VI.
La corsa gli dava l'ansia e
l'affanno e gli toglieva la parola; lo guardavamo sbigottiti senza interrogarlo.
«Sapete, ci disse finalmente, ho
pensato che potrei venire a passare la notte a Lecco con voi e stare allegri
ancora un poco; non so perchè non potevo star solo questa sera... È la prima
volta.
Egli aspettava evidentemente
d'essere interrotto, ed Antonio, che guardava ora lui ora me coll'intenzione di
lasciarlo dire, si arrese impietosito.
«Hai fatto benissimo, disse,
troverai a Lecco qualcuno che ti vedrà volentieri,
- Non voglio veder nessuno, ho
bevuto troppo a desinare... domani all'alba risalirò in cima al mio nido
d'aquila.
- Fai bene, fai bene, disse
Antonio.
- Incominciò allora l'ultima china,
la più rapida e la più sassosa, fatta formidabile dalla oscurità della notte e
dalla eccessiva luce del nostro cervello.
I sassi rotolavano innanzi a noi, e
noi con essi, a precipizio, inciampando, senza poterci fermare.... Un quarto
d'ora dopo eravamo sul piano di Lecco.
Il baritono si guardava intorno
sospettoso finchè non fummo rientrati in casa: quivi sprigionò il suo più bel
sorriso, senza riuscire a cancellare dalla faccia una certa espressione
bizzarra d'impaccio.
«O m'inganno, gli disse Antonio, o
l'aria di pianura comincia già a guastare la serenità del tuo animo.
- No, non mi pare, non mi pare...
Sulla tavola erano sparsi alcuni
giornali teatrali, arrivati poco prima; il baritono ne ruppe le fascie con una
indifferenza mal simulata e lesse a voce alta coli'aria di beffarsene le ultime
scritture.
«To', il C... che va a Londra, e il
V... che va al Cairo, e il B. che canta al Carcano.
- Se tu avessi voluto! osserva
Antonio, ci saresti andato anche tu...
- A Londra?... Non ci volli mai
andare... e se volessi!...
- E se volessi, troveresti ancora
cento scritture!
- Basterebbe una... ma buona... in
un teatro di prim'ordine come baritono d'obbligo...
- Dopo tutto, credi a me, meglio la
tua solitudine del Barro, osservò Antonio dicendo e contraddicendo con infinita
disinvoltura.
- Cento volte meglio...
Antonio, volendo alla sua volta far
gli onori della ospitalità, sprigionò una veneranda bottiglia di barolo; ma il
baritono ne assaggiò a pena, ed un quarto d'ora dopo, dicendo di non sentirsi
bene, volle andare a letto.
«Io posso accomodarti benissimo,
gli disse Antonio.
Ma l'altro non ne volle sapere, e
tanto fece che lo accompagnammo fin sull'uscio dell'albergo della Croce
Bianca.
«Verremo a vederti domani.
- Grazie; verrò io... all'alba...
Rimasti soli, Antonio mi toccò il
gomito e mi ripetè queste sole parole: «Quindici giorni...», «Un mese!» L'avevo
sulle labbra, ma non lo dissi, incominciando a credere che avesse ragione.
Al mattino successivo aspettammo
invano; incominciando a temere che il contagio delle abitudini cittadinesche
tenesse il baritono a letto fino al mezzodì, andammo a chiedere di lui all'albergo
- era proprio uscito all'alba, aveva pagato il conto e non s'era più visto.
«Avrà patito la nostalgia e sarà
ritornato al suo nido d'aquila.
- Senza nemmeno salutarci?
- Gli uomini veramente felici non
si ricordano dei disgraziati pari nostri.
- Dunque?... dissi io... un mese...
Questa volta fu l'amico a
tacere.......
Otto giorni dopo, alle frutta, ci
fu recato il solito giornale teatrale die ci visitava periodicamente; Antonio
lo aprì, lo scorse coll'occhio, e die un grido improvviso...
«Che è stato?
- Indovina chi fu scritturato?
- Lo indovino! gridai, leggendogli
nel volto la notizia... il baritono Tallini!
- Proprio lui!
- Per Londra?
- No... per teatri da destinarsi!!
Evidentemente, nella famosa alba,
dopo aver pagato il conto dell'oste della Croce Bianca, l'ex-baritono,
invece di risalire il monte, aveva preso la prima corsa: Lecco-Bergamo-Milano!
Fine.
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