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Giambattista Della Porta
Gli duoi fratelli rivali

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  • ATTO III.
    • SCENA VI.   Don Ignazio, Simbolo, Avanzino.
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SCENA VI.

 

Don Ignazio, Simbolo, Avanzino.

 

Don Ignazio. Talché noi abbiamo gentilmente burlato il fratello, il quale si pensava burlar me.

Simbolo. Se non era il mio consiglio, ti saresti trovato in un gran garbuglio.

Avanzino. Padrone, datemi la mancia, ché me l'ho guadagnata davero.

Don Ignazio. E di che cosa?

Avanzino. Non la dico, se prima non me la prometteti.

Don Ignazio. Ti prometto quanto saprai tu dimandarmi.

Avanzino. Quando voi mi mandaste a casa del conte per veder se vi fusse, non so che mi fe' far la via della porta della cittá che va a Tricarico....

Don Ignazio. E ben?

Avanzino.... Trovai il conte il quale, perché se gli era sferrato il cavallo di tre piedi, s'era fermato a farlo ferrare, e li feci l'ambasciata da vostra parte....

Don Ignazio. E che ambasciata?

Avanzino.... Come vostro fratello avea concluso il matrimonio per questa sera; e che voi non potevate aspettar fin alla sera, che volevate passar i capitoli allora allora e venire a casa....

Don Ignazio. Il conte che disse?

Avanzino.... Se ne rallegrò molto; e cavalcato se n'andò alla via di Palazzo a vostro zio, e credo che adesso adesso será spedito il negozio.

Don Ignazio. Chi t'ha ordinato che gli facessi quell'ambasciata?

Avanzino. S'io vedeva che voi vi attristavate per quell'indugio, io per levarvi da quella tristezza ho pregato il conte da vostra parte ch'avesse differito l'andare a Tricarico per quel giorno.

Don Ignazio. Ah traditore, assassino!

Avanzino. In che vi ho offeso io?

Don Ignazio. Non so perché non ti spezzi la testa in mille parti, come m'hai rovinato dal fondo e spezzatomi il cuore in mille parti!

Avanzino. Queste sono le grazie che mi rendete del piacer che vi ho fatto?

Don Ignazio. Un simile piacere sia fatto a te dal boia, gaglioffo!

Simbolo. Padrone, non bisogna irarvi contro costui.

Don Ignazio. Egli m'ha rovinato della vita e scompigliato il negozio.

Simbolo. Per questo non deve mai il padrone trattare i suoi fatti dinanzi a' servi, i quali, quando non vi nocciono per malignitá, almeno vi nocciono per ignoranza.

Don Ignazio. Non so che farmi, son rovinato del tutto; m'ha posto in un garbuglio che non so come distaccarmene: andrá il conte al mio zio, dirá che l'ha trattato don Flaminio e che io ne sia contentissimo, effettuará il negozio.

Simbolo. Il caso è da temerne; ma i consigli de' vecchi son tardi ché non si muovono con tanta fretta, e poi egli ha desio maritarvi in Ispagna.

Don Ignazio. Or conosco la mia sciocchezza a lasciarmi persuadere da te di accettar il partito di mio fratello: con non men infelice che ignobil consiglio tu mi hai posto in tanti travagli.

Simbolo. Chi arebbe potuto imaginar tanta ignoranza d'uomo a far di sua testa quel che non gli era stato ordinato?

Don Ignazio. Fa' che mai tu comparischi ove io mi sia; se non, che farò pentirtene.

Avanzino. Questi sono i premi d'aver dieci anni fidelmente servito: esser cacciato di casa.

Simbolo. Taci e non parlar piú in collera. Ecco vostro fratello.

 

 

 




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