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Anna Maria Mozzoni
La liberazione della donna

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  • XI     ALLE FANCIULLE
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XI     ALLE FANCIULLE17

 

Questo opuscolo, scritto per suggerimento di Costantino Lazzari, amico ed estimatore della Mozzoni, nel 1885, fu pubblicato insieme con un invito Ai giovani di Pietro Kropotkin per il socialismo.

La Mozzoni che qui unisce motivi mazziniani, illuministi e libertari, compie in questi anni lo spostamento dal radicalismo all'operaismo socialista. Lo scritto presenta interesse anche come testimonianza della propaganda popolare del tempo, ispirata all'idea del Manifesto comunista del 1848: «Gli operai non hanno patria. Non si può loro togliere quello che non hanno.» Nella Mozzoni si ritrova la stessa idea, articolata su motivi femministi.

 

1. Alle fanciulle che studiano

Ed ora a voi, fanciulle! - Le vostre madri divise fra il confessore, le pentole, le mode e il marito che Dio loro ha dato, reliquie d'una età che tramonta, non potrebbero comprendermi.

Io parlo a voi fanciulle di diciotto anni e suppongo la vostra mente snebbiata dallo studio, il vostro spirito curioso dei misteri del mondo e della vita e la vostra fantasia invaghita di nobili ideali. Suppongo che la bellezza, la virtú ed il sapere formino tutti quegli ideali, e al seguito di quelli la felicità, come una luce che li circonfonde e li glorifica.

Il vostro cuore batte all'unisono col cuore della umanità - voi amate tutto e tutti - il vostro giovine essere dischiuso da ogni atrio alla vita, palpitante di aspirazioni grandi ed indefinite e divorato dal bisogno di affetti, si compiace di impersonare tutti quegli ideali in un giovane...

 

... Ma ben presto, o fanciulla, tu ti accorgi che tutto lo studio che hai fatto non è apprezzato in te neppure da quelli stessi che te lo han dato. Tu ti accorgi che tutte le virtú che ti furono decantate, le lezioni solenni di grandezza che imparasti nella storia, l'amore intenso della libertà che succhiasti nelle pagine dei classici, il senso estetico che si veniva educando nella tua mente e nel tuo occhio, aveva nel pensiero dei tuoi genitori e dei tuoi maestri un tutt'altro scopo da quello che in allora ti apparve.

Tutto quell'apparato di virtú, di bellezza e di sapere non aveva che l'umile scopo di adornare la tua parola ed imprimere una certa eleganza alle tue maniere e in tutte le tue manifestazioni, come si addossa al cavallo una ricca gualdrappa. Come questo si adorna per onorare il padrone, cosí tu eri adornata per appagare la vanità del tuo futuro marito.

Tu ti accorgi, o fanciulla, che tutta la vita che la natura ti ha posto nel cuore e nella mente e si traduce in pensieri ed affetti, il desiderio di sapere che ti fu istillato, i sentimenti nobili dei quali raccogliesti l'insegnamento non hanno servito che a farti conoscere il tuo proprio valore, hanno aumentato la tua sensibilità, i tuoi gusti e i tuoi desideri e il bisogno invincibile della indipendenza, - e tu trovi che a tutta questa condizione dell'animo tuo non risponde né l'assetto attuale della società, né quello della famiglia e tutta si volge a tuo danno questa somma di beni. Poiché tu non puoi procedere nello studio senza lottare contro difficoltà economiche od esclusioni legali o pregiudizii invincibili; - non puoi lavorare perché tutto il lavoro nobile e lucroso è accaparrato dalla gioventú dell'altro sesso; - non sei libera perché la legge ti assoggetta al marito e devi obbedire a chiunque ti mantiene per necessità e da questa necessità non puoi uscire se non assoggettandoti a lavori servili faticosi e che non ti caveranno, di solito, la fame.

Tu ti accorgi che se vuoi scorrere tranquilla la vita sei costretta a soffocare ogni sogno di gloria, di virtú, di libertà e di amore, e che la missione che ti è inesorabilmente tracciata è una vita tutta riempita da noiose, minute e quotidiane pratiche della vita domestica, sicché il lavoro materiale, automatico, continuo, senza diritti, senza mercede, senza indipendenza, senza riposo e senza dignità, è la tua parte.

Tu ti accorgi che il bel giovane ardente e generoso che vagheggiavi nel tuo pensiero, fatica notte e giorno a farsi una posizione con largo e snervante tirocinio compensato con misera mercede, e se riescirà, il piú delle volte sarà perché avrà capitolato colla sua coscienza, avrà piegato la fiera cervice, avrà taciuto o dissimulato le sue convinzioni, avrà piaggiato gli interessi e le passioni dei felici, avrà svestito insomma la pura luce che aveva conquistato il tuo pensiero.

Un brutto giorno, fanciulla, tu passerai la triste rassegna delle tue amiche di adolescenza per vedere quanto i vostri bei sogni di quella età si siano avverati e vedrai, questa caduta nelle mani di un marito brutale al quale la legge presta man forte - quella vedovata in fresca età con una schiera di bimbi, che offre indarno la mente ed il braccio a lavori che l'uso e il pregiudizio non le concedono e patisce la fame - quell'altra che sedotta e povera ha dovuto strapparsi dal petto il figlio dell'amore illegale e darlo alla pubblica carità e ne ignora il destino - un'altra ancora che si dibatte fra le ritorte odiose di un matrimonio indissolubile giovine e bella con un uomo cadaverico d'anima e di corpo - un'ultima che stretta dalla miseria e circuita dai mercatori di carne umana è data in pascolo alle tarde libidini di un decrepito Nababbo per un prezzo che essi hanno intascato e che ella paga di persona...

Dalle tue amiche, o fanciulla, tu allargherai lo sguardo sulle donne tutte e vedrai le damigelle sfilare sui pubblici passeggi e accedere alle feste come la merce che il trafficante trasporta sollecito su tutti i mercati e in tutte le fiere e sciorina sulle piazze e nei luoghi piú frequentati per trovarle un compratore. Nulla si è trascurato perché la merce riesca appetibile. Quelle giovinette son ben vestite, hanno la parola adorna, chinano il capo con grazia, e se piú si chiede dell'intrinseco loro valore, si troverà che suonano bene, che danzano a meraviglia, che eseguiscono colle dita affusolate lavori di fata, che non hanno opinioni moderne, che non sono emancipatrici, che conoscono le utili cure del pollaio e della cucina e finalmente che il loro corpo è integro ed ignorano la storia naturale, per cui il compratore, che per lo piú è stagionato e ristucco di facili godimenti che gli corrono incontro nella nostra civiltà a vapore, avrà il piacere di vivere alcuni momenti la vita primitiva e gusterà la gioia brutale della conquista e lo spettacolo interessante della sorpresa, dei tremiti, dei sospiri, e si rivedrà selvaggio fra le vergini foreste colla umana preda fra le mani.

Vedrai, fanciulla, le dame languire di noia negli aurei palazzi vincolate dalle vacuità della mente, dagli usi del mondo, dai capricci del marito e dalla infermità del carattere educato a tutte le servitù ed annichilire in quella dorata galera soverchie a sé stesse e inutili agli altri se non fastidiose, pei nervi irritati dal tedio perenne.

Vedrai, fanciulla, le tue compagne segnate in fronte dal divino raggio della bellezza, popolare i ginecei, portare sopra sé sole le passioni degli uomini, i loro egoismi sensuali ed economici, e punite nelle loro carni e col bollo dell'infamia sulle loro fronti, portare tutte le miserie e le infamie sociali. - Vedrai delle fanciulle dal cuor puro e dalla fronte candidissima languire ignorate pel desiderio d'amore, e vedrai mille e milioni di giovani consumare nel vizio combattendo pel trono e per l'altare e divorati dal desiderio di un sorriso di fanciulla che è loro negato. - Vedrai madri senza figli e figli senza madri, sacrificati dalla legge alla famiglia, divinità convenzionale alla quale si immola la umanità reale.

Vedrai la donna povera oppressa dal caldo ed assiderata dal freddo, nelle umide risaie, nei campi sferzati dal sole o nella buia stamberga cittadina lavorare indefessa, allattare i propri figli e anche quelli dei ricchi per poche monete, impiegare la mente, la mano, il cuore, il sangue, il latte, la carne, tutti gli anni, tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti quanto è lunga la vita, e quanto costituisce la persona in servizio dell'uomo.

E quest'uomo vedrai che, sacerdote, la maledice e la dichiara colpevole e impura e condannata per divino precetto ad eterna servitù, - magistrato la dichiara imbecille, incapace, eppure la condanna anche per colpe non sue, - legislatore ne fa il paria e l'ilota della società, - marito la tratta come serva e proprietà, - figlio la indulge per istinto figliale, ma per sentimento educato la considera come creatura inferiore, - libertino la sfrutta, - speculatore la traffica, - moralista la infama.

Fanciulla! davanti alla rovina di tutti i tuoi ideali e circondata da questa marea di dolori, ti senti afferrata da invincibile tristezza, e il trovarti dannata da un fato inesorabile ed empio, senza peccato, pel solo fatto della tua nascita e condannata, conculcata, esclusa, deprezzata, non potendo far nulla per redimerti e incontrando anzi dappertutto lo scherno se osi lagnarti della tua sorte, ti sommerge il cuore in una sconfortante agonia e quindi scoppia in te una protesta contro la natura. Ma, passata la forza della reazione passionata, il tuo pensiero moverà alla ricerca dei mezzi onde sfuggire al naufragio che sommerge le tue simili.

Se tu hai una mente debole, un cuore piccino e un temperamento molle, tu chinerai il capo al destino. Tu strapperai dal tuo cuore quel pudore, che non è il pensato rossore del volto, ma la intransigente dignità dell'anima, - tu non avrai piú che uno scopo della vita, piacere; piacere a tutti per incontrare dei sorrisi, piacere per mascherare di fiori le spine della tua corona, per circondare di gioie la tua vanità dacché sono sfrondati gli allori sognati delle nobili virtù e della grandezza vera.

Tu disprezzerai gli uomini per la loro ingiustizia e non potendo fare assegnamento sulla loro ragione, sulla quale l'egoismo ha impresso una pregiudiziale, conterai sulle loro passioni, delle quali sei certa, e che potrai maneggiare a tuo talento. Tu diventerai un disgustoso impasto di artifici e di civetterie, la tua mente si vuoterà d'ogni nobile pensiero e il tuo cuore d'ogni affetto generoso.

Ma se la tua ragione è ferma, se la osservazione e la meditazione ti hanno educata alla fiducia nella ragione, se il tuo carattere è fiero, se il tuo cuore è ardente ed entusiasta, lo spettacolo della ingiustizia e della oppressione ti farà vieppiú pensosa e meditabonda a ricercarne le cause.

Tu troverai che il prete che ti maledice è un uomo, - che il legislatore che ti opprime è un uomo, - che il marito che ti riduce a cosa è un uomo, - che il libertino che ti sfrutta, - che il capitalista che strozza la mercede del tuo lavoro, - che lo speculatore che intasca il prezzo della tua carne, sono uomini - e che come uomini sono soggetti ad errare per ignoranza e per interesse.

Tu penserai che l'ignoranza può essere illuminata e che contro gli interessi che opprimono, vi sono gl'interessi che sono oppressi e che si potrebbe bene oppor questi a quelli e suscitare una lotta il cui ultimo atto potrebbe anche essere il trionfo della giustizia.

Tu penserai che questi uomini che ti opprimono, ciascuno secondo il suo punto di vista e la speciale iniziazione ricevuta, sono a loro volta oppressi da altri uomini piú forti e piú scaltri di loro con l'appoggio di pregiudizii analoghi e di istituzioni equivalenti.

Tu troverai d'altronde, che tutte quelle categorie d'uomini che si son potuti levare dalla schiavitú e dalla oppressione, lo hanno fatto appellandosi al diritto naturale, unica legge che tutti riceviamo nascendo e che tutti ci accomuna nei bisogni e perciò nel diritto - nel diritto di vivere, di pensare, di amare - nella sovranità della propria persona, nella scelta del proprio lavoro, nella libertà di tutti e per tutti.

Tu penserai che il lavoro non è né santità, né dovere, come ti si insegnò dallo stupido dogmatismo della scuola, - non è che bisogno e deve contenersi nei limiti del bisogno, - e che la donna condannata ad agitarsi come un meccanismo montato tutta la vita, in un lavoro senza pensiero per sottrarre l'uomo al sentimento delle piú piccole preoccupazioni della vita pratica, è frodata di quattro quinti della esistenza, è l'eunuco della mente reso tale perché piú laute siano le gioie del suo sultano.

Tu capirai, che la famiglia non è né trono, né altare e che quindi non ha necessità né di un re, né di un sacerdote. Nessuna bibbia l'ha inventata e nessun codice, - la crea l'amore e dov'esso non è, nessun codice e nessuna bibbia possono sostituirlo. - L'amore è la legge della natura, è la simultaneità e la spontaneità dell'accordo, è l'equilibrio delle differenze, è la distribuzione armonica di funzioni diverse ed equivalenti, è la soluzione del problema della famiglia che tutti gli esseri risolvono ogni giorno ed ogni ora, intorno, sopra e sotto di noi e che gli uomini sudano a complicare con dogmi quanto violenti altrettanto cretini.

E allora, o fanciulla, quando il tuo pensiero ti avrà condotta di cosa in cosa e da una in altra idea fino a questo punto, che cosa deciderai nella tua mente elevata e nel tuo cuore innamorato della giustizia?

Come Galileo armato dell'evidenza, ribellandoti al dogma, tu dirai: «No, o prete, non è vero che io son fatta per la schiavitú. Il bisogno della libertà mi freme nell'anima, - non è vero che io abbia peccato, - io sono innocente e la reclusione del pensiero e del corpo non mi è dovuta. - Non è vero, o legislatore, che io sono da meno di te e degli individui del tuo sesso. La mia ragione è a livello della tua, - io sorprendo la tua complicità coi furbi, coi prepotenti e cogli egoisti. Io leggo nelle tue righe il disprezzo della persona umana e l'adorazione dell'oro e della potenza. Il tuo senso giuridico, di cui mi proclami priva, è il prodotto dell'accoppiamento adultero della giustizia moderna coi dogmi prepotenti di un'altra età. - Non è vero, o moralista, che la mia missione è di agitarmi indefessa, pel servizio materiale di un individuo, no; le mie facoltà soverchiano questo compito, io sono parte dell'umanità, sono mezzo e scopo a me stessa. - Io sento che il mio pensiero generalizza le idee e il mio cuore lo segue dilatando le sue latebre ed abbracciando in un amplesso materno tutta l'umanità. - L'ingiustizia mi rivolta, il dogma suscita nel mio cuore la ribellione, le arti con cui si demoralizza la donna e la si educa a servire volontariamente mi ributtano, quel pudore di speculazione che si educa sul suo volto a forza di lodarlo mi contrista, quella schiava di corpo ed anima nella cui mente si è dato di frego ad ogni pensiero e quella carne che non è piú persona mi nausea

Ebbene, o fanciulla, tu allora ripudierai il vincolo autoritario del matrimonio, tu negherai la tua mano all'uomo che ti compra e andrai libera coll'uomo che ami e che ti ama.

Tu alleverai i tuoi figli maschi e femmine nella idea che il lavoro non è né santo, né doveroso e che esso non è che necessario - tu li alleverai nel principio di una dignitosa indipendenza dalle prestazioni altrui in tutto il possibile.

Tu vorrai che, garzoni e fanciulle siano liberi entrambi nel pensiero, nel lavoro e nelle azioni, con sola scorta la giustizia e il sentimento del rispetto a sé stessi e ad altrui.

Tu vorrai l'indipendenza economica di tutti e di tutte, perché da questa scaturisce la libertà, la dignità, l'amor del sapere e tutta la possibile felicità.

Tu educherai le une e gli altri a considerare nelle leggi e nei catechismi le armi associate dei furbi e dei prepotenti, a non rispettare che la giustizia se anche si trovi in luoghi abbietti e a ribellarsi contro la ingiustizia se anche si trovi all'ombra della legge e dell'altare.

Ma se per la felicità tua e dei tuoi figli troverai necessario questo indirizzo, allora tu sarai socialista. Vieni dunque, desiderata compagna, e ingrossa le nostre file. - Combattiamo insieme e dove troveremo la donna che si vende non la diremo infame, ma vittima della esclusione dal lavoro e dell'organismo economico che fa perfino dell'amore un privilegio della ricchezza. - Della moglie che langue, della fanciulla tradita, del bambino reietto, della operaia affamata, della dama che langue nel tedio della vita, della gioventú femminile che incretinisce presso alle tonache claustrali, o si consuma nel bisogno insoddisfatto dell'amore, chiederemo ragione alla società, alle sue leggi, ai suoi usi, ai suoi pregiudizii, alle sue tirannie.

Se sei socialista, o fanciulla, spingi lo sguardo oltre le pareti della tua casa ed allarga il tuo cuore. Vedi nei tuoi figli e nelle tue figlie, tutti i figli e tutte le figlie degli uomini. - Noi vogliamo che a tutti giungano le stesse idee perché tutti ne ritraggano gli stessi vantaggi e perché tutti siano redenti.

Noi vogliamo che tutti abbiano la libertà di pensare, il tempo di pensare ed i mezzi che aiutano a pensare.

Non piú catechismi, né bibbie, ma spontaneità, osservazione e critica. Noi vogliamo che ognuno scelga il suo lavoro e ne sia padrone in tutto l'ambito dell'attività sociale, vogliamo abolito il mercato della carne, smonarchizzata la famiglia, equilibrate le ragioni economiche del lavoro e della mercede, ridonate alla gioventú le gioie dell'amore.

Vieni con noi, fanciulla, a seminare la giustizia e la libertà. - Vieni con noi, e sii la madre delle generazioni avvenire.

 

2. Alle Figlie del Popolo

Voglio dire due parole a voi, figlie del popolo, che sedete sull'infimo gradino della scala sociale. Voi che sostenete il peso della giornata, del freddo e del caldo, voi che portate la doppia maledizione biblica che ha colpito la razza umana, perché partorite nel dolore, servite nel corpo e nell'anima e sudate affannosamente un pane che non basta alla vostra fame, voi sole potete capirmi...

 

... Non avete sentito dire tante volte dai vecchi che il galantuomo trova sempre chi l'aiuta, non avete letto in tutti i libri e sentito predicare nelle chiese che Dio aiuta la gente onesta, che la virtú è sempre ricompensata, che il pane non manca mai a chi lavora, che volere è potere e tante consimili cose che vi hanno consolato e raddoppiato in voi la potenza della volontà e la fiducia nella felicità?

Tu hai sentito tutto ciò, o figlia del lavoro, ma pochi anni sono passati e tu ti accorgi che la vita non è bella come prima ti apparve, che talora manca la forza al lavoro, e manca talora il pane anche a chi lavora. Tu vedi che il padrone dei campi dove lavori o della casa dove abiti, senza far nulla arricchisce o intasca quella pigione che ti costa tanto sudore. Tu ti accorgi che la dama che ti lesina il soldo sulle fatture getta a piene mani il denaro che non le costa nulla in fronzoli e chincaglie che paga assai piú che non valgano, e che il mercante che paga con pochi soldi il merletto che ti cava gli occhi e ti tiene inchiodata sullo sgabello dall'alba a notte, lo rivende, senza averlo fatto, per molte lire e ingrassa pel lavoro stesso che ti dimagra...

Tu ti accorgi che il tuo marito benché volonteroso e solerte, cade presto ammalato di stenti e di pellagra, che egli si trova talora senza lavoro o deve adattarsi ad una diminuzione di salario se pur vuole lavorare perché la concorrenza cresce e il piccolo industriale è assorbito dal grosso, per la morta stagione, per una pubblica calamità, per una novella allarmante che arresta il commercio e sgomenta gli speculatori.

Tu ti accorgi che il contributo di sangue, di carne e di braccia che tu presti alla famiglia ti diviene ogni giorno più grave, ed il padre dei tuoi figli che ti riguardava un tempo come la confidente e la depositaria delle sue cure, ti considera oggi come lo sfogatoio naturale delle sue ire e dei suoi malumori. Crucciata al par di lui, al par di lui bisognosa, meno forte di lui, giorno e notte angosciata dai bisogni e dal pianto dei bambini, tu devi ancora sopportare rimproveri e maledizioni, portare la tua croce e la sua, e s'egli cerca nel vino e nella compagnia degli amici un sollievo alla sua tristezza, al suo rincasare tu pagherai ancora quei conforti con rincrudimenti di sdegni, con cipiglio piú iroso, con fame più intensa.

Se tuo marito ti maltratta, se ti percuote e te ne lagni al pretore, egli ti risponde: «Andate in pace, non vi sono gli estremi legali.» Se te ne lagni al prete egli ti risponde: «È la tua condanna, la tua schiavitú è la legge di Dio.» Se ti confidi a persona prudente e di consiglio, essa ti persuade che bisogna piegare il capo alla forza maggiore e che la signoria dell'uomo nella famiglia è una necessità dell'ordine, quand'anche vi crei il disordine. Se ne piangi in seno a tua madre, ella ti risponde piangendo: «Anch'io ho sofferto cosí

Sconfortata tu rivolgi lo sguardo all'ultima tua speranza, a tuo figlio che hai vestito della tua carne, hai nutrito del tuo sangue, hai cresciuto a spese del tuo digiuno, del tuo lavoro, del tuo riposo e che sarà il tuo orgoglio e il tuo sostegno.

No, infelice, t'inganni ancora. Or che l'hai fatto e cresciuto, il re te lo prende per farne puntello al suo trono e lo assoggetta a fiera disciplina onde assicurarsi della sua ribellione. Chi non ha fatto nulla per tuo figlio può tutto su di lui, tu che hai fatto tutto non ci puoi nulla.

Se tuo figlio è morto in guerra e il re ha vinto non ti è permesso di piangere, - saresti una cattiva patriota ed una vile femminuccia. - Se il re fu sconfitto e tuo figlio ritorna a casa sano e salvo, tu non devi rallegrartene perché v'è al mondo una cosa che si chiama patria il cui bene è inseparabile da quello del re, alla quale tu devi tutto, anche il sangue dei tuoi figli...

La patria! Come spiegare a te con parole che tu possa capire e che tocchino a te e ai tuoi interessi, che cosa è questa terribile patria che incorona, strappandoti i figli, l'immane edificio dei tuoi dolori?

Per il re la patria è il trono, è il potere, è il fasto, è la lista civile, è il diritto di far piegare tutto quello che esiste nel regno ai suoi interessi - per il ricco la patria è la culla d'oro dove nacque, il palazzo dove alloggia senza lavorare, le ricchezze che possiede, le leggi che gli garantiscono le sue proprietà, il diritto di occupare i posti piú alti, - per l'uomo di qualunque classe la patria è il paese nel quale egli può dare il suo voto per eleggere quelli che amministrano e che governano, è la legge che gli garantisce la padronanza della sua propria persona e della sua casa, che lo fa padrone dei tuoi figli e lo garantisce della tua stessa servitú ed assicura nelle sue mani la tua catena.

Per te, o donna del popolo, che cosa è la patria? È il gendarme che viene a prendere tuo figlio per farlo soldato - è l'esattore che estorce la tassa del fuocatico dal tuo focolare quasi sempre spento - è la guardia daziaria che ti fruga indosso per assicurarsi che tu non abbi risparmiato qualche soldo sul pane sudato per i tuoi figli - è il lenone e la megera che, protetti dal governo, inseguono la tua figlia per trarla nelle loro reti - è la guardia di questura che la trascina all'ufficio sanitario - è il postribolo patentato che la ingoia - è la prigione - il sifilicomio - il patibolo, - è la legge che i tuoi figli in proprietà a tuo marito e che dichiara te stessa schiava e serva di lui. - Delle glorie di questa patria, delle sue gioie, dei suoi beni, dei suoi favori, neppure uno arriva fino a te.

«E patria non conosce

Altra che il cielo...»

è il ritornello che adopera allora il prete per asciugare le tue lagrime intanto che mantiene con la paura dell'inferno la tua rassegnazione su questa terra.

Se un caso, frequente pur troppo, fa che la famiglia ti resti sulle braccia, non ti varrà sorgere prima del giorno e ricoricarti a notte tarda, né lo aver il sussidio della macchina da cucito, né l'andar lontano nelle risaie o nei campi a cercar mercede. Lo speculatore sa che tutte le donne sono condannate a farsi concorrenza in pochi lavori e che le operaie debbono per di piú sostenere la concorrenza delle non operaie.

La macchina non ha fatto che aggiungere alle tue fatiche senza aggiungere al tuo salario. Invece di cucire una camicia in tre giorni per tre lire, tu cucirai tre camicie in un giorno e non avrai ancora che una lira e per dipiú avrai il petto dolente, la testa intontita e avrai diminuita la domanda della tua mano d'opera avendo fatto una maggior produzione.

La trebbiatrice, la falciatrice saranno venute a rubarti il faticoso guadagno della messe; la macchina ha fruttato solo allo speculatore del tuo lavoro.

Se disperando di sfamarti ricorri alle Congregazioni di Carità, nuove delusioni ti aspettano. Quante strade, quante scale, quanto tempo, quante lagrime per ottenere la derisione di tre lire al mese! Quanti rabuffi nelle anticamere e nelle sale! Eppure quel denaro è proprietà del povero, è cosa tua, e il tuo bisogno è vero, i tuoi figli piangono e la tua guancia incavata accusa i lunghi digiuni! E quei cavalieri ben nutriti, sepolti in comode poltrone, in un'atmosfera tepida che ti fa pensare al freddo malinconico della tua stamberga, passeggiano su soffici tappeti, pranzano lautamente e passano fra i plausi delle turbe illuminati dalla aureola di filantropi e benefattori dei poveri...

Tu guardi quel meschino soccorso, lo confronti colla grandezza del tuo bisogno e con la fame dei tuoi figli e un assalto di disperazione ti stringe il cuore...

Se tu segui l'istinto passionato dell'animo, un odio selvaggio s'impadronirà di te e tu odierai la vita e l'umanità con tutte le forze dell'anima tua. Ogni dolcezza, ogni virtù sparirà con l'ultima speranza e tu non penserai che a vendicarti, odiare i felici, trovare qualche briciola di bene in qualsiasi modo. Tu venderai la tua carne, tenterai sorprendere la buona fede, speculerai sulla pietà dei buoni, mentirai, ingannerai, insegnerai ai tuoi figli a fare lo stesso e reputerai arme di buona guerra qualunque artificio col quale tu possa strappare dalle tasche altrui qualche soldo e vendicare i tuoi patimenti diminuendo le gioie altrui...

Ma se tu sei buona e generosa, se è rimasta in te una scintilla di quel fuoco sacro che ti fa amare gl'infelici più ti senti infelice, nelle lunghe notti insonni pel digiuno tu penserai alla causa dei tuoi mali che somigliano a quelli di tante altre donne della tua classe. Tu capirai che questa causa non è un destino cieco e fatale, non è nessun Dio che voglia punirti o prenda piacere ai tuoi dolori, non è nessuna potenza malefica e misteriosa - ma è l'egoismo umano compenetrato da secoli e secoli in tutte le istituzioni, è la forza diventata diritto, è l'intelligenza divenuta furberia, sono tutti gl'interessi dei forti che si sono affratellati contro quelli dei deboli, si sono impadroniti di tutte le forze della società e le impiegano tutte a loro vantaggio.

Ma quando, o donna del popolo, tu avrai capito questo, tu vorrai che tutto questo disordine e questa ingiustizia abbiano un fine e sarai socialista...

 

... Tu ricorderai che tu stessa sei una intelligenza, una volontà, una attività. Tu penserai che i cannoni e i fucili sono montati e scaricati dai tuoi figli - tu penserai che il soldato che puntella il trono - il prete che accarezza i forti e maledice i deboli - il carceriere che custodisce il socialista - il questurino, la spia, il boia, la prostituta, il lenone, tutta questa triste progenie quale colpevole e quale infelice, è tutta uscita dal popolo, ha preso vita nelle tue viscere, fu partorita fra i tuoi dolori, ha succhiato il tuo latte, ha bamboleggiato sulle tue ginocchia, ha attinto dalle tue labbra le prime nozioni della vita e degli errori di cui sono oggi gli strumenti e la forza...

Che fare?

Vieni con noi, vieni sul cammino della rivoluzione sociale!

Vittima di tutte le ingiustizie degli uomini, infima fra le schiave, capro espiatorio di tutti i peccati del mondo, figlia del popolo, quel giorno nel quale la giustizia arriverà fino a te, l'egoismo umano sarà domato e l'umanità sarà redenta.





17 Alle fanciulle, Milano, Tipografia C. Lazzari, 1885.





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