II.
Floriano era il più
antico arnese di casa Nicastro. Un arnese usato assai, sdruscito anco se
volete, ma atto ad ufficii diversissimi. Maggiordomo, credenziere, segretario
secondo l'uopo, gloriavasi più di tutto d'essere il sagrestano della
Parrocchia: poiché egli era stato confratello penitenziere del defunto Barone,
ed avea ereditato qualche profumo della sua santità. Floriano accendeva le
candele, serviva la Messa,
sonava le campane, portava il torcio e il messale con divozione esemplare; ma
la sua miglior valentia era nella cerca delle limosine. E sì, che la chiesa di
Nicastro per le larghezze del Barone Juspatrono era splendidamente dotata, ma
il buon santese stimava che le limosine fossero l'opera meglio accetta al
Signore, e perciò le aiutava con ogni argomento della sua fede cieca e sincera.
Nessuno meglio di lui facea canticchiare in fondo alla borsa i quattrinelli, nè
con piglio più compassionevole allungava la canna cui essa era appesa, fin
sotto il naso dei devoti, protendendo in pari tempo un certo suo collo che
parea fatto apposta per ispiare di quanto s'accrescesse volta per volta il
modesto peculio.
Raccogliendo poi quegli
spiccioli a manate per deporli nella cassetta della sagrestia, si consolava
pensando fra sé:
«Ecco saldati anche per
questa domenica i conti dei parrocchiani di Nicastro col Signore Iddio!...
Certo, se io non avessi guardato la vecchia Marta con quel mio piglio
particolare essa non avrebbe cambiato in una palanca il solito quattrino; e se
il mio gomito non urtava opportuno il collo troppo devoto del notaio Capocchi,
egli non sarebbe stato costretto ad accorgersi di me e a cavarsi di tasca un
bel soldaccio nuovo!... Bravo Floriano!... hai fatto operar del bene anco a chi
non voleva; essi quandochessia te ne saranno grati, sono contento di te!...».
Questo fu l'uomo
chiamato dal barone Camillo dopo il suo alterco con Bruto Minore: al quale
(appena comparve, come dissi, sulla porta della biblioteca), egli comandò di
allestirgli la valigia, e di ordinare i cavalli. Floriano lasciava la briga di
ragionare sulle cose di questo mondo alla Provvidenza, onde ubbidì
letteralmente a questi comandi; e nè meno fece un atto di sorpresa quando il
Barone gli impose di montar secolui in lettiga.
L'alba del terzo giorno
vide don Chisciotte e Sancio imbarcarsi sur una tartana che salpava da Cagliari
per Genova. Floriano recitava l'Angelus Domini; il Barone mormorava che
l'avrebbe fatta tenere a quel miscredente di Bruto.
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