IV.
- Come ti garbano i
viaggi di mare? - domandò il Barone al fido segretario un dodici ore dopo,
quando il libeccio trionfante rimise lena alla nave; nè egli avrebbe osato
movere una tale inchiesta, finchè il disagio e i pericoli del loro stato davano
motivo a Floriano di rispondergli contro i suoi desiderii.
- Tutto è vivere;
rispose pecorilmente il buon segretario.
- Sicuro! soggiunse
l'altro; e il tuo sarà un vivere nel sacco, se viaggerai le terre di
cristianità guardandoti sempre le unghie. Ecco, tutti si movono, tutti si
affaccendano sul legno, e tu solo te ne stai ritto in panciolle, come il
rettore quando si fa incensare!
- Vossignoria comandi!
bisbigliò Floriano.
- Vossignoria, vossignoria!
borbottò il Barone. - Anche tu hai la tua testa!... Osserva dunque, ragiona, ti
istruisci delle cose marinaresche!... Sai pure che io sono uscito dalla mia
biblioteca per vedere un po' quanto si combinino colle regole di sapienza i
negozii di questo mondo... Ora tu devi essere uno de' miei cannocchiali, caro
Floriano!... Datti dunque attorno, studia, giudica, riferisci; affacciati se
non altro al finestrino per veder la testa del pesce cane, il quale dev'essere
una persona di questo mondo anche lui.
Il sagrestano arrossì,
come una giovinetta che nel ballar la quadriglia s'accorga di perder una calza.
- I pesci cani veduti
così da vicino non mi hanno figura di persone oneste; rispose egli balbettando.
- Monta dunque sopra
coperta, e mescolati un poco alla gente, ripigliò il Barone.
- Vossignoria non ha
forse badato a quelle due signore che s'imbarcarono con noi a Cagliari?
soggiunse con voce sommessa e tremolante Floriano.
- Vi ho badato come si
bada ad una nuvola che passa; rispose il gentiluomo.
- Io vi badai... forse
con minor riserbo; ripigliò il maggiordomo. - Si ricorda, vossignoria, come
sono vestite, e quali attucci vanno facendo, e come parlano alla lesta con
questo e con quello?... Non vorrei!...
- Ah, questa è famosa,
Floriano!... Mai paura delle tentazioni! Fatti coraggio!... non vi sono
soltanto quelle nobili donne sul cassero; ci sono marinai e passeggeri in buon
dato; quando si viaggia per istruirsi non bisogna guardar tanto per sottile!
- Oh signore!... Si
figuri!... bestemmiano come Turchi coloro!
- Non importa, quando si
tratta di imparare...
- Eh, sì!... di quanto
mi son io avvantaggiato dappoichè distinguo le àncore dai catenacci, e le vele
di pappafico da quelle... da quelle di trinchetto?...
- Ma non capisci proprio
nulla, non sei buono a nulla tu!? gridò spazientito il Barone.
- Se ben ne sovviene a
vostra eccellenza, io le ho sorretto la catinella per tutta la notte passata;
soggiunse modestamente il cameriere.
- Sicuro! e vi cascavi sopra
con quel tuo testone assonnato! e sì che il vascello traballava che pareva
ubbriaco!
- Effetto della mia
coscienza tranquilla!
- Ottimamente!... fosti
per dire che la mia coscienza è meno tranquilla della tua?
- Non fui per dir
questo; ma certo di lassù si dispensano le grazie anche a chi meno le merita.
- Arrogante, e
imbecille! sclamò l'ultimo rampollo dei Baroni di Nicastro; - che sì che il
Signore vorrà preferir te a petto d'un personaggio par mio!
- Vossignoria dimentica
che davanti a Dio non vi sono distinzioni di rango, disse il sagrestano.
- Ah, pezzo d'asino!...
oh, ingrato segretario, fai a me di cotali prediche?... Vuoi vedere ch'io metto
sul momento alla prova quella tua violenta antipatia pei pesci cani!...
- Per carità, signor
Barone.
- Non c'è carità per chi
mi perde il rispetto.
- Ma io rispetto, anzi
venero l'eccellenza vostra.
- Smentisci dunque sul
fatto quelle tue birbonate!
- Ho detto la verità,
signor Barone.
- La verità te la darò
io.
- La verità è una.
- Ah! ah! ci vuole un
terzo per metter pace nella disputa; disse il padrone della tartana,
intromettendosi fra i due litiganti con due boccate di fumo della sua pipa che
li fecero tossire ambidue.
- Ha ragione costui!
mormorava il Barone tra sè, squadrando il marinaro in cagnesco, come un
fanciullo cui fu tolta una mela. - Il terzo ci vuole perchè le cose vadano sui
loro piedi! ed io me la prendevo con questo capo di Floriano, il quale pur
comprende benissimo che la verità è una!... Io me la prendevo con lui, mentre
l'era tutto effetto di malattia numerica... Andiamo a pigliar aria; continuò a
voce alta.
E infatti salirono sul
ponte d'onde lo sguardo comprendeva una calma infinita di mare e di cielo.
- Ecco Genova! disse
loro il piloto stendendo la mano verso alcuni punti biancheggianti che si
discernevano sotto la nebbiosa fascia dell'Apennino.
- Che ora sarebbe per
avventura? chiese precipitosamente il Barone.
- Le due in punto;
rispose Floriano guardando sul suo orologio di argento col quale soleva
registrare la meridiana di Nicastro.
- Le due?... non lo
credo!... non sono le due.
- Ma sì... son proprio
le due... Battono ora al pendolo del capitano; dissero alcuni della ciurma.
- Maledette le due!
strillò il Barone, volgendosi colle pugna tese al suo scudiero; - dimmi le
dieci, dimmi le ventiquattro!... Ti vendo per due palanche al primo Saraceno
che incontro se hai cuore di dirmi un'altra volta che sono le due!
I naviganti onorarono il
Barone d'uno di quegli sguardi che onorano poco assai l'umana specie e che
dicono con allegra compiacenza: Ecco un matto da legare - Le due dame di
Cagliari si fecero l'occhiolino, e il solo Floriano, rimasto imperterrito come
l'uomo giusto, pose l'orologio nel taschino, levando le palme al cielo e
chinando la testa con un atto di religiosa e tartufesca modestia.
- Sfido le stelle,
brontolò il Barone, sfido le stelle ad essermi propizie in codesta città!...
Proprio alle due!... Se tardavo un'ora scommetto che ci avrei trovato la
repubblica di Platone!...
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