Questa «lettera aperta»
all'on. Zanardelli, relatore sul progetto di riforma elettorale, fu pubblicata
in opuscolo dalla Mozzoni, ma venne riportata anche da «La donna» e dalla
stampa radicale dello stesso anno 1881. Vi si trova il segno del suo passaggio
dalla democrazia risorgimentale al socialismo: motivi convergenti di questo
esito furono la solidarietà con i socialisti tedeschi colpiti dalle leggi
eccezionali di Bismarck e la convinzione che la classe operaia internazionale,
nella sua lotta contro ogni forma di discriminazione e di sfruttamento, dovesse
assumersi come propria la battaglia per l'emancipazione femminile.
Illustre signore,
Se alcuno mi avesse domandato su
quali argomenti presumessi vi sareste appoggiato per negare il voto elettorale
alle donne avrei risposto che, essendo voi in fama di gran liberale e di buon
ragionatore, mi pareva non poteste basarvi che sopra argomenti di opportunità,
i quali vi erano facilmente somministrati dall'avere la vostra relazione per
oggetto una riforma parziale della legge attuale. Tutti gli argomenti di
principio sono troncati nel capo dalla filosofia moderna che non distingue fra
l'uomo e il cittadino, e non pone fra l'uno e l'altro nell'esercizio dei
diritti loro inerenti, che impedimenti d'indole accidentale, e removibili
dall'individuo stesso, sempre padrone, per quanto è dalla legge, della propria
sorte.
Gli argomenti di principio non
possono che fondarsi su degli a priori che il metodo razionale rifiuta,
come quello che si determina esclusivamente sulla certezza e sulla esperienza;
o fondarsi sopra criteri storici che, se a prima vista possono vestire parvenza
di criterii esperimentali, in realtà non sono tali, perché levati dall'ambiente
filosofico, religioso, politico, giuridico e sociale nel quale nacquero e
furono educati, non rispondono piú nel nuovo ambiente, talora tanto diverso da
affacciarsi come ogni dí piú discutibile e ripugnante per molti e molte, quello
stesso criterio che in altri tempi fu canone indisputabile e indisputato per
tutte e per tutti.
E la prima parte della vostra
relazione per quanto riguarda il voto delle donne è esposta secondo il metodo
razionale. Voi andaste coscienziosamente in cerca di notizie o di fatti
attuali, presenti; citaste autorità di uomini contemporanei; osservaste le
donne di oggi, considerando che la questione è moderna; che, la legge deve
proporsi al presente, e deve riflettere le donne oggi viventi. Queste ricerche
scrupolose e larghe vi hanno condotto a dichiarare che se il voto si deve al
censo, ci è dovuto perché contribuenti; se alla capacità, ci è dovuto perché
intelligenti; se agl'interessi, ci è ancora dovuto perché ne abbiamo di veri e
grandissimi.
Se valga l'autorità, abbiamo per
noi scrittori e uomini di Stato illustri, e permettete che aggiunga per conto
mio (dacché anche la nostra opinione val qualche cosa) donne che hanno difeso
il nostro voto con un talento che supera ogni opposizione, come la d'Héricourt
e la Stanton
e la Howe e la Döhm, ecc., ecc. Se
finalmente il fatto si stimi vittorioso d'ogni questione, voi presentate il
fatto della questione già risolta, in parecchi Stati americani; in via di
soluzione in parecchi altri, d'America e d'Europa; e constatate dove piú, e
dove meno, una agitazione intesa a produrre lo stesso in Italia e in tutti i
paesi civili.
Come mai voi democratico, voi
razionalista, avete saputo ad un tratto far getto di tutti questi argomenti che
chiamate efficaci, spogliando le esigenze del metodo razionale, come vi
spogliereste del vostro soprabito, per gettarvi a capo fitto negli a priori,
nei dogmi, nelle tradizioni, per poco non dissi nelle rivelazioni; per finire a
premettere e dedurre come uno scolastico, a dogmatizzare come un Papa, a
decretare come uno Czar?
«L'uomo e la donna», voi
affermate, «non sono chiamati agli stessi diritti e doveri, agli stessi lavori,
alle stesse fatiche.»
Chi ve lo ha detto on. Zanardelli?
Qual Dio ve lo ha rivelato? Il contadino e la contadina non lavorano entrambi
la terra? Il mercante e la mercantessa non esercitano entrambi il commercio?
L'operaio e l'operaia non faticano entrambi pel pane quotidiano in mille modi
diversi? Il maestro e la maestra non insegnano tutti e due? Il tutore e la
tutrice, l'amministratore e l'amministratrice, l'artista uomo e l'artista
donna, lo scrittore e la scrittrice, il professionista e la professionista non
compiono gli stessi offici? Se trovate delle donne che lavorano faticosamente
per la vita, trovate dei dragoni che vendono le piume e misurano i pizzi, e
nella libertà del lavoro ognuno s'accomoda come può e come vuole. Che la
generalità degli uomini si dia di preferenza a funzioni che vogliono la forza,
e la generalità delle donne s'impieghi di preferenza in lavori di pazienza e di
destrezza, altro non significa se non lo spontaneo apprezzamento della propria
forza fisica; apprezzamento che ogni individuo fa per proprio conto e che
nessuna legge può regolare.
Nelle funzioni nelle quali gli
uomini si trovano soli, potete impugnare che non lo siano perché le donne ne
furono escluse da leggi fatte dagli uomini? Se poi questa esclusione per lunga
consuetudine, e analoga predicazione dogmatica, riesce ad acclimare la donna in
un certo ambiente d'indifferenza per quelle funzioni e a educare in lei
l'incoscienza delle proprie attitudini ad essa, chi, riflettendovi, non si
avvede che la natura non è complice in questo fatto se non per la legge
notissima della adattabilità?
La fisiologia sola assegna al
maschio ed alla femmina di tutte le specie un compito diverso in faccia alla
procreazione - eppoi? nulla, fuorché l'egoismo degli uomini, che citano,
ripetono e continuano eternamente sé stessi, può avervi detto il resto.
«Sia pure», voi affermate di
nuovo, «che la donna possa votare con intelligenza e indipendenza, ma a questo
ufficio non è chiamata dalla sua esistenza sociale.»
E qui proseguite dimostrandola
fatta ad una parte relativa, che non ha ragion propria, infeudata ed assorbita
da interessi non suoi, non avendo scopo in sé stessa e non dovendosi nulla.
Traducendo in lingua piana questa vostra teoria, essa verrebbe a dire: sia pure
che li usignuoli abbiano ali, ma all'ufficio di volare non sono chiamati,
dacché chiusi da noi in gabbia, ci dilettano col loro canto, e rallegrano le
nostre uggie. Il qual ragionamento, dal punto di vista dell'egoismo è perfetto
- scientificamente è uno svarione. Che se poi si metta a raffronto con gli
argomenti e coi fatti esposti precedentemente da voi, non sembrano gli uni e
gli altri appartenere allo stesso uomo.
«Suo dovere e suo officio», voi
continuate, «ed insieme suo voto, e suo bisogno, essendo di dedicarsi alla
assidua cura della famiglia, nessuna pratica può acquistare nei pubblici
affari, a cui male quindi potrebbe rivolgere l'animo e l'intelletto.»
Oh, illustre Zanardelli! Non
avete voi detto che le donne «posseggono indubbiamente tutt'i requisiti
pell'esercizio del voto»? Non avete detto «che dalle funzioni regali ai piú
umili uffici della vita quotidiana la donna diede e dà prova di saperli
adempiere anche meglio dell'uomo»?
Come va che mi affermate adesso
il contrario? Che, cioè, non può acquistare pratica dei pubblici affari, che a
questi male potrebbe rivolgere l'animo e l'intelletto?
Ma su che cosa basate voi le
vostre affermazioni? Se sul fatto - questo non si muta per accomodarsi alla
vostra tesi del momento; se sulla induzione, è un metodo che può imporsi anche
da un democratico, ma che non convince nessuno che abbia buon senso. Insomma,
secondo voi, la donna può e non deve: - sa e non può sapere - ha fatto e fa, e
non può fare! - oh, filosofo razionalista, la teorica della grazia sufficiente
e coefficiente ha fornito il modello al vostro ragionamento!
Ma qui il vostro ossequio, del
dogma, della rivelazione e della tradizione raggiunge il sublime, e assunte le
proporzioni del melodramma, voi mi apparite quasi abbagliato pontificalmente
intuonando «Noi gente di legge salica», ecc., secondato dal coro dei Crysales
di tutt'i tempi: «Domi mansit, lanam fecit.»
E dopo tanto tempo, tante cose e
tante generazioni non ci fate grazia ancora né di Lucrezia, né di Cornelia, né
di Vetturia e di Volumnia, né di nessuno di quegli inesauribili vezzi ai quali
«il ferro e il foco domar fu dato»!
Come sarebbero stati orgogliosi
quei rozzi quiriti se avessero potuto riconoscersi attraverso a piú decine di
secoli e dopo due trasformazioni radicali, il cristianesimo e la rivoluzione,
per bocca di un democratico, maestri tuttora proclamati di scienza sociale;
essi, gl'inventori del terribile pater familias; il popolo presso il
quale la schiavitú era piú tremenda che altrove, dove la moglie poteva
ripudiarsi, vendersi, uccidersi e cedersi a sconto di debiti, dove il figlio
ripeteva la vita e la libertà dal puro arbitrio paterno!
Quella piatta e tutta materiale
esistenza cosí bene fotografata dal «domi mansit, lanam fecit»,
attraverso al quale non traluce da spiraglio alcuno, vita morale, dignità di
persona, influenza d'amica, come ben si conviene a quella povera schiava che si
aggomitola sopra sé stessa per occupare il minor posto possibile, che si fa
tollerare, utilizzandosi come un utensile domestico!
Francamente - io ammiro quelle
poche donne che seppero spezzare quella crosta di granito che le leggi e le
consuetudini avevano condensato intorno ad esse e mandare ai posteri un nome
glorioso per libere virtú; esse, nate e vissute schiave, fra un popolo di
despoti!
Ma quanto apprezzo quelle
grandezze, sprazzi solitarii di luce in un abisso di tenebre, altrettanto
meraviglio che un democratico, che voi, giureconsulto eminente, voi, figlio di
padri redenti dalla proclamazione del diritto umano, rimorchiandoci attraverso
i secoli, ci riconduciate alla autorità di quei tempi e di quelle generazioni.
Scienza e consuetudini; fatti e ideali hanno educato altri uomini ed altre
donne - né potreste impugnare che nelle varietà delle opinioni che si dividono
le menti nel nostro tempo, voi democratico, e rappresentante un Governo
liberale ci imponete la opinione la piú ritardataria; quella che va riducendosi
ogni dí piú di aderenti e di autorità; quella che lo indirizzo educativo delle
donne va ogni dí piú smentendo; quella dalla quale si vanno staccando
successivamente interi Stati, e la cui totale disparizione stanno alacremente
preparando le masse socialiste colle rivoluzioni, la filosofia dalle cattedre,
la scienza tutta col suo metodo apertamente scettico e sperimentale; la stessa
crisi economica, disperdendo la famiglia e stimolando l'individualismo
femminile.
Gratuitamente quindi, on.
signore, voi asserite che le donne terrebbero il voto qual dono sgradito e vi
rinuncerebbero. La vittoria da esse ottenuta in parecchi Stati americani, non
fu loro largita graziosamente - nessun despotismo ha mai abdicato di proprio
moto - fu il frutto di una lotta di 50 anni, nella quale le donne si mostrarono
cosí diverse dal tipo rinato da Manú, che bisognò pur convenire essere esse
fatte per tutti gli uffici sociali ed adattabili a tutte le riforme nelle quali
si esplica la attività e la intelligenza umana; restando provato che la femmina
è contenuta nella donna, e non la donna contenuta nella femmina; come il
maschio non circoscrive l'uomo, bensí l'uomo circoscrive il maschio...
... Voi avete voluto scapezzare
la questione e fermare il carro del progresso gettandogli fra le ruote il
bastone tarlato dai secoli del principio salico. Non solo non avete raggiunto
lo scopo, ma avete fatto fare un passo gigante alla nostra causa, poiché a chi
legge la vostra dotta relazione, salta all'occhio la efficacia razionale dei
motivi che militano pel voto delle donne, e l'indole teologica degli argomenti
di cui vi avvalorate per impugnarlo; fa meraviglia che voi, abile avvocato
quant'altri mai, fornite voi stesso col vostro capitolo la prova contraria di
quel che affermate; poiché se la natura della donna ripugnasse alle funzioni
che le negate, essa non la avrebbe cercata mai, e in nessun luogo, neppure si
sarebbe affacciata alla mente di alcuno, la questione non esisterebbe, e il
vostro capitolo sarebbe soverchio.
Dovete quindi essere persuaso
che, se il vostro diniego sarà approvato dalla Camera, che composta tutta di
uomini, è nella causa, tutt'insieme legge e principio, giudice e parte, non
avrà scosso le convinzioni di nessun ragionatore spassionato e obiettivista.
Perdonate, illustre signore, se
nel concerto meritato di elogi che ha accolto la comparsa del vostro
monumentale lavoro, io, oscura e sola, ho alzato una nota discordante.
Io dovevo a tutte le donne
intelligenti che, in Italia e fuori, lottano contro il principio d'ostracismo
dalla vita nazionale che voi ci scagliate contro; ed alle masse femminili che
lotterebbero se non fossero soggiogate da pregiudizii, intimidite dalla
contradizione o impedite da dispotismi famigliari e officiali (e sono molte),
di protestare contro il vetusto sistema di disporre di noi come di cose, da un
punto di vista esclusivamente vostro: infiorandoci l'ingiustizia con dei
lirismi o delle esteriorità rispettose; mentre nel fatto, leggi e regolamenti
fanno a gara nel trattarci come gente conquistata fra un popolo di
conquistatori.
Indarno tenterete ridurre alle
proporzioni della odalisca le donne dell'Occidente che arsero, eretiche, sui
roghi, lottando con voi contro il dispotismo dogmatico; spirarono sui patiboli
preparando il rivolgimento filosofico e politico con la massoneria; morirono
vittime della rivoluzione con Madame Roland benedicendo alla rivoluzione; la
illustrarono con libri immortali con la Staël, con la Sand, e con la d'Héricourt, e accompagnarono voi
stessi nella reazione contro la straniera signoria.
Noi non siamo fatte per quella
parte da codine e da sultane valide - abbiamo altro sangue nelle vene, altri
ideali. Noi sdegniamo le tenebrose influenze da serraglio nelle quali volete
circoscrivere la nostra attività, e rinunciamo ai modi tortuosi di difesa che
ci prestano le vostre passioni.
Sentiamo dignità di persona e ci
riconosciamo il diritto di avere opinioni, sentimenti e interessi che debbono
farsi valere alla luce meridiana, educando le vostre coscienze alla giustizia e
avvezzando le vostre orecchie a sopportare la verità.
Io non vi conosco, on. signore,
all'infuori che per la fama che le opere vostre vi hanno procacciata. Questo vi
assicura che, esponendo nella presente lettera, con tutta franchezza, le
ragioni del mio sesso, non resta in me minore il rispetto dei vostri meriti
altissimi e il sentimento della vostra grande autorità.
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