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Salvatore Farina
Fante di picche

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  • UNA SEPARAZIONE DI LETTO E DI MENSA
    • III.
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III.

 

Eravamo felici. Abitavamo una casicciola molto lontana dal chiasso e dalla baraonda cittadina; le nostre finestre non guardavano in casa d'incomodi vicini; il sole ci veniva a trovare ogni giorno all'alba e ci lasciava dopo mezzodì, e la luce dava colori di festa ai nostri mobili nuovi.

Il vecchio zio di Nina non aveva voluto assolutamente, come egli diceva, porre i suoi acciacchi in comune per fare una casa sola, e se n'era andato a stare con una sorella la quale viveva in villa.

La compagnia dei nostri sogni, dei propositi nostri, bastava a tutto; qualunque altro sarebbe stato un importuno. Le nostre stanze color di rosa erano popolate di care fantasime dello stesso colore. L'avvenire ci appariva nei sogni, e ne facevano di così leggiadri! Bisogna dire che Nina aveva una rara squisitezza di maniere, un sorriso dolcissimo, uno sguardo sereno come un raggio di luna, una voce armoniosa come una parola di conforto, e una tal maniera vezzosa di appressarmisi, di pormi le mani sugli omeri e dirmi «ti voglio bene» senza dirmi nulla, che io avrei passato le ore intere a divorarmela cogli occhi.

Aveva un solo difetto: nell'andare da una stanza all'altra si tirava dietro gli usci con violenza. Molte volte, strappato alle mie fantasticherie dallo sbattere d'una porta, avrei ceduto ad un movimento dispettoso se subito dopo non mi fosse apparso il suo viso rosato.

Ciò nondimeno il cuore continuava a trotterellare allegro e non mi sarebbe riuscito di fargli prendere un'andatura più ragionevole.

Bisogna anche dire che io era per Nina un marito poco men che perfetto. Non la lasciavo sola mai, o più raramente e più brevemente che poteva, non la contraddiceva in nulla, prevenivo i suoi desideri, non le dicevo che parole buone, facevo cento fanciullaggini per tenerla di buon umore. Avevo però anch'io un diffettaccio: mi distraeva orribilmente; a certi momenti, per tener dietro ad una sciocca fantasia, non mi accorgevo che ella, sorridendo, mi domandava un sorriso, o rispondevo con un cenno serio del capo ad una proposta burlesca.

Certo la sorte non accoppia due colpe così nere per dare l'immagine della pace coniugale.

Venne il giorno in cui io mi mostrai più distratto del solito, ed ella sbattè gli usci più forte. Mi sfuggì un oh! ed ella l'intese, ed io me ne pentii. Inutilmente. Un'altra volta Nina mi lasciò pensoso, camminando sulle punte dei piedi, e chiuse l'uscio con mille precauzioni per non far rumore... Il frastuono delle fucine d'averno non mi avrebbe fatto dare un balzo più ratto dalla seggiola. La raggiunsi, l'abbracciai, e ridemmo insieme di gran cuore.

Ma il ghiaccio era rotto; ci avevamo detto in viso il pensiero nostro: non eravamo perfetti!

Per quanti sforzi facesse, Nina non riusciva a correggersi; solo quando aveva peccato, pigliava una certa aria tra il dolente e lo scherzoso che la faceva più bella.

Quanto a me avevo un gran scrollare il capo, o spalancar tanto d'occhi quando ero colto col cervello in processione - non ci guadagnavo nulla, assolutamente.

La luna di miele durava da molte lune, senza che la più lieve ombra avesse mai oscurato i nostri volti innamorati.

Fu un giorno, un brutto giorno di quel dispettoso mese di luglio, in cui il sole è così beffardo e il caldo così crudele... Ella giura d'essere stata la prima a dirmi: «vorrei un po' sapere a che pensi sempre col capo nelle nuvole, vorrei proprio saperlo...;» ma non le credete; la prima offesa uscì proprio dalle mie labbra in forma d'un piccolo sacramento che non mi riesci d'afferrare coi denti se non quand'era venuto fuori più di mezzo. Comunque sia, un di noi rispose con una lieve impertinenza, e l'altro con una meno lieve, e poi con un'ironia, e con un'altra ironia, e infine Nina colle lagrime agli occhi ed io col cuore gonfio.

Un'altra volta lo stesso esordio ci portò alla stessa conclusione, ed un'altra più in là,

- Questa vita non è più sopportabile, disse lei.

- Davvero! dissi io per farle dispetto.

- Davvero! Ah! davvero! Eh! lo sapeva io che sei già stanco di me: è quasi un anno che sei alla catena.

- Dieci mesi, risposi.

- Che ti sono parsi dieci anni; me ne sono accorta già da un pezzo; la nostra felicità ha già troppo durato; ah! come sono disgraziata! Finirai per odiarmi, se pure non mi odii fin d'ora; ma finirò anch'io per odiarti.

Mi struggevo di voglia di pigliarmela fra le braccia e di portarla in giro per le stanze, lei e tutta la sua collera insieme, sino a tanto che dicesse: basta ridendo; mi veniva voglia di buttarmele ai piedi ginocchioni e dire le mie orazioni maritali, di allacciarle il collo e rubarle tanti baci finchè lo sgomento me l'avesse rifatta docile - mi venivano in mente tutti i propositi buoni che possono venire alla miglior pasta di marito. La guardai sott'occhi, vide il mio sguardo e mi volse le spalle, mossi un passo verso di lei, ed ella via in un'altra camera... ed io dispettoso, via dalla parte opposta, e giù per le scale, pieno di rimorsi già prima di porre in atto la terribile vendetta,

Gironzai un pezzo, non mi potendo staccare dal vicinato e volgendomi ogni tanto a guardare la casicciola dov'era la mia felicità.

Mi tornavano al pensiero Concetta e Sulpicio, i buoni amici d'una volta, e dicevo a me stesso che io non aveva chi compiesse presso la mia Nina i buoni uffizii di paciere, e che dopo tutto non avrei patito di affidarli a chicchessia.

Pensavo: «È la prima volta, ma chi sa se non faremo più! Bisogna ritornare a lei, toglierla quanto è possibile alla sua pena, e confortarla, e dirle che non avremo più a bisticciarci mai... Ma se, invece di ascoltarmi benignamente, fa la ritrosa?... Ah! che non darei perchè alla prima parola buona rispondesse con un bacio saporito! E non se ne parlasse più e si piangesse e si ridesse insieme!» Tutte queste riflessioni, mi portarono due o tre volte sulla soglia di casa, ed altrettante me ne ritrassero; finalmente mi riuscì di rompere il fascino, infilai il portone d'un balzo, salii gli scalini a quattro a quattro, ed in un attimo fui innanzi a lei che mi era venuta incontro lagrimosa sul pianerottolo.

Nascondeva il viso fra le mani e non mi diceva nulla. Le cinsi il corpo con un braccio e la trassi nel salotto; me la feci sedere sulle ginocchia, le scostai con dolce violenza le mani dagli occhi, posi il mio volto sotto al suo, e le chiesi perdono. Ma invece di perdonarmi scoppiò in un altro singhiozzo, e mi buttò le braccia al collo, ed appoggiò la testina sul mio omero.

Mi batteva il cuore forte; gli atti di Nina esprimevano una disgrazia. Che era dunque avvenuto nella mia assenza? Di nuovo carezze di baci e di parole, e cento interrogazioni paurose e finalmente un altro singhiozzo più forte:

«È morta!

- Chi?

- Concetta, la povera Concetta!

Ammutolii. Se devo dire il vero, non me ne doleva moltissimo; la buona donna trotterellava giù dalla settantina da un pezzo, e il Paradiso aveva aspettato molto per avere una pergamena di più; ma rispettavo la sensibilità di Nina. Quando ebbe cessato di lagrimare, tentennò il capo e mi disse con un filo di voce melanconica:

«Eccoli separati di letto e di mensa!

- E chi ti ha dato questa notizia?...

- Un'amica che è venuta a trovarmi; la povera Concetta è mancata ieri l'altro quasi improvvisamente.

- E Sulpicio?

- È disperato; non dice parola, sembra sbigottito.

- Bisognerà andare a trovarlo,

- Amico mio, vacci subito.

Vi andai.

Oimè! Il povero cuore del vecchio non aveva potuto resistere agli affanni della solitudine, e nella notte, poche ore dopo che gli fu portata via la sua compagna, s'era posto nel vedovo letto colla sicurezza di non vedere un altro mattino.

Il cadaverico volto pareva sorridermi tristamente e dirmi che neppure la morte li aveva voluti divisi.

Ritornando a casa col cuore mesto, ma d'una mestizia dolce che mi faceva bene, non volli dire nulla alla mia compagna. La quale seppe la cosa da altri alla mia presenza, e come fummo soli mi si strinse paurosamente al petto...

«Carlo!

- Nina!

Levò gli occhi come per leggermi nel pensiero, e mormorò lentamente queste parole:

«Anche noi, non è vero?»


 

 

 




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