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Felice Venosta
Elena di Campireali Abadessa di Castro

IntraText CT - Lettura del testo

  • IV.
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IV.

 

Gli Orsini, eterni nemici de' Colonna, e potentissimi in Roma, avevano indotto il tribunale di giustizia a condannare a morte un ricco coltivatore, chiamato Baldassare Bandini nativo di Rôcca Petrella, vassallo quindi de' Colonna. Andremmo troppo per le lunghe se ci accingessimo a narrare per filo e per segno le diverse colpe che si accollavano al Bandini. Ci limiteremo a dire, che nel 1559, epoca in cui i maggiori delitti andavano impuniti, erano colpe ben lievi.

Bandini era stato rinchiuso in un castello appartenente agli Orsini; ma, era deciso che due giorni prima che spirasse il tempo in cui doveva essere tradotto al supplicio venisse trasferito a Roma nelle carceri di Tordinona5.

La moglie di Baldassare, lorchè vide ogni speranza svanita, presentossi a don Fabrizio Colonna, che trovavasi appunto a Rôcca Petrella, gli si gettò ginocchioni avanti, e:

Lascerà lei morire un suo fedele servo? sclamò tutta in lagrime.

Colonna rispose:

– Io non mi allontanerò mai dal rispetto che devo alle decisioni dei tribunali del Papa mio signore?

Nondimeno i suoi soldati ricevettero istruzioni; e i suoi partigiani l'ordine di tenersi pronti a partire.

Il luogo del convegno venne fissato nelle vicinanze di Valmontone; imperocchè era in questa città che que' degli Orsini e la sbirraglia del Papa avevano condotto Bandini. Fra i più caldi favoreggiatori degli Orsini contavansi il signore di Campireali e Fabio; e fra quelli de' Colonna Ranuzio e Giulio Branciforte.

Nelle circostanze in cui non conveniva ai Colonna di agire a viso scoperto, ricorrevano ad una assai semplice precauzione. La maggior parte de' ricchi villani della campagna romana facevano parte, come tuttodì costumano, di alcune confraternite, le quali comparivano sempre in pubblico vestite di certe cappe, varie di forme e di colori, a seconda del santo che avevano a protettore. E per lo appunto i Colonna ordinavano ai loro partigiani d'indossare la cappa quando non volevano far di pubblica ragione qualche loro intrapresa.

Dopo lunghi preparativi la translazione di Baldassare venne fissata per una domenica. E in quel giorno, d'ordine del governatore di Valmontone, avevano, fin dal mattino, incominciato le campane a suonare il rintocco; ed era stato un continuo viavai di persone d'ogni ceto e d'ogni età, le quali, armate di tutto punto, mostravano cogli atti e colla voce che non si muovevano invano.

Fabrizio Colonna percorreva la foresta della Fagiola accompagnato da coloro, fra i partigiani suoi, che fama avevano d'invitti. Passò in rivista le diverse divisioni di villani; ma non proferì neppure una parola.

Fabrizio era grande, magro, bruno; e quantunque fosse soltanto sui quarantacinque anni, aveva i capelli e la barba bianchissimi, rugosa la fronte: a prima vista, gli si sarebbe dato più di sessant'anni; ma il contegno, le mosse, la durezza risentita de' lineamenti, il lampeggiar sinistro, ma vivo degli occhi, indicavano una forza di corpo e d'animo, che sarebbe stata straordinaria in un vecchio pur vegeto e rubizzo, non che in un giovine.

A mano a mano che i terrazzani vedevano il principe, gridavano: Viva don Fabrizio Colonna, e abbassavano le loro buffe sul viso; anche il principe era incappato per non darsi a conoscere dall'inimico. Questo non si fece attendere: sorgeva appena il sole, quando un migliajo d'uomini circa, venendo da Valmontone, s'internavano nella foresta, e la traversavano a trecento passi di distanza dagli armati di Colonna. Allora questi metteva in movimento i suoi colla più grande precauzione: e' aveva deciso di attaccare la scorta di Bandini un quarto d'ora dopo che fosso entrata nella macchia.

Quando don Fabrizio credette esser giunto il momento propizio, fece un segno; e molti soldati s'appostarono dietro alcune piante, altri s'occuparono ad asserragliare ogni via. Il capitano Ranuzio seguiva, con cinquecent'uomini, l'avanguardia Orsina: aveva ordine però di non caricare se non quando avrebbe udite le prime archibugiate, che sarebbero partite dal grosso della truppa.

Fabrizio Colonna infine mosse la propria divisione, che composta era di cavalleria e nella quale vedevasi Giulio Branciforte; prese a dritta, e non senza grandi ostacoli, andò a postarsi in una vasta sodaglia alquanto lontano dalla via maestra.

Non era quasi peranco eseguita questa manovra che si vide avanzarsi di lontano una truppa numerosa d'uomini a piedi e a cavallo: erano gli sbirri ed il bargello che scortavano Bandini, non che tutti quelli della fazione Orsina. Era questa composta d'uno sciame di fanti e cavalieri vestiti in cento foggie; gente raccogliticcia che l'Orsini aveva messo insieme in fretta e in furia, avendo mandato un bando a tutte le terre, a tutti i castelli da lui posseduti, perchè gli venissero forniti gli uomini d'arme ch'erano obbligati a prestare al signore a termine delle feudali investiture.

Nel mezzo stava Baldassare circondato da quattro carnefici con abiti rossi, i quali avevano ordine di dar morte al paziente, tosto che i Colonna fossero sul punto di liberarlo.

Le archibugiate non si fecero aspettare lungamente; e Fabrizio mise subito al galoppo i suoi.

Onde non attristare il lettore con racconti di barbari omicidj, noi non narreremo punto, ne' suoi minuti particolari, quel fatto: ognun sa quanto efferate fossero fra di loro le fazioni di que' tempi. Ci limiteremo a dire che fu l'affare d'un'ora circa, che gli Orsini ebbero la peggio; e che fra i numerosi morti che vi furono d'ambo le parti contavasi il capitano Ranuzio.

Giulio, menando a dritta e a rovescio senza tregua, a due mani, una pesante durlindana, s'era a poco a poco avvicinato agli uomini vestiti di rosso, quando si vide in faccia Fabio di Campireali, che montato su poderoso destriere e vestito d'un giacco ricchissimo, gridava:

Ora sapremo chi son cotesti incamuffati. E nel tempo stesso, percosse Giulio d'una sciabolata orizzontale sulla fronte. Il colpo era stato misurato con tanta destrezza, che la tela che copriva il viso del giovine cadde nel medesimo istante che e' sentì mancarsi la vista pel sangue che colava da una ferita lieve in vero, ma che pur non tralasciava allora di essergli d'impiccio.

Giulio fece indietreggiare il cavallo onde prender fiato ed asciugarsi; e' non voleva punto battersi col fratello d'Elena; ma questi lo incalzò, gridando:

– Ti conosco, animale!... È in questo modo che guadagni il danaro per vivere, non gli è vero?... Te la darò io!

E stava per vibrargli un furioso colpo; senonchè Giulio, punto al vivo, dimenticò la prima risoluzione, e:

– In mal momento giungesti, gli gridò sfavillando ira dagli occhi.

Que' due giovani si azzuffarono con una rabbia difficile a descriversi; ora sembrava che fosse finita per l'uno, ora per l'altro, tanto i colpi piovevano spessi e micidiali d'ambo le parti: Giulio però ebbe la maggioranza.

Il ricco giacco che indossava Fabio aveva un difetto, quello cioè che non copriva bene il collo di chi lo portava. Giulio se ne accorse, e, d'un tratto, infilzò nella gola dell'antagonista, la propria spada, gridando:

Muojano così gl'insolenti tuoi pari!

Indi precipitoso mosse verso i quattro carnefici. Mentre s'avvicinava, il terzo di questi cadeva trafitto; e il superstite, vedendosi minacciato dalla spada di Giulio, scaricava una pistola sull'infelice Bandini, che cadeva boccone nel proprio sangue.

Ora, o signori, non ci resta più nulla a fare costì! sclamò Branciforte. Incalziamo i fuggiaschi!

Ognuno gli tenne dietro.

Mezz'ora dopo Giulio si presentava per la prima volta innanzi a don Fabrizio Colonna. Egli sperava trovarlo pieno di gioja per la vittoria ottenuta con soli mille e cinquecento soldati, su tre mila; ma s'ingannò: il principe era dispiacentissimo per la morte del capitano Ranuzio.

Perdemmo il nostro coraggioso amico! sclamò Colonna indirizzandosi a Giulio; toccai testè il suo corpo, era già diaccio. E il povero Bandini? mortalmente ferito. Insomma abbiamo perduta la giornata?... Voltandosi a coloro che lo circondavano, soggiunse: Ricordatevi d'appendere ai rami degli alberi tutti i prigionieri che abbiam fatto!

E mosse, in così dire, difilato pel luogo ove era avvenuto il combattimento. Giulio, che comandava in secondo la compagnia di Ranuzio, seguì il principe, il quale, giunto presso il cadavere del capitano, scese da cavallo per stringere anco una fiata la mano all'amico. Giulio Branciforte l'imitò, e pianse.

– Tu sei giovine, disse il principe a Giulio; però ti veggo coperto di sangue, e mostri divenire esperto non che intrepido. Tu solo avrai quindi il comando della compagnia di Ranuzio; e, in pari tempo, avrai cura della sua salma.

Mentre Giulio muoveva per Rôcca Petrella, onde inumare, nella chiesa del principe, il corpo del secondo suo padre, un soldato osò dire che egli era un imberbe e non atto a comandare vecchi soldati già indurati alle armi.

Ricordatevi che io sono figliuolo di Branciforte, e che gli uomini non si devono giudicare dalla barba, sclamò Giulio volgendosi verso colui che aveva parlato; e, in men che non si dice, lo distese morto a terra.

– Ciò vi serva d'esempio, soggiunse con voce vibrante indirizzandosi agli altri, onde più non vi salti il destro d'insultarmi.

Nessuno più osò muoversi non che fiatare; imperocchè, nulla v'ha di più efficace in circostanze tali che il mostrarsi dotati di coraggio e di fermezza.

Quel viaggio non fu lieto. Senza parlare de' guai che Giulio portava con , il suo occhio era ogni momento rattristrato dalla vista delle persone che venivano appiccate agli alberi lungo la strada; quello spettacolo, unito al dolore che provava per la morte di Ranuzio lo rendevano assai malinconico: una sola speranza gli rimaneva, quella cioè che Elena non avrebbe saputo il nome del vincitore di Fabio.






5 Si dissero di Tordinona, da una vicina Torre che ne' secoli di mezzo appellavasi Tor-di-Nona (perchè suonava all'ora di Nona). Quell'edificio servì ad uso di prigione sino sullo scorcio del 1647, tempo in cui Innocenzo X la fece trasportare in via Giulia, accanto alla chiesa di santa Lucia; ora sorge in quel luogo il più bel teatro di Roma.





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