UN UOMO FELICE
I.
- ... Un uomo felice!
- E contento del proprio stato?
- Così contento che non lo
cambierebbe con quello di un principe...
- Secondo i principi...
A forza di ruminarci sopra, non
potemmo più reggere alla tentazione, ed una bella mattina del mese di giugno il
mio amico Antonio ed io ci provammo ad arrampicarci sul monte Barro, voltando
le spalle al territorio di Lecco, per andare a vedere da vicino il prodigio
vivente.
Il monte Barro è un monte
rispettabile per ogni riguardo; ha due sagre, una delle quali, quella di S.
Michele, è tenuta in molta considerazione in Paradiso; ha l'eco di Galbiate che
ripete poco meno di due versi endecasillabi senza incespicare, e la sua vetta,
in forma di gobba, apparisce a quando a quando involta fra le nuvole. Ci
sarebbe da insuperbire per poco che un monte avesse le facoltà locomotrici del
minimo insetto che campa la vita alle sue spalle e potesse andarsene dove
meglio gli talenta; così inchiodato dove si trova, in faccia alla mascella
enorme del Resegone ed alla vetta brulla del San Martino, ed a tutta quella famiglia
di giganti che, più oltre, più oltre, sembrano rizzarsi sulle punte dei piedi
per guardare dietro le spalle di chi li precede, il povero Barro ha la
fisionomia burlesca d'un nano, e si direbbe che ci soffre. È tutt'uno. Ad
arrampicarvisi[nell'originale: arrampicavisi] non è punto comodo: è un monte
niente affatto arrendevole, ed i sentieri che esso apre nelle sue coste non
hanno l'aria di concessioni; si inerpicano diritti o quasi diritti, sassosi che
non è una delizia. Ogni tanto siete costretti a fermarvi per respirare, e vi
vien fuori senza avvedervene: «che monte!» Lo stratagemma gli è riuscito.
Vi ha, è vero, una via
carrozzabile, ma è un'altra arguzia di quel monte imbronciato, perchè, ad un
certo punto, poco prima di Galbiate, la salita si fa così ripida, che il peso
della carrozza trascina il cavallo, e carrozza e cavallo pigliano l'andatura di
un gambero enorme; quanto ai viaggiatori pedestri nulla di peggio, si sa, d'una
strada carrozzabile.
L'amico Antonio, pratico dei
luoghi, mi incoraggiava alla salita, assicurandomi che, giunto alla sagra di S.
Michele, tutte le asperità avrebbero cessato come per intercessione del santo,
e che avremmo camminato all'ombra delle acacie, e posto i piedi sopra un vero
tappeto di velluto.
Coraggio e innanzi, e innanzi, a
salti, piegando a dritta ed a sinistra, ascoltando l'allegra musica dei
ciottoli che rotolano dietro i nostri passi, e ridendo... Eccoci giunti. Ecco
la sagra. È una chiesa, o piuttosto uno scheletro di chiesa; mostra il tetto,
le pareti e le fondamenta, il tutto disegnato con gusto e impiantato
solidamente; le mancano le polpe - pavimento,
volte, sagristia, altari: ci sono aperture di finestre e di porte ma
senza porte e finestre, e il vento deve farvi strane scale cromatiche quando
gli accomoda.
San Michele è benemerito per la sua
sorgente di acqua leggiera come un soffio. Nulla di meglio d'una buona sorgente
d'acqua per assicurare la devozione dei fedeli; a S. Michele non ci ha altro,
ma basta perchè migliaia di devoti vi portino al 29 settembre l'occorrente per
desinare sull'erba. Vi bevono l'acqua e si ubbriacano di vino, ed alla sera
rotolano giù per la rapida china cantando e ridendo allegramente. Gran buona
pasta di santo questo che si lascia adorare in tal maniera!
Via, ancora una ciottola d'acqua
leggiera come un soffio, e innanzi... L'amico Antonio non mi ha lusingato
inutilmente; ora si sale senza fatica; il sentiero gira intorno al cocuzzolo
del monte, all'ombra delle boscaglie; l'aria frizzante del mattino ci batte in
viso, e sotto di noi si schiera un panorama incantevole d'acque e di monti. A
un certo punto ci pare d'entrare in un giardino; il vento ci ha portato un
profumo di gelsomini selvatici in fiore. Vien la tentazione di raccoglierli
tutti, ma ce n'è troppi, non ne raccogliamo nemmeno uno... Innanzi... Alle
falde del monte, tra le, acacie, s'incontrano altri tesori: ecco un ciclamino
bianco e per uno bianco mille color di rosa, e poi una famiglia stravagante di
fiorellini dalle forme più curiose; ecco una spiga d'un rosso cupo che non
avevamo ancor visto; la fiuto per far più ampia conoscenza; quale profumo
squisito di vainiglia! quella che noi coltiviamo nei giardini col nome
di elitropium peruvianum è molto lontana dall'aver un odore così squisito.
Facciamola felice anche questa; diamole un battesimo dotto: vainiglia
montana. La gran ventura!
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