SCENA VIII.
Eufranone solo.
Eufranone. Giá
ho dato la nuova a' parenti, agli amici e a tutta la cittá; e ciascuno ne ha
infinito piacere e allegrezza, veggendo che la nostra casa anticamente cosí
nobile e ricca per una disgrazia sia venuta in tanta miseria e povertade, e ora
per una cosí insperata occasione risorga a quel primiero splendore e grandezza;
e che la bellezza e onorati costumi di Carizia, che meritava questa e maggior
cosa, abbino sortito cosí felice ventura per esserne le sue parti tali da farsi
amar insin dalle pietre. Oh quanta sará la mia allegrezza dimani, quando vedrò
la mia figliola sposar da cosí degno cavaliero con tanta grandezza e concorso
di nobili, e gionta a quell'eccelso grado che merita la sua bontade! Dubito che
non passará mai questa notte ché veggia quell'alba, per lo gran desiderio che
ho di vederla. Ma perché trattengo me stesso in tante facende? andrò su, cenerò
subito e andrò in letto, accioché dimani mi levi per tempo. Sommo Dio, appresso
cui son riposte tutte le nostre speranze, fa' riuscir queste nozze felici per
tua solita bontade, ché so ben che noi tanto non meritiamo!
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