SCENA VIII.
Leccardo, Birri.
Leccardo. (Aspettar
che si mangi in casa è opra disperata. Tutti stanno colerichi: intrighi di
amori, di morti, di cavalieri, e cacasangui che venghino a quanti sono! Al
fuoco non son pignate né spedi su le brage: i cuochi e guattari son scampati.
La casa di don Flaminio deve star peggio: il budello maggior mi gorgoglia cro
cro, la bocca mi sta asciutta, la lingua mi si è attaccata al palato, il collo
è fatto stretto e lungo; e che peggio mi potrebbe far un capestro? e si temo
d'esser appiccato, cosí mi par d'esser appiccato due volte).
Birri. (Ci
incontra a tempo: costui è desso).
Leccardo.
(Veggio birri e devono cercar me. Chi si arrischia a molti perigli, sempre ne
trova alcuno che lo fa pericolare: ho scampato la furia di un legno, non so
come scamperò quella de' tre legni).
Birri. Prendetelo
e cercatelo bene.... Ha molti scudi; questi son nostri.
Leccardo. (O
dinari rubati, ve ne tornate al vostro paese: oh quanto poco avete dimorato
meco!).
Birri. Camina
camina!
Leccardo.
Dove mi strascinate?
Birri. Al boia!
Leccardo.
Nuova di beveraggio: che vuol il signor boia da me?
Birri.
Accomodarti un poco la lattuchiglia della camiscia intorno al collo con le
scarpe che non stanno bene accomodate.
Leccardo. Il
ringrazio del buon animo: mi contento che stiano come stanno; e volendole
accomodare me l'accomodarò con le mani mie.
Birri. Presto
presto!
Leccardo. Ché
tanta fretta?
Birri. Ti vol
appicar caldo caldo.
Leccardo. Che
l'importa che sia freddo freddo?
Birri. Le cose
fatte calde calde son buone.
Leccardo. Che
son io piatto di maccheroni che bisogna che sia caldo caldo? Ma io vo' morir
appiccato per non morir sempre di fame; ma se volete appicarmi, fatemi mangiar
prima, ché non muoia di doppia morte, e della fune e della fame.
Birri. Camina!
Leccardo. Son
debole e non posso caminare.
Birri. Le
buon'opre tue ti fan meritevole d'una forca.
Leccardo. Per
vostra grazia, non per mio merito: ed io ne fo un dono alle Signorie Vostre
come piú meritevoli di me.
Birri. La tua
gola ti ha fatto incappare.
Leccardo. I
topi golosi incappano al laccio.
Birri. Sei stato
cagione che sia morta la piú degna gentildonna di questa cittá per la tua
golaccia.
Leccardo. E
se non lo faceva per la mia gola, per chi l'aveva io a fare?
Birri. Ma tu
troppo ti trattieni.
Leccardo. Avendo
a morir strangolato, ponetemi di grazia un fegatello in gola, ché quando il
capestro mi stringerá il collo di fuori, la gola mi stringerá il fegadello di
dentro, e il succo che calerá giú mi confortará lo stomaco e lo polmone, e
quello che ascenderá su mi confortará la bocca e il cervello: cosí morendo non
mi parrá morire.
Birri. Se non
camini presto, ti darrò delle pugna.
Leccardo.
Almanco dite a' confrati, che m'hanno a ricordar l'anima, che portino seco
scatole di confezioni e vernaccia fina che mi confortino di passo in passo.
Birri. Non
dubbitar, ché andrai su un asino con una mitra in testa, con trombe e gran
compagnia; e il boia ti sollicitará con un buon staffile.
Leccardo. O
pergole di salciccioni alla lombarda, o provature, morrò io senza gustarvi? o
caneva, non assaggiarò piú i tuoi vini? Prego Iddio che coloro, che t'hanno a
godere, sieno uomini di giudizio e non sciagurati che ti assassinino! Adio,
galli d'India, caponi, galline e polli, non vi goderò piú mai!
Birri. Presto,
finimola.
Leccardo.
Fratelli, di grazia, dopo che sarò morto sepellitemi in un magazin di vino, ché
a quell'odore risusciterò ogni momento.
Birri. Camina,
forfante leccardo!
Leccardo.
Forfante no, Leccardo sí.
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