": "Quando si leva vento occorre trebbiare". È il ritornello del logudorese inno angioino, al cui canto la Sardegna insorse contro gli ordinamenti feudali. Gli accenni che seguono nei versi riguardano episodi della rivoluzione.

Àrdia: gara di corse a cavallo.

 




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