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Sebastiano Satta Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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I colloqui coi mortiLA CENA DEI MORTI
Oh spillatemi il vin di Valditortora Pieno di sole. Candida ed allegra Splenda al mezzo la mensa; molta negra Elce bruci nel vasto focolar. E poiché i fior ricordano le vivide Aure, cogliete molti fior negli orti, E spargeteli: a salutarmi i morti Verran stanotte e qui vorran cenar.
Ecco già giungon, ma non più nel memore Cuore echeggia il rumor dei passi noti: Dai sepolcreti gelidi e remoti Come ritornan silenziosi a me! Varcan la soglia, e lieti attorno al candido Desco siedono. O dolce compagnia, Tutta piena è di te l’anima mia, L’anima in cui sfioriro amor e fé.
Quanti anni di silenzio e solitudine Melanconicamente sono volti A te pensando! Invano in altri volti Amati il tuo sorriso il cuor cercò. Or qui rimani! — Brillan tra le grigie E brune chiome rossi crisantemi; Stanno negli occhi ancora i sogni estremi, I sogni che la morte vi troncò.
Mescete, o morti, il vino! Il vin purpureo Al cuor vostro ricordi i campi e i clivi Aurei di luce e spighe, e i vecchi olivi Azzurri nel fiammante mezzodì. Ricordi al vostro cuor la coppa agli ospiti Pòrta tra i canti, e l’opere e le prove Magnanime, e la patria terra dove Il bel fiore dei vostri anni fiorì.
E tu, che solo, e lungi ai figli e al placido Tuo tetto, oltre le grandi acque riposi, Tu, padre, che tra i sogni lacrimosi Dell’infanzia vedemmo a noi sfuggir, Arridimi! Svaniron della pallida Infanzia i sogni tristi, e della bruna Vita l’ombre. Toccando in cuor più d’una Ferita, muoviam lieti all’avvenir.
E tu, nutrice, a cui cingean le grigie Chiome e i casti pensieri una ghirlanda, O mia nutrice, buona e veneranda Come una madre, arridimi anche tu. Ed amatemi, o morti. La mia povera Casa è gioconda sol per il ritorno Vostro, e io solo per voi sento d’attorno Squillare i canti della gioventù.
Ma già i fiori avvizziscono, e fiammeggiano Smorte le vampe della luce scialba; Si affaccia tra le stelle ultime l’alba, Tornano i morti ai sepolcreti lor. Partono i morti e accennano e mi chiamano: Io li guardo sparir con gli occhi in pianto; Il mio calice cade a terra infranto; Essi mi accennan e chiamano ancor. |
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