Si riporta l'intervento della
Mozzoni alla Assemblea della Democrazia che riuní l'11 e il 12 febbraio 1881, a Roma, repubblicani,
radicali e socialisti per la rivendicazione comune del suffragio universale.
Delegata della «Lega promotrice degli interessi femminili», la Mozzoni intendeva ottenere
soprattutto una affermazione di principio, come si capisce da una sua lettera
ad A. Beccari, direttrice di «La donna», del 10 agosto 1881: «Facciamo in modo
che non si possa dire che il Suffragio Universale agitò l'operaio senza
svegliare la donna.» Il suo scopo era di carattere politico e non giuridico,
data l'occasione; era la saldatura del movimento femminista a quello operaio.
Per questo arrivò, con la
consequenziarietà che la distingueva, a notare che piuttosto che dei «diritti
del cittadino» si sarebbe dovuto parlare dei «diritti umani». Per la maggior
parte i delegati all'Assemblea del 1881 volevano limitarsi infatti a dichiarare
i diritti del cittadino (cioè dell'elettore); le donne sarebbero rimaste
escluse dalle rivendicazioni in quanto non votavano. Di qui l'insistenza della
Mozzoni per una formulazione che non lasciasse adito ad interpretazioni restrittive
della rivendicazione del suffragio universale.
1. Seduta 11 febbraio
Signori,
Quando due anni or sono le
sparse file della democrazia si raccolsero in un sol fascio onde vincere le
forze coalizzate del passato e superare le dighe dietro le quali stagnava la
vita e la coscienza nazionale, molte italiane, vedendo per logica successione
di idee maturarsi in grembo ai principii preparatorii dell'avvenire la libertà
delle donne, fecero adesione al programma della Lega, ricordando ai suoi membri
come, facendo voti e dando opera al miglioramento delle condizioni di tutte le
classi, esse intendevano essere contemplate nel suo programma di libertà,
dacché il concetto del dovere senza il concetto correlativo del diritto non sia
che una stupida accettazione di servitú.
Oggi la Lega della democrazia si
aduna numerosa e solenne onde rivendicare alla sovranità nazionale la sua
intera esplicazione mediante il suffragio universale.
E le donne italiane, per mezzo
della Lega promotrice degli interessi femminili, associazione surta di recente
e già numerosa, mi mandano a voi onde ricordarvi l'intima colleganza dei nostri
e vostri interessi, l'alleanza statuita e il patto suggellato, ed esporvi i
loro pensamenti intorno alla questione che si agita e la parte che a noi si
compete pel bene di tutti.
Coloro che mi mandano a voi
pensano che la presente agitazione non può attingere forza ed efficacia che
dalla affermazione intera del principio sulla sua base vera ed immortale.
Il diritto del voto non è
storicamente che il diritto della sovranità, filosoficamente esso è
semplicemente il diritto umano. Il diritto di ognuno di non essere violentato -
di non subire un mandatario che gli è imposto dall'altrui scelta - di non
soggiacere al contratto nel quale non fu contraente - di non obbedire a
convenzioni nelle quali non ebbe parte né voce. È il diritto che compete ad
ognuno di essere considerato e trattato come persona e non come bestia, e non
come cosa.
Ora, il diritto umano è il solo
vero e universale, perché non modificato dall'avvicendarsi di criterii parziali
- non palleggiato fra varie e mutevoli forme storiche le quali hanno autorità
confinata in tempi e luoghi - non derivato da leggi estrinseche ai consorzii
civili - ma rivelazione spontanea e perenne dell'umano eterno.
Ecco perché Montaigne poté dire
che le donne avrebbero ragione di non sottomettersi alle leggi e di non
obbedire a nessun governo dacché non ebbero parte alcuna nella formazione di
quelle né di questi - ma sempre furono costrette a subire il bene e il male
quale voi lo intendeste per voi e vedere manipolati i loro interessi da persone
nelle quali non hanno espressa mai la loro fiducia - sicché esse vivono al
vostro fianco e nelle vostre case, non come coscienze e volontà, non come
membri delle città e della nazione, bensí come animali domestici in piú o meno
cordiale schiavitú, secondo il grado di benevolenza alla quale la misura
eventuale della vostra equità e civiltà atteggia l'animo vostro.
Alcuno fra voi penserà forse che
chi subisce tacendo uno stato di cose è reputato farvi implicita adesione -
sicché vi è lecito credere che le donne si ritennero fino ad oggi rappresentate
dagli uomini che pure stanno ad esse vicinissimi di sangue e d'affetto.
Signori,
Voi eravate autorizzati a
tenervi paghi a questa attenuante fino al giorno della dichiarazione dei
diritti dell'uomo. Piú in là voi non potevate continuare nel credervi nostri
mandatarii e rappresentanti, se non all'ombra compiacente di un errore. Voi
scindete i diritti civili e politici dal diritto umano - mentre queste varie
denominazioni rispondono agli ordini varii dei fatti nei quali il diritto umano
si esplica e si applica. - Ma uno solo è il diritto di ciascuno e di tutti - di
essere considerato persona e di esercitarne tutte le funzioni rispondenti alle
sue facoltà.
Ora le donne hanno interessi
come voi nella famiglia, nella città, nello Stato. Hanno intelligenza al par di
voi per capirli - hanno la volontà come voi per tutelarli e promuoverli - hanno
come voi criterii di scelta - sono persone al par di voi.
Democratici! Cavatemi dai vostri
libri, dai vostri principii, dai vostri filosofi una sola illazione che
statuisca e dimostri la legittimità di una diminuzione personale della donna.
Cavatene una dimostrazione la
quale provi che vi sono nelle donne elementi costitutivi che rispondono alla
diminuzione della persona - incoscienza del diritto - abdicazione esplicita di
esso - insufficienza ad esercitarlo - alienazione - delinquenza.
Dimostrateci che siamo nella
materiale impotenza di esercitarlo: e che la condizione di tutelate è
connaturata in noi. No, o signori! voi non potete rispondere - voi non
possedete argomenti nel campo vostro. Siete obbligati di andarli a rintracciare
in quel passato che non autorizza la vostra agitazione, che contraddice ai
vostri principii, che rinnega la vostra qualità di cittadini.
Voi dovete dare la parola ai
vostri avversarii, affermare la legittimità di istituzioni che vi hanno
oppresso, fare atto di fede in tutti i dogmi che hanno anatemizzato la libertà dell'uomo
e violentato la sua coscienza e le leggi della sua natura.
Dimostratemi come potrete
considerarvi vittoriosi e ritenere largito alla Italia il suffragio universale
quando i 500.000 elettori di oggi saranno divenuti i due milioni di domani,
essendo la nazione costituita da 22 milioni e rimanendo la metà di essa esclusa
per principio da qualsiasi piú indiretta rappresentanza.
Un popolo si raduna esso dunque
in solenne comizio per discutere emendamenti provvisorii e piccole misure
d'opportunità?
Non bastano forse e non
soverchiano a compito cosí modesto quelle assemblee che già possediamo,
espressioni di interessi parziali e custodi di speciali istituzioni, e quegli
organismi irti di formule e di riti tradizionali che costituiscono il
meccanismo di una pubblica amministrazione?
Oh, che cosa sarebbe il presente
comizio quando non fosse una affermazione filosofica, una espressione radicale,
complessa, immutabile del diritto dell'umanità?
Quando un popolo si raduna a
solenne protesta egli condanna un principio e ne afferma un altro - chiude un
periodo storico ed inizia un'era nuova.
Democratici! proletari! non
chiedete d'essere cittadini! - v'erano cittadini a Sparta e a Roma - ad Atene
come a Gerusalemme - eppure v'erano dappertutto colà schiavi e servi e bestie
in forma umana.
Il concetto di cittadino, è
concetto meschino, circoscritto nella storia, soverchiato dalla filosofia e
dall'etica moderna. Il cittadino suppone il non cittadino, come la
proclamazione di una sovranità è l'affermazione di una sudditanza. Ispiratevi
alla natura la quale ha fatto degli individui - chiedete di essere uomini e
ricordate in pari tempo che l'umanità non è costituita, continuata e
rappresentata da voi soli.
Le differenze fra i due termini
che costituiscono l'umanità davanti al diritto di concorrere al patto sociale
se concludono alcunché non possono concludere che a questo solo - che l'uno non
può rappresentare l'altro senza che prevalga nell'opera sua il sentimento di sé
medesimo.
Infatti nella famiglia legale
l'uomo ha rappresentato sé stesso - nel dinastismo ha inventato la legge salica
- nello Stato non ha veduto che il maschio - nel matrimonio ha assorbito
perfino il nostro nome e la nostra nazionalità - nella polizia de' costumi non
ha provveduto che a sé medesimo - negli uffici retribuiti ha accaparrato tutto
per sé - nei suoi rapporti con noi si è fatta costantemente la parte del leone.
Da un secolo ormai la donna
protesta contro questo stato di cose in tutti i paesi civili. Essa afferma il
suo diritto al voto perché è persona libera e completa - mezzo come l'uomo in
faccia alla specie - fine a sé stessa, al par di lui, nella attività della sua
coscienza.
La donna afferma il proprio
diritto perché ha nella convivenza nazionale rapporti e interessi multeplici e
varii da promuovere e da vantaggiare. Essa vuole apporre la sua firma al
contratto sociale perché è nella società un elemento necessario e costitutivo -
perché vi esercita influenza e ne subisce.
Essa vuol votare perché conscia
del proprio diritto lo rivendica - perché vuole la libera scelta de' suoi
mandatari - perché il passato ed il presente le hanno insegnato con assidua
lezione che l'assente non è, e non può essere che dimenticato e sagrificato.
Parrà a taluno che
inopportunamente si è elevata in questa sala una voce di donna e forse gli
sembrerà scemare dessa maestà e decoro alla solenne manifestazione del popolo -
tanto è radicata la teorica del privilegio in taluni che pure si levano ardenti
a combatterla quando la sentono prepotente sopra sé stessi!
Ma costoro, se qui ve ne sono,
se ne diano pace. Se non è nuovo nella storia di vedere dei diseredati
rivendicare i loro diritti, è tuttora nuovo negli uomini, e tanto piú glorioso
per essi, di sapere ascoltare i reclami dei diseredati, chiunque essi siano e
far loro ragione; ed è con somma compiacenza che riconosco questo vanto alla
democrazia italiana, prima in Europa ad inalzarsi al disopra di un pregiudizio
coevo alla umanità.
Si persuada la democrazia
ch'essa avrà guadagnato la sua ultima battaglia quando avrà accettato fino
all'ultima tutte le illazioni che scaturiscono da quei principii che sono la
sua forza ed il suo prestigio.
Allora soltanto essa avrà
proclamato la decadenza del passato, chiusa l'era della violenza e del
privilegio, suggellata la storia delle teocrazie, delle dinastie, dei feudi e
delle classi, e principiato finalmente la storia della umanità.
Proclamando il suffragio
universale per voi soli, allargate il privilegio - proclamandolo con noi, lo
abolite - soli combattete una scaramuccia - con noi guadagnate una giornata
decisiva - rivendicando il voto per tutti voi fate un emendamento al presente -
rivendicandolo per noi chiedete l'avvenire. Proclamando il cittadino ed il
sovrano affermate implicitamente l'ilota ed il suddito - proclamando il diritto
dell'uomo affermate l'eguaglianza - senza di noi siete un partito - con noi
siete la famiglia, siete la nazione, siete l'umanità.
2. Seduta 12 febbraio
La Lega promotrice degli
interessi femminili che io rappresentava, intendeva che provocassi una
affermazione che io proposi nel mio ordine del giorno. Un piccolo gruppo di
rappresentanti e una parte della presidenza tenevano acché questa affermazione
non fosse fatta.
Questa divisione della
presidenza in destra e sinistra fu avvertita da tutta l'assemblea, e ne porse
il documento l'ordine del giorno di Alberto Mario, il quale ritenendo
sottinteso il voto della donna nel suffragio universale passava all'ordine del
giorno puro e semplice.
La causa del coraggio e della
giustizia deve alla energia, imparzialità e perizia del presidente, l'on.
Agostino Bertani, di aver potuto approdare, spinta e risospinta qual era fra le
burrasche di ordini del giorno sospensivi, semisospensivi, semplici e
graduatorii che, attraverso a votazioni tumultuose avrebbero potuto, con minore
abilità o lealtà nel presidente, prestare all'equivoco...
... L'ordine del giorno
Luzzatti, sospensivo, concludeva che né la donna era matura, né la questione; e
che la donna sta ancora troppo sotto l'influenza del clero - che il Comizio non
doveva emettere voti platonici, ma che la democrazia pensasse invece a educare
la donna onde renderla capace del voto in tempo piú o meno prossimo...
... Non poteva affidarmi il voto
espresso dal signor direttore della «Ragione», che la democrazia si mettesse
sul serio a educare la donna. Io sono convinta di una convinzione che è creata
dall'esperienza d'ogni giorno, che la democrazia non penserà mai sul serio alla
donna se non quando avrà bisogno del suo voto. Finché ne potrà far senza, il
giornalismo democratico sarà inesauribile fino alla noia nei suoi epigrammi
contro le donne che professano dottrine di libertà, il che è mezzo infallibile
per tenere indietro tutte le altre, salvo poi a rimpiangere nelle grandi
occasioni con frasi a freddo, di non poter riconoscere il diritto alle donne
perché, pur troppo, non sono mature!
Il signor Napoleone Colajanni
espose una teorica, non nuova per verità quando nei piccoli crocchi si fanno chiacchiere
semiserie, ma nuovissima quando pretenda essere accettata. Egli si oppose al
mio ordine del giorno sostenendo non esservi fra l'uomo e la donna parità di
doveri e non poter esservi quindi parità di diritti - dacché la donna non
presta il servizio militare. Davanti a questa dottrina non v'è principio
filosofico che ci abbia nulla da vedere - siamo sbalzati nell'ordine empirico e
convenzionale - tutt'al piú si potrebbe discutere se renda migliore servizio
allo Stato la donna che partorisce o il soldato che uccide. - So di un diritto
basato sul criterio del censo. So di quello basato sul criterio della capacità.
So di un suffragio universale plebiscitario che sorvola ai criteri speciali -
ma non ho mai saputo di un diritto elettorale che possa basarsi sull'adempito
servizio militare. So anzi essere sul terreno pratico una spinosa questione
l'accordare il voto al soldato versando egli pure, per la ferrea disciplina che
lo costringe, in condizioni tali che il suo voto non potrebbe, nella gran
maggioranza dei casi, che palleggiarsi fra la dipendenza e la prepotenza.
Che se potesse accettarsi una
cosí assurda base di diritti, quanti oggi elettori non lo sarebbero piú? Le
stature mancanti, i malati, i deformi, tutti coloro che per casi varii non
prestano il servizio militare.
Insomma il voto elettorale
diverrebbe il privilegio dell'esercito. Filosofia e democrazia nascondetevi!
Gl'incunaboli del diritto
feudale trasformati nella ultima conclusione del Comizio del suffragio
universale!
Il signor Colajanni teme che
l'Italia prenda delle inconsulte iniziative. Il voto dato alle donne è per lui
un salto nel buio.
Eccomi dunque a rischiarare il
buio. Nel Massacciussets, nel Tenessee, nell'Utah le donne votano. Nel Wyoming
esse votano, sono giudici di pace e giurate, e tutto ciò da ben 14 anni.
Che ne venne? Ne venne la
epurazione nel personale legislativo, un sensibile miglioramento nelle leggi,
maggior ordine e moralità nelle elezioni. Ecco gli effetti del salto nel buio.
La «Voce della Verità» mi ha
fatto dire che «se il sesso forte non accetterà la emancipazione della donna si
condannerà al ridicolo ed alla impotenza» e più giù mi mette in bocca le
parole, Repubblica, e idee repubblicane. - Ora il mio argomento era ben circoscritto
e definito e mi vi sono rigorosamente contenuta.
Il mio ordine del giorno
chiedeva al Comitato un'affermazione del diritto della donna al voto. Io non
pronunciai le parole: sesso forte, emancipazione, Repubblica. Le
divagazioni, la rettorica, li aggettivi senza concetto, le amplificazioni
inopportune non sono mio stile - e tanto più me ne guardo in quanto che la mia
tesi ha stretto bisogno di essere denudata dalle frondosità, dalle declamazioni
e dalle esuberanze delle quali inabili amici e poco leali avversarii l'hanno
ingombrata dandole parvenze strane e inaccettabili.
All'ordine del giorno Mario che
sorvolava alla affermazione temendo di cadere in un pleonasmo quasiché il
diritto della donna avesse avuto a quest'ora tante proclamazioni da esserne il
mondo intontito, io opposi che ben 70 Comizi avevano affermato in Italia il
suffragio universale, che da ben due anni i fogli della democrazia e le sue
adunanze ne rigurgitavano, che pur tuttavia non si credeva aver fatto
abbastanza - si pensava ad affermarlo solennemente in faccia al popolo ed a
mantener viva l'agitazione fino a che l'affermazione del principio fosse
trasformata nel fatto. Come dunque poteva il Comizio temere di cadere in un
pleonasmo affermando formalmente una volta un principio che dichiarava di
accettare implicitamente? Temeva esso una deliberazione precipitosa e
inconsulta?
Ma io non cercavo una legge, né
il Comizio avrebbe potuto darmela.
Esso non poteva che fare una
proclamazione di principio che fosse patto, parola d'ordine, indirizzo per la
democrazia. Avrei capito che posta la questione in un Parlamento sorgessero
questioni di modo, di misura, di opportunità. Ma non potevo accettare
restrizioni e misure in un Comizio dove la questione non si presentava e non
poteva presentarsi che come principio.
Da oltre un secolo la Costituente proclamava
i diritti dell'uomo e oggi ancora se ne discute la possibilità, il modo e la
misura d'applicazione. Si poteva ragionevolmente temere che all'indomani della
proclamazione del voto della donna il mondo ne andasse sossopra? Epperò
esclamai: «Quando la democrazia esitasse davanti alla franca affermazione di
questo canone fondamentale qual è la ricognizione del diritto umano in ogni
persona umana, essa sarebbe tanto illogica e mostrerebbe tanta incoscienza di
sé da cadere nel ridicolo e nella impotenza.»
E finii con queste parole:
«Se temeste che il suffragio
affermato alla donna spingesse a corsa vertiginosa il carro del progresso sulla
via delle riforme sociali, calmatevi! V'è chi provvede freni efficaci - v'è il
Quirinale - v'è il Vaticano - v'è Montecitorio e palazzo Madama - v'è il
pergamo ed il confessionale - v'è il catechismo nelle scuole e v'è... la
democrazia opportunista!»
Il mio ordine del giorno fu
votato alla quasi unanimità. Alcuno disse per sorpresa. Non posso crederlo. Era
stato letto tre volte. L'assemblea respinse la chiusura proposta da qualcuno -
respinse a grande maggioranza gli ordini del giorno puri e semplici e
sospensivi, e li respinse con prontezza e chiarezza. Evidentemente accettava il
principio. Oscillò davanti all'ordine del giorno graduatorio proposto dal
signor Vassallo, e poscia si decise a gran maggioranza pel mio.
E con questo credo aver reso
conto ai miei mandatarii del modo col quale ho disimpegnato e dell'esito che ha
avuto la missione affidatami dalla loro fiducia.
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