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Salvatore Farina
Fante di picche

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  • FANTE DI PICCHE
    • XII.
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XII.

 

Che ore veloci! Donato ha appena avuto il tempo di gettare un'occhiata fuggitiva nella sua immensa felicità, ha appena specchiato il suo sorriso negli occhi di Costanza, le ha detto solo che le vuole tanto bene, ed ha paura di non essersi spiegato abbastanza chiaro - e già il focoso Morello scalpita impaziente sul lastrico, e l'oste afferra le redini e la frusta. Bisogna partire; replicati baci a tutti, perfino sulla faccetta petulante di Martino Bruscoli, ma non sulle guancie brune e vellutate di Costanza. Si parte.

Per via Donato fa come gli ha detto l'amico Martino, tocca il polso alla propria coscienza... è sano; or che ha visto la rovina da vicino, è sicuro di non giocar più, e lo dice a stesso senza l'inquietudine dei propositi malfermi.

I giorni passano, anche quelli terribili della meccanica e delle costruzioni; vengono e passano allegramente; e giunge il giorno famoso - Donato si copre di gloria; nulla più lo separa da una nuova rete di ferrovie o da una miniera... è ingegnere!

Uscendo dall'aula scolastica per lanciarsi nel mondo, chi lo accoglie a braccia aperte?... Martino Bruscoli, col farsettone nero abbottonato, colla cravatta a sghimbescio. Avesse anche in testa, invece del cappello a tubo, un casco metallico, la sua faccetta asciutta, la sua voce fessa, i suoi sguardi d'economia, fatti con un occhio solo, non avrebbero nulla di pauroso. Oggi Martino Bruscoli raffigura la bonarietà, la cordialità, tutti gli astratti onesti del vocabolario.

«Te lo leggo in faccia, tu sei ingegnere! Tutti gl'ingegneri appena sgusciati hanno la faccia che  hai tu....

- Sono ingegnere! sì, sono ingegnere! risponde Donato... e il babbo, e Mariuccia... e Costanza?

La famigliarità con cui egli domanda della nipote non offende lo zio, il quale piglia il giovane a braccetto, lo sottrae con lieve violenza ai baci ed alle strette di mano dei compagni, esce dalla Scuola. d'Applicazione, volta a dritta, ed infila a passo di carica il portone del vicino Albergo Cavour.

In un salone deserto, Donato trova il mondo che l'aspetta a braccia aperte, il suo mondo che si chiama, Norberto, Mariuccia e Costanza. Questa volta inaugura la carriera d'ingegnere con un atto d'audacia; dopo aver baciato i suoi parenti, bacia anche Costanza. E nissuno ci trova a ridire.

In un cantuccio dell'ampia sala è preparata una mensa per cinque.

Martino Bruscoli da il segnale; seggono: il vecchio babbo a capo di mensa, Donato accanto a Costanza ed in faccia al... fante di picche. Ah! chi gli avrebbe detto allora che la partita formidabile doveva andare a finire così!

La sala si popola di forestieri, di comitive ciarliere o taciturne; bisogna essere felici a bassa voce, perchè della tranquilla gioia non esali nulla, non si perda un bricciolo.

Il desinare è splendido; alle frutta, Martino Bruscoli fa un brindisi all'ingegnere, ma l'ingegnere è distratto; protetto dalla complicità della tovaglia, egli si è impadronito colla destra della manina manca di Costanza, e tutta l'anima sua è sotto la tavola.

Alla sera si parte insieme; e giunti a Romanò, il signor Martino sbottona il farsettone, leva una busta chiusa e la a Donato, dicendogli:

«È un regalo per la laurea.

Donato rompe il suggello ed estrae dalla busta un omicciatolo magro e nervoso, con un giustacuore nero ed un casco metallico.

«Lo serberò prezioso, dice egli arditamente, ma non mi basta: signor Martino Bruscoli, le domando la mano di sua nipote...

E il signor Martino Bruscoli esce a ridere, chiude un occhio e risponde:

«Mariuolo d'un ingegnere... non hai fatto i tuoi comodi, non te la sei presa?... O credi che non ti abbia visto perchè ci era di mezzo la tovaglia?


 

 

 

 




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