IV.
Il pranzo era al termine; una
comitiva di bicchieri di vino s'era data ritrovo nel nostro ventricolo ed
accendeva gli estri del buon umore.
Ci fu però un momento in cui il
nostro anfitrione chinò la testa fra le mani e guardò fissamente la tovaglia.
In quel punto il piede d'Antonio urtò sotto la tavola contro lo stinco della
mia gamba; guardai. L'ex-baritono uscì in breve dalla sua beata fantasticheria,
si pose al cembalo senza dir parola, e dopo alcuni accordi di preludio, intonò
con voce stentorea la romanza del Trovatore.
«Che voce! esclamava ogni tratto
Antonio, chinando il capo sul mento e guardandomi sott'occhi, che voce!
benissimo! benissimo! Sai qual'è la disgrazia dei nostri teatri? aggiunse
quando l'altro ebbe finito.
- E qual'è?
- Che siano al mondo tanti
disgraziati, i quali implorano la misericordia del cielo in chiave di baritono,
e che se ci è uno il quale abbia un organo a dovere, sia un uomo felice
e non ne voglia sapere del palcoscenico.
Antonio temperò l'effetto della
frase lusinghiera con una bella risata, ma l'ex-baritono non pose mente che alla
prima parte e rispose modestamente all'elogio cantando il duetto e facendo in
falsetto la parte della donna.
- Credete che, se volessi ancora
cantare, troverei una scrittura? disse all'improvviso.
- Ma tu non vuoi! rispose Antonio.
- È vero! oh! come sono felice!
ripetè per la centesima volta l'ex-baritono; bisogna bere un'altra
bottiglia!...
Quel vinello generoso cresceva
insolitamente la verbosità del nostro ospite e metteva noi pure alle porte
della sua felicità. Io giurai che il monte S. Martino non mi era mai parso così
bello, e che avrei passato la vita a contemplarle, sicuro di non poter spendere
meglio l'esistenza. Antonio, che da prima pareva farsi beffe del singolar modo
che l'ex-baritono aveva scelto per essere felice, assicurava che ora ne comprendeva
la filosofia profonda, e l'anfitrione continuava ad assediarci di domande ed a
farci ogni tanto quesiti ed ipotesi a cui non sapevamo troppo che rispondere.
«Che si dirà di me adesso al caffè
Martini? Che si direbbe se mi si vedesse riapparire un bel giorno a Milano, o
se annunziassi un'altra volta il mio debutto?
- Che lago! che magnifico lago! Che
monti! Che panorama! ripeteva Antonio; mi par di amarli; ora comprendo come
devono essere cari a te che li hai sempre dinanzi! Che buoni amici i monti! Che
cara compagna la solitudine!
Del vinello, che aveva la maggior
parte nel nostro entusiasmo, non una parola; questa è la gratitudine degli
uomini.
Venne il momento di separarci dal nostro
ospite, il quale aveva fatto di tutto per trattenerci, pregandoci,
scongiurandoci, e dandoci perfino il tenero spettacolo delle lagrime d'un uomo
felice,
- Beato te! disse Antonio
sospirando, beato te! io mi sento ammalato di nostalgia al solo pensiero di
lasciar questi luoghi. Se rimanessi un giorno ancora, Lecco mi parrebbe una
sepoltura. Non verrai tu qualche volta a Lecco? Ma già, il difficile è spezzare
le abitudini! Oramai tu sei un vecchio inquilino del monte e... Ci penso; non
ne hai detto da quanto tempo abiti questo paradiso!...
L'ex-baritono stringeva le nostre
mani nelle sue, e ci guardava come sbigottito della nostra sciagura e commosso
dal nostro dolore... Egli uscì da quell'estasi con un sospirone lungo, e
rispose:
«Da un mese!...
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