V.
Soltanto dopo tre giorni dai
fatti raccontati, Giulio osò entrare in Albano; alle interrogazioni che gli
amici gli volgevano, rispondeva: che côlto da violentissima febbre in Roma,
aveva dovuto starsene per una settimana in letto.
Però ovunque movesse il passo,
ognuno s'affrettava a trattarlo con tutti quei riguardi che si usano con
persone temute, o d'un certo rango: ci furon anche di coloro che ebbero l'imprudenza
di chiamarlo: Signor Capitano; e Giulio tutto ingolfato ne' suoi
pensieri, o non se ne accorse, o non ne fece caso.
Più volte era passato innanzi al
palazzo Campireali, e sempre lo aveva trovato chiuso; e siccome il nuovo
capitano era assai timido quando si trattava di muovere certe domande, soltanto
dopo il mezzogiorno si decise di recarsi dal vecchio Scotti. Questi stavasene
assiso sulla porta del suo abituro sgranocchiando un pane, quando Giulio gli
disse:
– Ove se ne sono andati i
Campireali? il loro palazzo è chiuso.
– Signor Giulio, gli rispose
Scotti, quello è un nome che dovete dimenticare. Gli amici vostri sono più che
convinti che fu desso che vi cercò: e ovunque lo diranno; ma... ma egli era poi
un non lieve ostacolo al vostro matrimonio; e capite...
Il vecchio tacque vedendo che
Giulio piangeva come un ragazzo.
– Credetemi, Scotti, mormorò il
giovine, io non lo cercava. E si fece a narrargli quanto era avvenuto al fatale
combattimento dei Ciampi (così chiamavasi nel paese quel fatto).
– Scorgo dalle vostre lagrime,
disse il vecchio, che la vostra condotta fu leale; tuttavia la morte di Fabio
non è men funesta per voi. Fa di bisogno che Elena confessi alla madre che voi
due siete sposi già da tempo.
Giulio punto rispose; e il
vecchio attribuì quel silenzio ad una lodevole discrezione. Egli era che,
assorto in una profonda meditazione, Giulio chiedeva a sè stesso se Elena,
irritata per la morte del fratello, potesse credere a quanto le direbbe.
Poscia, dietro inchiesta, Scotti gli narrò che appena in Albano si seppe la
morte di Fabio, il vecchio Campireali, sostenuto da' suoi servi, si recò al convento
de' cappuccini; e che quasi súbito, tre di que' padri. seguiti da buon numero
di fanti, presero la via del villaggio de' Ciampi.
- Non s è mai saputo, diceva
Scotti, perchè il vecchio Campireali non abbia seguito la scorta, però, appena
il cadavere venne trasportato in Albano, circondato da una quantità di ceri, lo
si vide piangere a dirotto, e a chinarsi prono sul figlio; e si udì che lo chiamava
come se fosse stato addormentato. Si dice poi, soggiunse come colui che tema di
farsi udire, che...
– E che cosa si dice? sclamò
Giulio.
– Che appena lo stuolo che accompagnava
la salma, si trovò innanzi casa vostra, uscisse da una ferita, che l'estinto
aveva al collo, un lago di sangue.
– Dio mio! gridò Giulio nascondendosi
il volto fra le palme.
– Calmatevi, figliuolo mio,
proseguiva il vecchio con accento amorevole; fatevi coraggio; è duopo che
sappiate tutto. Vi dirò in primo luogo che la vostra presenza in Albano sembrò
alquanto prematura. E se vi foste consultato meco, certamente vi avrei indotto
a starvene lontano per un mese almeno; ma quel ch'è fatto è fatto, e buona
notte, come si suol dire. Però bisogna guardarsi bene d'andare a Roma. Tira
vento cattivo là, sapete? Pare che il Papa prenda sul serio l'affare; e il governatore,
che è tutta cosa degli Orsini, lo consiglia a dare un buon esempio col fare
appiccare quanti si trovassero di coloro che assistettero al combattimento de' Ciampi.
Ciò non è tutto. Voi siete amato in Albano, nessun lo nega; ma son già più ore
che andate oziando per la città; e qualcuno del partito Orsini potrebbe credere
che lo faceste per millantarvi, o pensare che gli sarebbe facile di guadagnare
una grossa ricompensa. Il vecchio Campireali ha ripetuto mille volte che
regalerà una bella terra a chi vi avrà ucciso. Avreste dovuto almeno condurre
con voi due o tre di que' soldati che avete a casa vostra.
– A casa mia? ma se non c'è
nessuno; rispose Giulio meravigliato.
– O voi mi date la soja, o siete
matto, figliuol caro, riprese Scotti. Vi pare! venir quì dopo tutto quello che
è avvenuto, proprio in città, in bocca al lupo, c'è giudizio? Fate a modo d'un
vecchio che è obbligato ad averne più di voi, e che vi parla per l'amore che vi
porta; tornate di dove siete venuto, prima che vi giunga qualche malanno. Ma,
per buona sorte, siamo ancora a tempo. Nel mio orto c'è un uscio che apre verso
la campagna. Io vi accompagnerò per un buon tratto di strada; son vecchio e
senz'armi, ma se incontriamo qualche malintenzionato gli parlerò, e voi potrete
guadagnar tempo.
Giulio sentì venirsi meno l'animo.
Oseremo dire qual ne fosse la causa principale? Dopo essersi cerziorato che il
palazzo Campireali era chiuso, e tutti gl'inquilini partiti per Roma, progetta in
cuor suo il modo di poter rivedere quel giardino ove aveva tante volte parlato
ad Elena, quella camera ove era stato ricevuto, quando donna Vittoria era
assente, ove aveva dormiti i sonni dell'innocenza colei, che egli amava come
cosa celeste, aveva duopo di pascersi anco una fiata della vista di que' luoghi.
Come uno che dovendo recarsi in lontani paesi, non sa risolversi di abbandonare
la casa ove passò i più bei giorni di sua vita; e ad ogni tratto volge il capo
finchè più non la venga, così, in quel giorno lasciava Giulio la città di
Albano.
Frattanto il vecchio amico gli
andava dicendo:
– Cosa volete vedere? che or ora
non c'è più nessuno, non c'è più niente. Orsù, coraggio! Vi pare che sia aria
per voi, questa! Sapete la taglia che avete addosso... Allungate il passo, da
bravo, non fate il ragazzo.
E altri simili ragionamenti.
Quando furono fuor dell'abitato,
Giulio interrogò il compagno sui funerali di Fabio.
– La salma di quel giovine, gli
rispose, con lungo stuolo di preti, venne condotta a Roma e sepolta nella
Cappella di Famiglia a sant'Onofrio in cima al Gianicolo6. Ognun poi
fece le maraviglie come il dì prima dell'inumazione il signore di Campireali
abbia ricondotta Elena al convento di Castro; s'opinava ciò fosse la conferma
di quella chiacchiera sparsa sul vostro conto, cioè che eravate in segreto
maritati.
In quel momento suonavano le
ventitrè ore. Il cielo era puro, alcune nubi erravano senz'ordine verso
occidente. Il disco del sole andava declinando; i raggi ch'ei rifletteva,
insopportabili alla vista, davano a tutto il creato una tinta malinconica,
misteriosa, che al cuore rivelava quell'alta e maestosa poesia delle cose del
cielo, ch'è un'ispirazione di Dio. Il sole dispariva alfine e permetteva alla
luna, che in un canto si teneva vergognosa, di mostrarsi. Solenne è quel
momento; e se il sorger del sole infonde allegrezza nell'anima, il suo
tramontare la commuove, la concilia in profondo raccoglimento e la eleva a
sconosciute regioni; l'uomo obblia allora le cose terrene! Giulio e Scotti tacquero
per un istante; e, come spinti da eguale forza, contemplarono, in santo
raccoglimento, quello spettacolo della natura, Il loro cuore sospirò la
preghiera, poichè l'uomo nacque per la preghiera: glorificare e implorare a Dio
è quaggiù la sola sua missione.
Si trovavano allora ove già
sorgeva superba la città d'Alba.
I due amici si lasciarono: i
loro labbri non pronunciarono parola; le loro mani però si strinsero, e bastò;
imperocchè, come vogliono alcuni, quella stretta è possente, rivelando, più d'ogni
altro organo i misteri del pensiero e del corpo.
Dopo esser stato per alcuni
giorni fra' suoi soldati, che erano attendati nella macchia della Fagiola,
Giulio, non potendo più reggere a quello stato d'incertezza in cui si trovava,
mosse, con tre de' suoi, travestiti da mercanti napoletani, per Albano.
E diviato si recò dall'amico
Scotti. Seppe da lui che Elena era tuttodì rinchiusa in convento, che il padre,
che la credeva moglie dell'uccisore del figlio, aveva giurato di non più
vederla, che soltanto donna Vittoria si recava di tratto in tratto a Castro,
onde visitare la figliuola.
– Ho d'uopo d'aprire l'animo mio
ad Elena, diceva seco stesso Giulio ritornando alla Fagiola col cuore in
tempesta; lei mi crederà al certo un assassino. Chi sa quante menzogne le avranno
narrato sul conto mio!.... Ma finalmente saprò apporvi rimedio, io! E mi
vendicherò... sì, mi vendicherò, andava ripetendo. Tant'è vero che un uomo
sopraffatto dal dolore non sa più quel che si dica.
Il domani si presentò al
principe, e gli domandò il permesso di recarsi a Castro.
Don Fabrizio Colonna gli
rispose:
– Badate a quel che fate,
ragazzo mio; l'affare de' Ciampi non è ancora accomodato; e nulla nulla cadeste
sotto gli occhi degli Orsini, potreste passarvela male assai. Però io non vo' punto
proibirvi d'andare a Castro: abbiate soltanto prudenza e discrezione. Se caso
mai foste preso, ricordatevi a non dire il vostro nome, nè a parlare di me o de'
miei soldati.
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