VI.
«Martino Bruscoli mi ha detto: -
Compare, tu vai a Milano? - Sicuro, ho detto, ci vado e mi ci fermerò qualche
giorno. - Ebbene hai da farmi un piacere. - Dieci. - È per un collocamento di
denaro di mia nipote colà, cinque mila lire a mutuo, tu porterai la somma, mi
ha detto. - La porterò. - Sono cinque mila
lire, le consegnerai al signor Donato X studente di matematica, abitante in Via
Moscova numero 11, entro il giorno di domani infallibilmente. - Con tua pace,
ho detto, come fai a dare a mutuo i capitali di tua nipote ad uno studente di
matematica? È almeno maggiore d'età il signor Donato X? - È maggiore d'età; ha
talento e sarà presto ingegnere; gl'ingegneri di talento guadagnano molto
denaro; faccio un ottimo negozio; il sei per cento netto; impiego sicuro; e poi
il signor Donato ha anche l'eredità del vecchio padre in prospettiva; gli
uomini non sono immortali, ed è nell'ordine naturale delle cose che....
Donato interrompe il dire
dell'incognito, cacciando le mani nei capelli con un atto di dolore.
L'altro, da uomo che non vuol
sprecar tempo nè fiato, ammutolisce, squaderna un pacco di carte che ha tolto
dal portafogli, depone una busta chiusa sul tavolino, nasconde le altre carte
nel portafogli e il portafogli in tasca, e quando Donato risolleva il capo, gli
batte famigliarmente sull'omero, e prosegue:
«Bravo giovinotto! bravo
giovinotto! Martino Bruscoli è un uomo d'affari nudo e crudo, va diritto alla
quistione, non le gira intorno, come fa il cuore, come fa il sentimento -
cattivi negozianti tutti e due - ed io sono un po' come Martino Bruscoli; scusi
sa, si capisce che calcolare sulla morte di un padre per....
- Io ne sono la causa....
- È vero anche questo; se Martino
Bruscoli pensa all'età del suo signor padre è perchè le dà il denaro della
nipote, e le dà il denaro perchè oggi scade la cambiale, e la cambiale scade
perchè ella l'ha fatta... ed ella l'ha fatta perchè si è data un po' di
spasso... giuoco, baldorie, donnette, si sa, ventidue anni! li ho avuti anch'io
- ventidue anni sono, ed ora che li ho due volte, le assicuro che non valgono
la metà....
L'uomo d'affari ride del proprio
scherzo, ma vedendo che Donato non gli bada, si batte sul ginocchio coll'aria
di dire: «bravo, ci si badi o no, la tua arguzia è saporita!»
«Il signor Martino le ha detto
tutto questo? domanda il giovane sollevando il capo fieramente.
- Nobile fierezza, giovinetto; non
me l'ha detto lui, ma l'ho indovinato io; egli attribuisce tutto ad un momento
di pazzia nel giuoco; è un buon figliolo il mio amico Martino; ha vissuto poco
alla città, è un Sant'Antonio che non conosce le tentazioni nemmeno di
vista....
- Il signor Martino ha avuto fede
nelle mie parole e lo ringrazio; io non bazzico con donne, bevo il vino
annacquato, non fumo quasi mai....
- Ella è un uomo perfetto,
interrompe l'incognito chiudendo un occhio, dicevamo che sono cinque mila lire
che scadono oggi; eccole....
E così dicendo rompe la busta e ne
leva cinque biglietti della Banca Nazionale, che sventola ad uno ad uno e
guarda attraverso la luce della finestra.
A quella vista, a quel fruscio, Donato
sbarra tanto d'occhi e si sente come mozzare il fiato. Egli non ha visto mai
tanto denaro in una volta, nemmeno sul tavoliere, dove pure ciascuno aveva
sulle labbra parole infinitamente più grosse di quel capitale. Anch'egli ha
giocato una parola, una parola piccina al paragone, ed ora deve pagare a
contanti. Cinque mila lire! Quanto è facile perderle, e come dev'essere
faticoso il guadagnarle!
E' par quasi che solo per suggerire
queste fantasie al giovine studente l'amico del signor Bruscoli gli abbia
squadernato quei pochi cenci innanzi agli occhi, perchè ora ripiglia il denaro,
lo ripone nella busta, e poi nel tacquino che estrae ed inabissa un'altra volta
nella tascaccia della giubba.
Donato lo guarda come istupidito.
L'altro sorride, si rizza in piedi, e dice:
«Scusi, sa, non posso stare molto
tempo seduto, ho bisogno di muovermi; e dica... si è già presentato qualcuno
per il pagamento?
Il giovine addita senza dir parola
l'avviso ricevuto poc'anzi.
«Alla Banca..., dice il bizzarro
ometto, leggendo con un solo occhio aperto; sta bene, bisogna andarci subito,
si avrebbe tempo fino a domani, ma è meglio sbrigarsi; mi vuole accompagnare?
Ho l'ordine di riscuotere la cambiale colla ricevuta in regola; finiremo poi il
negozio con una semplice scrittura privata. Per via mi faccia memoria di
comperar la carta bollata...
Così dicendo abbottona il
farsettone nero da cima a fondo, si pone innanzi allo specchio per tirare in
positura perfettamente orizzontale il nodo della cravatta che pel tramenio
della persona va ogni tanto a sghimbescio, infila un paio di guanti neri e
larghissimi, in due tempi, brandisce il bastoncello di giunco e si avvia a
passo di corsa.
A Donato rimane appena il tempo di
ghermire il cappello, di guardarsi alla sfuggita nello specchio e di porsi alle
calcagna del bizzarro visitatore, il quale scende le scale a due gradini alla
volta.
«Signore, signore!
Il signore si ferma per fortuna, e
in due salti Donato gli è presso.
«Non le ho detto il mio nome; mi
chiami signor Asdrubale; a Milano non mi si conosce altrimenti.
Ora che Donato sa di aver a fare
col signor Asdrubale, per occupare in qualche modo il silenzioso trotterello
con cui gli cammina al fianco, piglia ad esaminarlo.
Il signor Asdrubale veste
interamente di nero, secondo l'ultimo figurino domenicale della campagna; ha un
volto asciutto, espressivo, con due occhi piccini, ma penetranti e sempre in
agguato dietro folte ed ispide sopracciglia; ha le labbra sottili, ma
socchiuse, perchè ci sta di mezzo un sorriso bonario; per altro ammicca di
continuo cogli occhi, come per un ticchio nervoso, e ciò guasta un pochino
l'impressione piacevole della bizzarra fisionomia.
Quanto all'andatura è quella d'un
che abbia fretta, il contegno, non punto impacciato, ma dimesso, è d'uomo che
conosce benissimo gli usi della città, ma si attiene alle lezioni dei campi.
Si giunge alla Banca.
L'operazione, come dice il
signor Asdrubale, non richiede gran tempo; ecco Donato rimminchionito dinanzi
ad un pezzo di carta, guardare la propria firma che gli è costata tanto cara.
Non ci si fida quasi; quel nome e quel cognome gli paiono capaci di qualche
tiro, vorrebbe lacerare la cambiale. Il signor Asdrubale lo trattiene; e giunto
a casa tira fuori un foglio di carta bollata, mette la penna nelle mani del
giovine e detta senza preamboli una breve ma succosa dichiarazione come
qualmente Donato è debitore di lire cinquemila verso Costanza.
Questa volta lo studente di
matematica firma senza titubare e suggella il tutto con una lagrima che gli
sgocciola di nascosto,
«Buona Costanza!
- Cuor tenero; benissimo, dice il
signor Asdrubale chiudendo maliziosamente un occhio; la signorina Costanza è
molto ricca... non fa nissun sagrifizio; come vede, colloca i suoi capitali
coll'interesse del sei per cento, impiego sicuro, perchè già ella è sulla via
di diventar ricco ed alla prima tappa della fortuna non proseguirà certo il
viaggio senza pagare i debiti. Quando si è ingegneri si può camminare spediti,
e camminando spediti si può arrivare in tempo... la signorina Costanza è tanto giovane...
Finalmente apre l'occhio, e
sghignazza forte; Donato, che si è fatto rosso fino alle orecchie, ora ripiglia
animo e trova gusto in quelle allusioni.
«Ecco fatto, dice il signor
Asdrubale, piegando l'obbligazione e mettendola in fascio con un mucchio di
carte, non era più difficile di così.
Donato accompagna melanconicamente
la scritta che ora sprofonda nell'ampia tasca, e le manda dietro un sospirone
lungo.
Ci è qualcos'altro; è facile
vederlo anche tenendo un occhio solo aperto, come il signor Asdrubale, il quale
entra difilato nel cuore dell'argomento.
- La me lo dice, o l'ho da
indovinare? Ella, con rispetto parlando, è al verde; si capisce, quando si è
studenti non si possono pagare cinquemila lire da un momento all'altro senza
trovarsi un po' dissestati... Non è così?
È così, è assolutamente così; e
come dir di no, quando quell'adorabile signor Asdrubale mette un garbo tanto
persuasivo ed una bonarietà tanto impertinente nelle sue interrogazioni?
- Ecco, dice Donato, facendosi di
bragia; prima delle cinquemila lire io ne aveva perduto altre mille, e di
queste ne avevo cinquecento sole...
- Dimodochè, interrompe l'altro,
geloso di far prova di penetrazione, dimodochè ella ha un debituzzo di
cinquecento lire e non ha un soldo in tasca.
- All'incirca, tranne che il
debituzzo è di seicento lire... per gl'interessi.
- E scade?
- Fra due mesi.
- Il suo creditore si chiama?
- Cherubino Dolci, via Poslaghetto,
N. 12.
- Un cherubino vero, della stoffa su
cui si tagliano gli angioli custodi dei figli di famiglia.
- Un usuraio, un briccone.
- Ingrato! un uomo di cuore, un
uomo onesto, che non la vedrebbe perdere di tasca un centesimo senza correrle
dietro per restituirglielo; ella non sa come funziona il meccanismo del
credito; e può dire lei dove incomincia l'inonesto nell'interesse? Ci ha un
interesse legale, inferiore all'interesse commerciale, il quale poi sta sotto
all'interesse bancario; il commercio fa un passo più della legge, la banca fa
un passo più del commercio; e non sarà lecito ad un uomo di buona volontà fare
un passo più della banca? Il signor Cherubino Dolci ne fa forse due o forse
tre, ma in fondo è un galantuomo... Dicevamo dunque, via Poslaghetto, N. 12;
sta bene; farò io questo piccolo negozio, riscatterò la sua obbligazione per
mio conto.
E senza dar tempo al giovane di
rispondere, ripiglia il cappello, se lo incassa sulla testa perpendicolarmente,
abbottona l'abito ed infila l'uscio.
Un'ora dopo è di ritorno; Donato ha
avuto le sue buone ragioni per non muoversi di casa e starlo ad aspettare.
«È andata a meraviglia, dice il
signor Asdrubale sbottonandosi e buttando il cappello sopra una seggiola; il
signor Cherubino Dolci è una pasta di zucchero; ha capito ciò che aveva da
guadagnare se accettava subito il pagamento e non è stato a lesinare sullo
sconto; ecco anche questa obbligazione; non ce n'è altre per caso?
- No, dice Donato con un accento di
fierezza che mette l'altro di buon umore.
- Quand'è così ricapitoliamo:
seicento lire per l'obbigazione, trecentocinquanta che le do in contanti, fanno
mille lire tonde tonde che ella mi pagherà fra un anno cogli interessi
commerciali.
Non per nulla Donato studia la
matematica; facendo mentalmente il suo conto, egli trova che un po' di
Cherubino Dolci ce l'ha anche il signor Asdrubale; ma nella gioia di vedersi
liberato dai fastidii per un pezzo, nell'ebbrezza di sentirsi padrone ancora
d'una sommetta, si dimentica volentieri di tutta la sua scienza numerica e
ripete che va benissimo, che va benissimo, che va benissimo, e per poco non si
stringe al petto quel caro, quel simpatico, quell'adorabile signor Asdrubale.
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