Il testo di questa conferenza, che si riporta
intera, indica il grado di maturità al quale era pervenuto, sul piano ideale,
politico e organizzativo, il movimento socialista per l'emancipazione della
donna al cadere del secolo, quando cioè la composizione della classe operaia
era tale che la maggioranza dei lavoratori nelle fabbriche erano donne. Non va
dimenticato, infatti, che la nascita dell'industria tessile segnò, in Italia
come ovunque, l'inizio della «rivoluzione industriale»; e poiché la maggior
parte dei tessili erano donne, la scomposizione dei ruoli all'interno della
famiglia operaia sostenne e alimentò la lotta contro le vecchie consuetudini,
le preclusioni antagonistiche e le iniziative per l'eguaglianza sociale tra i
sessi. È abbastanza ovvio che le sigaraie siano state più interessate dei
sigarai all'inclusione delle donne nell'elettorato. Senza l'ingresso delle
donne nelle fabbriche, non vi sarebbero mai state donne nelle scuole, negli
uffici, nei partiti politici. Non sarebbero mai stati discussi i problemi del
matrimonio dissolubile o della maternità volontaria.
Anche il pericolo che le
donne restassero, come accadrà nel nuovo secolo, parzialmente allontanate
proprio dalle industrie più meccanizzate (e meglio retribuite) è intravisto
dalla Mozzoni, e non per nulla tra i gruppi «discriminati» cui si richiama qui
per analogia c'è il lavoratore nero, in termini marxisti, l'operaio di recente
origine contadina doppiamente sfruttato. Facendo leva sulla liberazione della
donna dagli antichi vincoli, il processo di trasformazione della vita familiare
entrava in una fase nuova, e mentre i democratici e i socialisti secondavano la
tendenza oggettiva all'estinzione delle forme preborghesi di sfruttamento (i
bambini dei due sessi entrati nella fabbrica non ne uscirono per tornare a
lavorare come allievi dipendenti dei genitori artigiani - senza orario né
salario -, ma per avviarsi alla scuola, intanto elementare. In prospettiva si
creavano insieme le istituzioni scolastiche e i loro critici: contro la realtà
di un indottrinamento pietrificante e di una gerarchia burocratizzata, lo
spirito critico diveniva un'esigenza di massa), i reazionari favorivano la
tendenza opposta, alimentata dalla borghesia per le necessità dello
sfruttamento, a protrarle nel tempo e ad accentuarle (il lavoro a domicilio non
fu «dissolto», ma piuttosto integrato all'industria e massificato). Ma come il
pregiudizio antifemminista, di origine lontanissima (si può anche risalire,
come faceva Engels, all'origine della società divisa in classi, coincidente con
la «disfatta storica del sesso femminile»), mantenuto dalla borghesia se non
altro per mantenere le discriminazioni salariali - ma le ragioni sono poi le
stesse di ogni altra discriminazione - finiva per vivere di vita propria e
andava a nutrire la prospettiva dei ritorni reazionari, cosí anche la lotta
contro il «pregiudizio» fatta propria dalle forze sociali e politiche che la
rivoluzione borghese aveva creato - la classe operaia e il suo partito politico
- manteneva viva nei socialisti l'idea di quella società di liberi ed eguali
che la socializzazione dell'economia aveva il fine di creare.
Alla Mozzoni mancava forse
una qualsiasi conoscenza del marxismo. Ma le bastava rivendicare i diritti
individuali partendo dagli individui «assoggettati», vale a dire dalle donne,
per avviare nella direzione giusta un problema che resta tra i principali del
nostro tempo, perché resta appunto tra i problemi del socialismo, che soltanto
sul terreno del socialismo può trovare soluzione. E poiché la prospettiva del
socialismo non è un miraggio avveniristico, ma nutre di sé, ai nostri tempi,
obiettivi civili ed economici, nel quadro degli orientamenti politici generali,
la lotta per i diritti civili ed economici investe direttamente il movimento di
liberazione della donna anche ai nostri tempi, nel quadro dei rapporti tra i
partiti politici avanzati, in Italia, in Europa, e probabilmente ovunque.
Care Sorelle del Lavoro,
In capo allo Statuto del vostro sodalizio ho letto queste
parole: «Totalmente libere dai pregiudizii di una educazione artificiosa, noi
ci leviamo a nuova vita.
«Ce lo impone il moto di
redenzione ognor piú irrompente che vivamente agita le classi operaie di tutto
il mondo. E come potremmo restarcene spettatrici indifferenti, quando le nostre
condizioni di schiavitú economica-morale, ed il fatale, continuo aumento dei
nostri bisogni di donne, di madri e di operaie, naturalmente ci sospingono
verso le lotte e le forze dei lavoratori maschi?
«Oh che è forse giusto e civile
il concetto di inferiorità sociale col quale siamo considerate, ed in nome del
quale ci si vorrebbe eternamente ignoranti ed oppresse?
«No, no; altamente affermiamo
che contro tale educazione vogliamo ribellarci virilmente e che in nome dei
nostri speciali diritti ed interessi di operaie e di personalità complete, ci
stendiamo fraternamente le mani e scendiamo in campo con la forza
dell'associazione.
«Le vane paure, le stupide
finzioni, i piccoli egoismi, le facili illusioni e le menzogne d'ogni fatta non
hanno piú eco in noi.
«Tutte quante apparteniamo alla
grande famiglia dei diseredati; con essa dividiamo le fatiche e le privazioni;
con essa dunque vogliamo sperare e combattere fino alla completa emancipazione
da ogni sorta di servaggio.»
Ricordarvi queste parole e
questi concetti che stanno a capo del vostro Statuto sociale vale quanto dire
che io mi vedrei qui a parlare a convertiti; e che tutto quanto io posso dirvi
intorno ai vostri interessi ed alle vostre aspirazioni, Voi lo sapete già, non
solo, ma è già in Voi convinzione, è già divenuto succo e sangue nelle anime
vostre.
Tuttavia, l'avermi Voi invitata
ad essere Madrina della vostra bandiera, di quella bandiera nelle cui pieghe
sta scritto «Emancipazione», mi obbliga a svolgere questo argomento.
E con gioia io lo raccolgo, e lo
svolgo davanti a voi nelle condizioni dell'oggi.
Fino dalla mia prima giovinezza
esso fu il grido infaticabile dell'anima mia.
Quel grido echeggiava allora in
un deserto, e in mezzo ai delirii giulivi della recente libertà, esso non
suscitava intorno a me che scandalo e derisione.
Quegli uomini che avevano
cospirato per la libertà, sofferto nelle fortezze nordiche e sfidato i patiboli
nel nome santo di essa, che aveano combattuto per lei, che la ponevano al
dissopra d'ogni umano bene, che si ribellavano dal fondo dell'anima all'idea di
essere sudditi e non cittadini - quegli stessi uomini non capivano che la donna
potesse ribellarsi alle catene e si sdegnasse dello stato di servitú; - essi
che si erano emancipati dal dogma, si scandalizzavano che la donna ripudiasse
la condanna biblica alla eterna soggezione; - essi che si erano conquistati con
battaglie cruente i diritti politici, si meravigliavano che la donna volesse,
dicevano, caricarsi le spalle dell'uggioso fardello del voto, far l'elettore e
l'eleggibile, e aspirare a cotali altre miserie delle quali è tribolata la vita
del libero cittadino.
Per essi la donna avea torto marcio
se non si sentiva felice, Vestale dal peplo affritellato, accanto alla pentola;
era degenere, ridicola, se non sentiva di quale e quanto decoro la rivestisse
la sua condizione di pupilla e di interdetta, di proprietaria libera soltanto
di fare il suo testamento, di madre investita di una patria potestà teorica,
datale con la magna solennità con la quale i nostri legislatori affermano i
grandi principii; e toltale con quella disinvoltura con la quale essi sono usi
di trattare la gente di cui non hanno bisogno.
Per loro che interessi avea mai,
la donna, da difendere o da far valere? Dacché gli uomini erano soddisfatti che
cosa mancava alle donne? Evidentemente esse erano pervertite, deliranti, si era
in presenza di un fatto morboso, patologico.
Non è meraviglia se, dopo aver
durato lunghi anni in una controversia sostenuta dagli innumerevoli avversarii,
in parte con tutta la ingenuità d'un egoismo lungamente educato,21 e in
parte con evidente mala fede, io non abbia receduto dall'antica convinzione
mia; non solo, ma che per dippiú io creda oggi piú che mai fermamente, che la
rivendicazione dei diritti civili, politici e sociali della donna, è la
suprema, la piú importante, la piú decisiva di tutte le questioni sociali; e,
non che accessoria e relativa, come la predicano taluni socialisti che pure la
comprendono, io pensi ancora essere questa questione la rocca, la cittadella
dove rifugiati il diritto divino, il diritto della forza, e il sistema dello
sfruttamento di un individuo sull'altro, possono ancora sfidare per secoli
tutte le rivoluzioni possibili.
Infatti il diritto divino
perseguitato e trafitto nella teocrazia e nella monarchia, si appiatta e si
nasconde nel diritto del maschio, che permane indiscusso e aprioristico, al
diffuori d'ogni base razionale di diritto. Il diritto della forza sconfitto
dalla filosofia e dal giure interno ed internazionale delle genti civili,
perdura nell'uomo di fronte alla donna a mantenere il monarcato domestico, e
tutte le impotenze, incapacità ed esclusioni di lei, le quali tutte concludono
in un aumento di beneficii e di forza giuridica, domestica e sociale per
l'uomo.
Il sistema dello sfruttamento
capitalistico costretto a capitolare di fronte alla resistenza operaia rimpetto
all'uomo, continua e continuerà a sfruttare la donna con la minore mercede,
perché il salario partendo per lei da un criterio speciale, continuerà ad
applicarsi non al valore del lavoro, ma all'inferiorità del lavoratore.
Senza mettere nel conto lo
sfruttamento che le deriva oggi e continuerà a derivare alla donna, dalla
esclusione dalla maggiore e piú nobile e piú lucrosa parte del lavoro sociale;
per cui, esclusa dalla concorrenza, deve offrire allo sfruttamento la sua
propria persona e lasciarsi divorare, infangare, opprimere, dispregiare al
dissotto del bruto.
Per tutte queste ragioni la
rivendicazione dei diritti della donna e la redenzione di lei è la suprema, la
piú vasta e radicale delle questioni sociali; è quella che andrà a sfidare fino
nei suoi ultimi trinceramenti l'egoismo dell'uomo, la sua libidine di dominio e
di sfruttamento, quella che non lascierà indifferente né un uomo, né una donna,
quella che dal trono al tugurio, ad ogni talamo, ad ogni focolare porterà la
controversia e la lotta, e conterà in ogni casa una vittoria e una sconfitta.
Ed io reputo di capitale
importanza destare l'attenzione delli operai, e sopratutto la vostra, o
lavoratrici, sopra una funesta opinione che va attecchendo anche fra scrittori
e ardenti socialisti intorno a questa questione; opinione che le è del tutto
esiziale.
Pur troppo lo spirito umano che
è capace di tutte le altezze scientifiche ed idealiste, come di tutte le
assurdità, è anche capacissimo di accogliere e professare la contraddizione,
sicché si vedono socialisti, e socialisti di polso, i quali non credono, non
vogliono, e combattono caldamente la emancipazione della donna: e la meraviglia
che suscita codesto fatto è anche maggiore, ove si constati esservi fra cotali
socialisti, degli studiosi e dotti economisti.22
È perciò che molti di essi
affettano di non parlarne mai, o di parlarne come di un accessorio, di una cosa
relativa, di una frondosità quasi della questione sociale.
Altri riguardano la donna e la
sua complessa posizione sociale come una cosa a sé, che vuol essere considerata
con criterii affatto speciali e subordinati alle necessità della specie;
necessità che in ultima analisi sono poi la necessità, gli utili, i vantaggi
dell'uomo, adulto, o bambino: dacché l'uomo sia egli prete, o re, o nobile, o
borghese; creda egli nel diritto divino, o nel privilegio monarchico e
signorile, o nel verbo democratico, o sociale, è pur sempre un perfetto
egoista; e come tale, si è foggiato per proprio beneficio, di fronte alla
donna, una specie di diritto divino del maschio, che egli reputa e tiene
volontieri, al dissopra e al diffuori di quei canoni di logica e di equità, che
hanno tanto servito a lui stesso per la rivendicazione delle proprie libertà.
Cosí Proudhon dopo avere, con
una cotal aria di fastidio, vagliato e dibattuto fra sé e sé, il problema della
posizione sociale della donna, conclude, che «cortigiana o massaia, egli non
vede per lei altra uscita. Ella è per lui una creatura irrazionale, inferiore,
al diffuori della giustizia; fatta anzi per tollerare la ingiustizia».
Michelet, tutto sdilinquito
nell'amore e nel miele, riguarda la donna come una bimba malata, che ha bisogno
incessante di cure, di riguardi, di minute ed amorose sollecitudini da parte
dell'uomo.
Per lui, quindi, considerare
codesta graziosa e fragile impotenza, come una capacità, come un valore, volere
che serva a qualche cosa, che lavori, che produca alcun che, oltre i bimbi; che
assuma delle responsabilità, degli ufficii, delle funzioni, è una brutalità,
una ingiustizia, una barbarie. - Parlare per lei di diritti, di dignità, di
personalità giuridica, politica o sociale è un non senso.
Il Comte ama figurare l'uomo
rivestito, rispetto alla sua famiglia, di una specie di pontificato, o
monarcato teocratico, in forza del quale egli risponde di essa in faccia alla
Società ed alla Natura, con una miscela ben condizionata di diritto divino ed
umano, naturale e scritto; e quindi i figli nella minore età, e la moglie
perennemente, non hanno personalità propria, ma sono del tutto assorbiti nella
personalità del padre e del marito, che impersona la famiglia, la rappresenta,
la riassume, la contiene.
E codesto criterio, a cento anni
dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo e della grande Rivoluzione che ha
posto sugli altari la dea Ragione al posto del Dogma, regna tuttora felicemente
nei nostri codici, ed è bevuto avidamente dalla acerba gioventú che si affolla
intorno alle cattedre universitarie.
Gran maledizione sociale codesta
che i giovani debbano, per forza, essere educati dai vecchi!
E, con piú o meno felici varianti,
intorno alle dottrine degli scrittori accennati, si aggruppano in gran numero i
socialisti della prima parte di questo secolo, di quel periodo nel quale il
problema sociale era tuttora avvolto nelle nebbie accademiche. Campo sterminato
nel quale divagano non meno sterilmente che insanabilmente gli spiriti, che
portano, non solo nella vita vissuta, ma altresí nello studio, un subiettivismo
troppo petulante, che ottenebra i liberi orizzonti delle intelligenze geniali!
Buttiamo ora uno sguardo sugli
scrittori socialisti dell'oggi, di quegli scrittori la cui penna è un braccio,
i cui libri sono una azione, le cui parole sono fatti, dacché sulle loro pagine
il problema sociale è rispecchiato nella sua nuda e cruda realtà con esattezza
fotografica di particolari, con calore passionato e luce massima d'evidenza,
come dee farsi da gente che sa il metodo positivo e lo applica magistralmente,
sicché radicano le convinzioni, intanto che agitano il sentimento e muovono le
volontà.
Eppure anche per questi il
problema delle rivendicazioni della donna, giace nel sottinteso. Per essi, la
donna è naturalmente, manco a dirlo! eguale all'uomo; l'avvenire è
fecondo di promesse per lei - ma se poi si degnano, e assai di rado, di
scrivere direttamente sull'argomento, o dirigono a lei qualche pagina, o
capitolo, lo fanno invariabilmente nello stile parafrasato col quale le
parlavano, nelle epoche rispettive, i preti, i riformisti, i filosofi, i
democratici. - La eccitano alla lotta, a lavorare, a sacrificarsi, perché essa
pure ne avrà beneficii certi, e grandissimi; ma intanto, predicano essi, i suoi
interessi, non sono pel momento da discutere; questo farebbe una importuna
digressione - il suo vantaggio verrà da sé - è contenuto necessariamente nella
dottrina che si vuol far prevalere. -
Gli scrittori socialisti sanno
che se la donna si mettesse a camminare a ritroso, la causa delle
rivendicazioni operaie e proletarie sarebbe perduta; ma in pari tempo non hanno
tempo da dedicarle lo studio, né la volontà di consacrarle l'energia e l'azione;
e trovano più comodo ripetere la storia dell'umano egoismo in tutta la sua
ingenuità.
Sono ancora gli uomini che nella
Grecia antica armavano gli Iloti per difendere dagli invasori le proprie
libertà - che in Roma armavano gli schiavi per la difesa della Repubblica - che
nell'America del Sud armavano i negri contro i Nordisti abolizionisti; - e che
borghesi dell'89; illuminati di Germania; liberali di Francia; radicali di
Spagna; carbonari d'Italia; democratici cospiratori del '48, e combattenti del
'59, educavano la donna al patriottismo, le insinuavano delle calde aspirazioni
di libertà politica, e la spingevano ad affrontare le fortezze e i patiboli,
sempre per la libertà loro - che quanto poi alla sua, non era mai il momento
opportuno di parlarne - era sempre certissima e convenuta - ma altrettanto
sempre di là da venire.
E codesti ultimi socialisti
riposano tranquilli nella loro coscienza, del non spendere intorno alla
questione delle rivendicazioni femminili né propaganda, né energia di alcuna
sorta, per lo stesso riflesso pel quale se ne schermivano tutti quei loro
nominati predecessori nelle varie tappe percorse dal progresso civile e
umanitario.
Naturalmente, diceva S.
Paolo or fa la bellezza di 19 secoli, quando faceva la sua propaganda del
Cristianesimo - «davanti a Dio non v'è né ricco, né povero, né Ebreo, né
Greco, né uomo, né donna... ma tutti sono liberi in Cristo».
Naturalmente, dicevano i
riformisti, «la Bibbia
è lasciata al libero esame dell'individuo e la interpretazione di essa è
determinata dallo Spirito Santo, ispiratore di ogni fedele. In molti punti essa
è dichiarativa di fatti e non insegnativa o sentenziatrice di Precetti». E
così la condanna biblica della donna era scalzata alla base ed essa avea diritto
di ripudiare ogni interpretazione autoritaria e affermativa della sua servitú.
Naturalmente, dicevano i
filosofi e borghesi dell'89, la dichiarazione dei diritti dell'uomo implica
i diritti della donna dacché la umanità è androgina - sarebbe assurdo pretendere
altrimenti.
E la donna a sperare, anzi a
credersi redenta.
Naturalmente, diceva la
democrazia italiana raccolta a solenne parlamento in Roma, per bocca dei suoi
piú illustri rappresentanti, la donna ha gli stessi diritti politici e
sociali dei cittadini dell'altro sesso, e votava come un sol uomo, per
mezzo dei suoi 800 mandatarii, niente meno che questo ordine del giorno, da me
presentato e svolto in mezzo a una battaglia indescrivibile: «Il Comizio dei
Comizii, riconoscendo nel diritto del voto il diritto umano:
« - Considerando che l'umanità è
costituita e rappresentata dall'uomo e dalla donna;
« - Riconoscendo impossibile la
soluzione della questione sociale se non cessino per la metà del genere umano le
attuali condizioni di esclusione, di minorità e di assenza;
« - Coerente ai suoi principii,
e sollecito della giustizia che è l'utile di tutti;
«Riconosce, afferma e proclama
così nell'uomo come nella donna il diritto alla integrità del voto.»
E la donna poté credersi
finalmente arrivata alla meta e in vista ormai della sua terra promessa.
Naturalmente, dicono i
socialisti d'oggi, quando si dice, rivendicazione di tutti i diritti
politici, economici, civili, lo si dice per tutti; e noi non dobbiamo neppure
distinguere fra l'uomo e la donna, perché la sola distinzione, farebbe quasi
credere che si possa da noi sottintendere una qualsiasi differenza di qualsiasi
natura.
Ma io vi dico, o care Sorelle
del Lavoro, che se noi ci lasciassimo turlupinare e addormentare un'altra volta
da codesta ninna nanna eterna, noi saremmo stupide come tonni, che ripetono
ogni giorno l'identico viaggio, per incappare ogni giorno nelle identiche reti,
e meriteremmo per davvero la nostra sorte.
Infatti S. Paolo che aveva
dichiarato l'uomo e la donna «eguali e liberi in Cristo» sentenziava poi ch'essa
doveva portare la podestà sul capo.
I riformisti che aveano
insegnato il libero esame e legittimata la interpretazione individuale della
Bibbia, giudicarono che la soggezione della donna era sentenza rigorosa ed
inappellabile, e non già dichiarazione profetica del fatto.
I borghesi e filosofi dell'89
risero in faccia a Olimpia de Gouges, a Luisa Lacombe e a tutte le donne che,
parafrasando la dichiarazione dei diritti dell'uomo, con nitida, stringente e
logica illazione, applicavano ai diritti della donna i principii in quella
affermati, e ne chiedevano l'applicazione.
I democratici del Comizio di
Roma, raggiungendo il colmo nell'irragionevole, sfogarono in appresso, sui
giornali, il loro rammarico, di aver dovuto votare alla unanimità quell'ordine
del giorno, posti fra l'uscio e il muro dall'obbligo della coerenza. Alberto
Mario dichiarò quel voto un pleonasmo, ed altri democratici, che vanno
per la maggiore, opinarono avere quel voto coperto di ridicolo il Comizio
e non l'hanno a tutt'oggi perdonato alla rea convinta e confessa che vi sta
davanti.
Ora, care Sorelle del Lavoro,
come ad un giudice che lo voglia, non manca mai un cattivo ragionamento per
cavarne una sentenza ingiusta, od un articolo purchessia di un codice
qualunque, per farsene un gancio da appendervi la sua coscienza; cosí teniamo
per sicuro che alla domane della Rivoluzione sociale, abbia dessa avuto
svolgimento evolutivo, o esplosivo; l'egoismo dell'uomo non sarà mai a corto di
argomenti, per mantenere intorno a noi lo statu quo, pur trasformando
tutto per conto suo; e statevi pur sicure che egli si destreggierà al possibile
per accettare la vittoria nei suoi beneficii e respingerla nella parte passiva.
Pensiamo perciò seriamente ai
casi nostri, e vediamo di non lasciarcela fare un'altra volta.
Mettiamo da banda la parte di
angelo della quale ci hanno dalle origini della storia incaricate, e che
vorrebbero farci rappresentare fino alla fine dei secoli, salvo a pagarcene il
grosso incomodo col sospirarci intorno degli idillii e dei sonetti.
È passato, pur troppo, il tempo
beato dei pastorelli teneri e delle verdi Arcadie.
La vita è dura; e la lotta per
l'esistenza ogni dí piú aspra ed angosciosa, ci comanda che, per noi e per le
nostre figlie, si pensi a rivendicare quei diritti complessi, che sono le armi,
con le quali soltanto si può combattere e vincere la rude battaglia della vita.
No, io non sono della opinione
di quei socialisti i quali pensano che le cose vanno da sé, per forza di
logica, per naturale illazione, per analogia.
Non v'è nulla di semplice in
natura e meno che mai nello spirito umano. I nostri cervelli sono altrettante
combinazioni chimiche di una varietà infinita, e le idee piú disparate, possono
confondere fraternamente i loro atomi misteriosi, nelle cellule recondite della
testa umana.
Ne viene, che, come abbiamo
constatato che vi furono ieri, e vi sono oggi, dei socialisti che sono avversi
alla rivendicazione dei diritti della donna; che non la credono di pari valore
dell'uomo; che non vogliono concorra liberamente con lui in tutto il lavoro e
le funzioni sociali; che non concepiscono la convivenza dell'uomo e della donna
che a base di monarcato a favore dell'uomo; che considerano la donna come un
essere al diffuori, e al dissotto della sfera nella quale si dibattono gli
interessi della umanità, rappresentata per costoro dai soli maschi; cosí cotali
socialisti sopravviveranno alla Rivoluzione sociale, come sopravviveranno a
tutte le rivoluzioni l'egoismo ed il pregiudizio, e, malgrado tutta la logica,
la connessione e l'analogia, la donna resterà, l'indomani della Rivoluzione
sociale, pupilla, interdetta, esclusa, subordinata, accessoria, né più né meno
che oggi, ove la sua mente e la sua coscienza prima, e quella dell'uomo
insieme, non si siano da lunga pezza acclimate in un ambiente nuovo di rispetto
alla donna e di ricognizione intellettuale e cosciente del di lei valore e
diritto.
Bisogna che l'ambiente ideale
domestico e sociale sia cosí rinnovato intorno a lei, che i pregiudizii di
ieri, e quelli di oggi intorno alla di lei inferiorità, al pari che di tutti i
pregiudizii di opportunità pei quali è trattenuta in codesta inferiorità, non
siano piú che argomenti e materia di storica erudizione e non rispondano più
con nessun addentellato al modo attuale di vedere, di giudicare e di sentire.
E infatti, vediamo un po'
addentro lo stato presente dell'agitazione operaia, e caviamone la logica
previsione del come cammineranno le cose, domani, su questo rispetto.
Una autorevole rivista, «La Critica Sociale»,
facevasi ultimamente l'organo di quei socialisti di cui vi parlavo or ora; che
pensano le cose procedere e maturare da loro stesse per forza naturale e logica
colla soluzione del problema economico. Una volta, vi si legge, la donna stava
rinchiusa in casa, occupandovisi servilmente. Come poteva surgere in lei la
coscienza di essere un valore sociale, una creatrice della ricchezza?
La macchina, la grande forza
rivoluzionaria delle industrie, ha rivoluzionato anche la donna. Ella fu
irreggimentata come l'uomo negli opificii, divide oggi con lui lo sfruttamento
del capitalismo, ed anche per conseguenza la ribellione e la aspirazione a
scuoterne il giogo. Donde l'interesse della donna a conquidere il diritto civile
e politico, ad ottenere le otto ore di lavoro, e con queste un maggior agio ad
istruirsi e divenire valida alleata del movimento operaio moderno. Fin qui le
idee de «La Critica
Sociale».
Ma che la operaia possa
divenire, e sia per divenire valida alleata del movimento operaio moderno,
nessun dubbio, neppur l'ombra di un dubbio!
Quello di cui non solo dubito,
ma che credo assolutamente erroneo, è proprio quello che «La Critica Sociale»
crede fermamente, che cioè la questione della donna in fondo, in fondo, sia esclusivamente
una questione economica, e che vada risolta da sé con la risoluzione di quella.
Domani gli operai otterranno le
otto ore di lavoro in tutto il mondo, e piú tardi la giornata legale del
lavoratore diverrà di sole sei ore e piú tardi ancora anche piú breve, allorché
la macchina sarà proprietà del lavoratore. Che ne avverrà nei rispetti della
questione della donna?
L'uomo, che, non sudando piú
neppure una camicia per guadagnare la vita, divenutagli facile per la maggior
scarsità della offerta della mano d'opera, pel maggior valore di questa, per la
minore produzione e pel conseguente aumento del valore di essa, che cosa farà?
Esso dirà alla donna, moglie in
faccia a Dio ed agli uomini, oppure amante comecchessia: «Io guadagno quanto
basta per me, per te e per i figli, e ancora ho del tempo per studiare e per
ricrearmi. Non occorre quindi che tu ti affanni e lasci i bimbi al presepio o
presso i vicini. Stattene in casa, riposa e accudisci ai comodi interni della
famiglia.» E la donna, educata al par dell'uomo a non vedere che la questione
economica (e non la questione di dignità, di libertà, di moralità,
d'indipendenza, di legittima influenza nella famiglia e nella società) troverà
che quel ragionamento non fa una grinza, e darà la sua adesione. Quello che
farà la donna operaia propriamente detta, lo farà pure, per le stesse ragioni,
la maestra, la telegrafista, la telefonista, l'impiegata postale e ferroviaria,
la banchiera, la commessa, qualunque donna che lavori.
Le condizioni generali economiche
saranno migliorate, l'impiegato civile sarà pagato meglio perché diminuiti gli
eserciti: a forza di strillare si sarà riescito a sfrondare le pubbliche
amministrazioni dai rami secchi e a divellere intorno ad esse le vegetazioni
parassitarie. Quindi le giovani donne che oggi cercano un diploma, o studiano
le lingue, o si danno alla contabilità, o cercano comecchessia si sgravare il
padre e il marito di parte della spesa domestica, o per lo meno del loro
vestiario (perché c'è da fare, e molto, oggi a sbarcare il lunario associando
gli sforzi di tutti) domani a questione economica risolta, preferiranno
ridivenire le signorine di una volta, che aspettavano tranquillamente il
marito, gareggiando l'una con l'altra in eleganza, in fronzoli, in
leziosaggini, per essere le ricercate e le preferite; dacché il matrimonio
tornerà a diventare l'impiego ottimo e massimo della donna.
Ora che cosa si sarà guadagnato,
domando io, a quei socialisti che aspettano la redenzione della donna dalla
pura e semplice risoluzione della questione economica?
Che cosa si sarà guadagnato da
lei in dignità, in moralità, in giustizia, in indipendenza, come valore
sociale? Ridivenuta ella un non valore, ed una parassita, gli uomini del domani,
non capiranno piú neppur quello che capiscono oggi, in cui essi vedono la donna
lavorare dapertutto, e rappresentare una immensa parte della ricchezza sociale.
Chi vorrà piú che la donna abbia
voce negli interessi generali? Chi le affiderà piú un mandato politico,
giuridico od amministrativo? Come potrà ella piú rimuovere da sé quella
oltraggiosa taccia d'imbecillità sotto la quale soccombe dalla remota
tradizione romana?
No, voi non avrete risoluto la
questione - l'avrete scapezzata e sepolta per altri secoli.
Ora dunque che fare? - Eccolo.
Le acque del fiume non dilagano
se non dopo che le onde ne hanno scalzato a lungo i margini e le dighe. - Il
vulcano non erutta, se non dopo che i gas interni hanno compiuto un lungo
lavoro di condensamento mettendo in fuga l'aria da ogni fessolino e da ogni
speco. Non altrimenti, le trasformazioni sociali non avvengono, se non quando
siano state lungamente maturate nelle menti e nelle coscienze, e ne siano messe
in fuga tutte le idee e pregiudizii incompatibili col nuovo ordine di cose che
si vuole attuare.
Ora questo non è, purtroppo,
ancora, l'ambiente nel quale si svolge l'organizzazione operaia.
Io so di associazioni, dove le
sezioni femminili sono trattate come pupille, e nelle quali i soci, padri,
fratelli e mariti si considerano come soci con le loro figlie, sorelle e
consorti, fino a che codeste sono del loro identico parere o comunque non
dimostrino di dissentire da loro nelle assemblee, il che avviene spesso, per
indolenza magari, per passività di spirito, o pel solito santo amore di pace e
di quiete, che è la bazza eterna dei prepotenti.
Ma se esse poi vogliono far
valere le loro opinioni, e propugnare le loro idee e mantenere le loro pretese
contro di loro, nel limite e colle forme consentite dagli statuti sociali a
ciascun socio, allora essi buttano a monte il gioco come bambini viziati, e
appellano alle qualità di padri, di fratelli e di mariti, pretendendo, che, a
questi titoli, le socie si rassegnino e cedano sempre.
Il coraggio delle proprie
convinzioni, l'energia nel farle valere, l'ardore della lotta, leale, logica,
aperta, valorosa, perseverante, che essi ammirano negli individui del loro
sesso, li indispettisce, li imbizza, li ributta nelle donne. L'uomo vecchio
lotta sempre col nuovo.
Non vogliate quindi, o care
Sorelle del Lavoro, addormentarvi sul soporifero predicato che la donna
arriverà da sé con la semplice soluzione del quesito economico.
No, essa non arriverà che
studiando, persuadendo, lavorando e lottando.
Ricordate che l'uomo può, e sa,
sopratutto, essere illogico, anche senza volerlo, per movimento passionale,
istintuale e inconsapevole dell'animo.
Dacché, quindi, voi dichiarate
di entrare nella grande organizzazione operaia sgombre da pregiudizii,
spogliate anche questo, se l'avete, di credere che la questione economica sia
tutto, e che le altre, e la vostra sopratutto si risolva con questa - e che
l'uomo per amor di logica e zelo di giustizia, alla domane della vittoria verrà
a portarvi in casa il prezzo del vostro concorso.
Voi non avrete mai altri
diritti, all'infuori di quelli che avrete saputo conquistarvi - non occuperete
mai altro posto all'infuori di quello che avrete saputo prendervi - non godrete
mai altra libertà, fuori che quella che saprete difendere ogni giorno ed ogni
momento.
Sulla soglia delle vostre sedi
sociali, spogliate la vostra qualità di madri, sorelle, figlie, o mogli dei
vostri compagni, e i relativi rapporti imposti dal Codice Civile. Cominciate ad
inaugurare, volere, esigere, una assoluta parità di trattamento coi soci.
Vogliate far parte della amministrazione interna della grande federazione
operaia e della sua direzione morale. Nelle assemblee imponete la discussione
dei vostri interessi e dei problemi che vi riguardano come sesso. Durante le
agitazioni elettorali amministrative e politiche vogliate che le questioni che
vi riguardano come donne, facciano parte del programma elettorale, e negate
nelle assemblee il vostro voto, se lealmente non si accettino e non si
impongano ai candidati.
Bisogna approfittare di questo
periodo di tempo nel quale la donna ha un valore come produttrice, e l'uomo ha
bisogno di lei nell'agitazione economica, per imporgli e fare con lui
l'agitazione per il di lei voto amministrativo e politico.
Di questo si ha bisogno perché
la donna possa imporre la sollecitudine dei suoi interessi ai deputati, i quali
dal canto loro non hanno nessun interesse e nessun desiderio di esser posti in
condizione di dover accontentare diecimila elettori invece di cinque.
Risolta la questione economica
senza aver fatto una corrispondente agitazione per la emancipazione della
donna, gran parte delle lavoratrici di oggi passeranno moralmente nella
categoria delle borghesi e delle dame, le quali non si curano della
emancipazione appunto perché la questione economica non esiste per loro.
Ma se la soluzione della
questione economica troverà la donna elettrice - allora la sua posizione
sociale andrà ogni giorno migliorando e le questioni che la riguardano saranno
progressivamente risolte.
Qualunque partito o persona che
vuol vincere, deve creare degli interessi corrispondenti al suo bisogno; e su
questi fare assegnamento, e non già sulla giustizia, la logica e la coerenza
degli uomini.
Il quale concetto esprimeva a
meraviglia Cromwell quando diceva: «Preghiamo Iddio e teniamo asciutte le
polveri.»
Nell'interno delle vostre case,
e sulle vostre ginocchia, formate, educate gli uomini ai nuovi principii, e
nelle vostre sedi sociali lavorate del pari a formare l'ambiente nuovo, e non
vogliate riguardare come socialisti convinti e sinceri se non coloro i quali,
non solo accettano apertamente senza equivoci, senza sottintesi, e sopratutto
senza restrizioni e senza dilazioni, la questione della emancipazione
femminile, ma che sentono ancora la necessità e il dovere di fare la propaganda
e la fanno.
Sorelle del Lavoro,
Questa vostra bandiera, alla
quale mi onoro altamente di essere pronuba, vi parla tutto un linguaggio
lusinghiero di promesse e di propositi.
Il soldato imbaldanzisce davanti
alla sua vecchia bandiera, dai colori stinti e dal tessuto sbrandellato. Il suo
antico cuore batte d'orgoglio, e la sua mente rivede radiosa i campi di
battaglia, dove al suono di gioconde fanfare egli e i suoi compagni si
massacravano, per lo piú senza saperne il perché, gloriosi se vincitori, eroi
se vinti, e... a mio debole avviso, imbecilli sempre.
Questa vostra bandiera è nuova -
e non vi ricorda nulla. I suoi colori fiammeggianti vi dicono che essa non ha
storia, ed aspetta che voi la scriviate, amazzoni dell'avvenire, coll'azione,
coll'intelletto, coll'eroismo.
Essa è oggi il simbolo della
vostra concordia e presiede gioconda nei suoi brillanti colori, alla festa del
lavoro, ma non dimenticate, che, dal primo giorno nel quale gli uomini
espressero con esterni segni le loro idee e i loro sentimenti, la bandiera fu
inseparabile dalla idea di azione, di battaglia e di vittoria.
Possa un giorno questa bandiera,
dimessi i vivaci colori, ma ricca di una storia di lavoro, di concordia, di
lotte e di eroismi, salutare col giorno della redenzione del proletariato,
quello altresí della emancipazione della donna.
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