III.
Il signor Tallini scese le scale a
precipizio, e si gettò nelle nostre braccia prima ancora che avessimo avuto il
tempo di varcare la soglia della casa color di rosa. Nelle nostre braccia non è
un modo di dire iperbolico, perchè l'ex-baritono, buttando ciecamente la mano
diritta sul costato sinistro di Antonio e la mano manca sul mio costato diritto
e premendoci l'un contro l'altro e premendosi egli stesso contro di noi, trovò
modo di abbracciarci tutti e due in un tempo. Era un quadro che avrebbe tentato
un pittore fiammingo.
«Bravissimo il mio Antonio,
bravissimo anche il signore... bravissimi... bravissimi! Non potete credere il
piacere che mi date; il primo quartale toccato per la mia prima scrittura non
mi ha fatto così lieto!
Il suo volto era veramente
illuminato a giorno, ed i suoi occhi mandavano bagliori. Pensavo che egli cedeva
con troppo abbandono alla febbre della gioia, la quale è la più acre nemica
della vera felicità!
Ci fe' entrare nel suo
appartamento; due stanze in tutto, arredate con una scenica parsimonia di molto
buon gusto; nel salotto si vedevano parecchie di quelle enormi sedie ad alto
schienale, che frequentano il palcoscenico di tutti i teatri dell'orbe
terraqueo; nel mezzo una tavola rettangolare con un gran tappeto che ne copriva
le gambe, da un lato una cônsole e dall'opposto lato un pianoforte; la
sola differenza tra il salotto dell'ex-baritono, ed una sala riccamente
addobbata con due porte laterali, era che in fondo invece d'un'altra
porta si vedeva un caminetto, un vero caminetto, ed uno specchio, un vero
specchio, con cornice dorata sovr'esso. E però, quando l'ex-baritono volle
mostrarci la sua camera da letto, io fui molto meravigliato che due comparse
non venissero a toglierci le sedie di sotto per preparare il cambiamento di
scena. Se non che nella camera contigua, oltre il letto nascosto dietro una cortina
bianca, come nell'ultimo atto della Traviata, rividi le stesse sedie ad
alto schienale e lo stesso tavolino coll'identico tappeto, ed allora compresi
perchè le due brave comparse non avessero fatto la loro frettolosa apparizione.
La felicità non tolse all'ex-baritono
la memoria del suo appetito e la fede nel nostro.
Erano le undici e die' ordine che
si preparasse il desinare pel mezzodì. Antonio ed io udimmo alcuni momenti
dopo, con un vero sentimento di gioia che non aveva invidia di quello del
nostro ospite, correre dietro ad un branco di polli, i quali starnazzavano le
ali fuggendo, e finalmente uno dei fuggitivi gridar più forte.... e poi il
silenzio profondo.
«Così è, disse allora l'amico
Antonio all'ex-baritono che ci aveva fatto uscire dall'abitato per farci vedere
il suo campicello, così è, non ho potuto resistere al piacere di vedere in
faccia un uomo felice.
- Ed un vecchio amico!
- Ma sai, che non è carità la tua
di scrivere tante volte ad un disgraziato pari mio, che tu sei felice! Almeno
ora che mi hai fatto arrampicare fin qui, dovresti insegnarmi la ricetta.
- È facile, rispose l'ex-baritono
con visibile soddisfazione, e col miglior accento per far credere il contrario,
è facile!
- Basta aver denari!...
Il nostro ospite lo interruppe
prontamente, come per non lasciar più a lungo il suo tempio sotto la macchia di
siffatta profanazione.
«Oibò; il denaro non serve a nulla;
io che ti parlo sono stato ricco, e non sono mai stato felice, ed ora che non
sono più ricco, sono felice!
- È una sciarada.
- Bravo! una sciarada, ma io l'ho
sciolta, e me ne trovo bene. Il primo è la campagna, il secondo
la solitudine, il terzo l'indipendenza, il quarto la serenità
d'animo, e l'intero...
- E l'intero è il baritono
Tallini, non può essere altri che lui, perchè io potrei ritirarmi in campagna,
e starmene solo, ed essere indipendente, che nossignori, non sarei felice.
- Perchè ti mancherebbe il quarto,
la serenità d'animo...
- E tu l'hai? chiese Antonio.
- L'ho, rispose gravemente
l'ex-baritono.
- E come passi il tuo tempo nella
solitudine?
- Non lo so, non son io che passo
il mio tempo, è il mio tempo che passa da sè.
La risposta era così semplice che
ci parve profondissima; Antonio si volse a me e tradusse il suo stupore in una
risata, intanto che l'ex-baritono ci guardava in volto curiosamente, per spiare
l'effetto delle sue parole.
- Osservate, ci disse poco dopo il
nostro ospite, che incantevole panorama! Lecco laggiù, più oltre Pescarenico,
che si guardano nell'immenso specchio delle acque...
- Stupendo! dissi io.
- Stupendo, ripetè Antonio; ma non
si cambia mai scena mi pare; è un vero idillio; atto unico, scena unica...
- T'inganni; se ci arrampichiamo
sulla vetta del Barro, vedrete l'altro versante, Valmadrera, Galbiate...
- Ma sempre Valmadrera e Galbiate,
- E il monte S. Martino e il
Resegone...
- E quanto tempo tu consacri ogni
giorno a contemplare tutto ciò?
- Nulla... ma io so di essere
circondato da una bella natura, e questo mi fa bene... Ecco qua il mio
campicello...
- Lo coltivi tu?
- Qualche volta sì... la botanica
mi piace...
- Hai seminato tu quei fagiuoli?
- Sicuro... io stesso... è la mia
passione. Antonio si rivolse a me ed uscì in uno scoppio di risa più sonoro dei
precedenti.
Bisogna sapere che i fagiuoli
seminati dall'ex-baritono Tallini erano una specie di cicoria, di cui si fa
un'ottima insalata.
Ma il nostro ospite, nella serenità
dell'animo suo, non si avvide dell'intenzione burlesca dell'amico e non prese
in mala parte la sua ilarità. Antonio proseguì l'interrogatorio che cagionava
all'ex-baritono un visibile piacere.
«A che ora ti levi di letto al
mattino?
- All'alba; nulla di meglio d'una
magnifica passeggiata sui monti, all'alba; si gode uno spettacolo incantevole,
si respira un'aria frizzante e si acquista un appetito... un appetito...
ritorno a casa e faccio colazione...
- E poi?...
- E poi fumo la pipa, e poi canto
accompagnandomi sul pianoforte; e poi vado alla campagna a dare un'occhiata ai
miei fondi... fino all'ora del desinare, che dura più d'un'ora... e poi leggo,
o canto, o fumo la pipa... e appena annotta, mi caccio in letto...
- E al domani ricominci?...
- Ricomincio....
- E non ti stanchi mai?
- Mai.
- E non ti vien mai voglia di
parlare con chicchessia?
- Se me ne venisse voglia, ci è il fattore,
un uomo che si può far andare in estasi con una nota filata, che
s'inginocchierebbe ad adorarmi se gli cantassi una romanza, e che dice le più
innocenti schiocchezze che siano mai uscite da una bocca che non canta.
- E non ti vengono mai in mente i
tuoi trionfi, le belle cene, i tuoi debutti, i sospirati quartali ed i
non sospirosi amori delle quinte?
- Mi vengono, ma non li rimpiango,
ne rido... insomma sono felice!
- To', disse Antonio guardando
l'orologio; è mezzogiorno, voglio essere felice anch'io!
- Anch'io! dissi accontentandomi
della parte secondaria che mi toccava in quella commediola.
Il desinare era ghiottamente
casalingo, e se è vero che l'appetito sia il miglior condimento delle vivande,
io dico che non furono mai vivande meglio condite di quelle della mensa del
baritono Tallini. Il quale però, checchè dicesse e facesse, mi sembrava meglio
un uomo nervosamente di buon umore, che un mortale baciato in volto dalla
felicità. Non aveva dell'uomo felice, come io lo immaginava, la robustezza serena,
la tranquilla indolenza, la beata apatia; vero è che codesto è il tipo
iperbolico degli uomini felici, e che tutti gli uomini meno scontenti del loro
stato escono dalla schiera operosa di quelli che non han tempo da proporsi
quesiti psicologici - ma è anche vero che l'ex-baritono Tallini non apparteneva
a quest'ultima schiera, e che, stando ai calcoli fatti sui termini forniti da
lui stesso, gli dovevano rimanere sei buone ore al giorno per maledire
l'esistenza.
Egli guardava ogni tanto alla
sfuggita Antonio e me, e s'empiva la bocca, e ci rivelava fra un boccone e
l'altro i mille artifizii con cui gli era riuscito finalmente di raggiungere la
felicità in cima al monte Barro.
«Tu non sei più ricco? gli chiese Antonio.
- Non sono più ricco; dopo di essermi
messo insieme un piccolo patrimonio colla mia voce, ho voluto speculare su
quella degli altri; ho fatto l'impresario e ci ho rimesso tutti i miei quartali
ed una porzione anche di quelli dei miei scritturati.
L'ex-baritono nel dire queste
parole ingrossava la voce, volendo, per una vecchia vanità d'artista,
sfoggiarne il volume. E proseguiva:
«Un giorno mi avvidi che mi
avanzavano solo poche migliaia di lire, pensai che era tempo di voltare per
sempre le spalle al palcoscenico, uscii dal teatro e presi la via dei monti.
Avevo il cuore leggiero quando giunsi a Lecco; seppi che sul Barro ci era
questa casicciola da vendere e la comperai. E ci venni, e qui finirò i miei
giorni...
Queste ultime parole tragiche
furono dette a boccia piena, il che ne temperava singolarmente il sinistro
significato e dava alla felicità dell'ex-baritono un carattere durevole.
«Beato te! disse Antonio
sospirando.
Non vidi mai faccia più solenne di
quella del nostro ospite, a quel sospiro; egli si arrestò perfino dal mangiare
per chiedere con aria di superba commiserazione:
«Non mi hai detto nulla di te...
come vivi tu?
- Male... male; per una inveterata
abitudine tengo a vivere più che posso e meglio che posso, ma non mi riesce di
essere contento. Passo l'estate a Lecco, amo anch'io la campagna, ricevo molte
visite...
- Ricevi molte visite?...
- Molte... sono seccato a tutte le
ore; bisogna chiacchierar sempre, parlar di cento sciocchezze, tagliar i panni
al prossimo... e leggere nei giornali altre chiacchiere, altre sciocchezze, altra
maldicenza! Sempre chiacchiere, sciocchezze e maldicenza, con questo solo
divario che nelle parole si trova qualche volta un po' di spirito e nelle
scritture si trova qualche volta un po' di grammatica... All'inverno vado a
Milano, perchè a Lecco non si spazza bene la neve... passo il tempo al teatro o
al caffè Martini, o in galleria...
- Ah! tu all'inverno vai a Milano?
- Sicuro.
- Poveretto! ripetè l'ex-baritono
vuotando d'un fiato un bicchiere ricolmo. E voi, signore, come vivete?
- Male anch'io, male anch'io; anzi
peggio di voi altri; perchè sto sempre a Milano, vado a tutte le prime
rappresentazioni, costretto ad ascoltare tutti gli artisti che hanno o che
avevano o che vogliono avere in gola un filo di voce, ed a leggere tutte le
cronache cittadine, ed a mostrare di prendere sul serio cento cose che non
m'interessano punto. Beato voi che ve ne state qui, con questi bei monti in
faccia, con questo bel lago sotto i piedi, che non pensate se non ai fagiuoli
del vostro orticello ed a tener provvista la cantina di questo nettare
delizioso!
- E chi viene a trovarti a Lecco?
chiese l'ex-baritono, a cui il vinello snodava la lingua.
- Molti che ti conoscono. Agenti
teatrali, maestri di musica, cantanti...
- E che dicono di me?
Questa domanda fu pronunziata
sbadatamente, col bicchiere alle labbra e gli occhi fissi nel bicchiere. È
impossibile comportarsi meglio per parere supremamente sdegnoso delle cose
degli umani.
«Dicono, rispose Antonio, levando
dal suo canto il bicchiere e ponendolo tra il raggio visuale e la luce della
finestra, dicono...
- Dicono?
- Dicono... Non dicono nulla...
Cioè!.... qualcuno dice che sei un pazzo... Niente di meglio per vivere felici
che essere creduti pazzi dal prossimo...
- Già... sicuramente...
- E gli altri?
- Gli altri non si ricordano
nemmeno che abbia esistito al mondo un baritono Tallini... Nulla di meglio che
essere dimenticati dal prossimo per vivere felici...
- Già... sicuramente.
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